Sharon Verzeni, preso il presunto assassino, che ha confessato. Ritrovata l’arma e i vestiti usati quella sera vicino all’Adda. Contestata la premeditazione
Sharon Verzeni, il presunto killer ha nome e volto. Si chiama Moussa Sangare, disoccupato di 31 anni originario della Costa D’Avorio e abitava in una casa occupata in un comune limitrofo: è l’uomo in bicicletta che tutti cercavano e che inizialmente aveva detto di non essere stato sulla scena del crimine. Ma che infine è crollato.
Nel video qui sopra la conferenza stampa delle autorità.
SHARON VERZENI, UN OMICIDIO PREMEDITATO
Sangare ha rilasciato una piena confessione, come spiegato in conferenza stampa dalle autorità. Ma non c’è un movente: giura che si è trattato di un raptus. Stando alla dinamica, avrebbe fatto inversione in bicicletta dopo aver visto Sharon. Quindi, in contromano l’avrebbe raggiunta e colpita per poi tornare in sella e pedalare velocemente lontano: le telecamere di sorveglianza anche fuori dal paese lo hanno individuato. Ma la sua identificazione è stata resa possibile anche da dichiarazioni spontanee di due marocchini del paese, lavoratori e integrati nel territorio, come riferito dalla procuratrice aggiunta Maria Cristina Rota: «Grazie alle loro dichiarazioni e all’analisi di tantissime telecamere, è stato possibile setacciare l’intero percorso fatto dal ciclista presente sulla scena del crimine».
I RISCONTRI
I riscontri alla confessione arrivano dal ritrovamento della presunta arma: un coltello preso dal ceppo della sua cucina l’aveva sepolto, altri 3 erano in un sacchetto trovato sul fiume Adda insieme ai vestiti usati quella sera, rinvenuto dai sommozzatori. È stato l’indagato a dire dove fossero. Proprio il fatto di essere uscito di casa con quattro coltelli ha portato alla contestazione della premeditazione. Il magistrato ha infine fatto un appello: «Approfitto per lanciare un invito a due ragazzini di 15-16 anni nei cui confronti il presunto autore del fatto di sangue, come da lui dichiarato, prima di scegliere e individuare a caso come vittima la signora Verzeni avrebbe puntato il coltello minacciandoli. Erano presenti sulla scena del crimine e a oggi non si sono ancora presentati. Li invito a presentarsi in una caserma affinché forniscano un riscontro a quanto acquisito. Ha desistito con i due ragazzini per poi incontrare Sharon Verzeni che si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato».
DOVEVO UCCIDERE
Sangare era già indagato dalla Procura di Bergamo per maltrattamenti nei confronti della madre e della sorella, contro la quale avrebbe puntato un coltello alla schiena. Non ci sono motivazioni relgiose, nè politiche: «Ha detto di aver sentito l’impulso di uccidere». Non conosceva Sharon e avrebbe potuto colpire qualsiasi passante. Ora il suo dna sarà comparato con altri delitti irrisolti nella bergamasca (probabilmente, ad esempio, Gianna Del Gaudio e Daniela Roveri), anche se gli inquirenti ritengono improbabile un collegamento tra gli omicidi.
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