L'analisi del criminologosocietà

Massimo Bossetti, parla Carmelo Lavorino: “Ecco cosa non torna nella condanna”

(continua dopo la pubblicità)

Massimo Bossetti non confessa, gli indizi non sono gravi, precisi e concordanti, nemmeno esiste la prova regina. Premetto che il 26 febbraio 2011, il giorno del rinvenimento del corpo di Yara Gambirasio, tracciai un profilo esecutivo-comportamentale-logico-investigativo del soggetto ignoto che coincideva con quello di Bossetti, individuato ben tre anni dopo: artigiano quarantenne, movimenti con furgone, libertà di movimento, territoriale, timorato di Dio, figlia con l’età della vittima, problemi in famiglia ed altro. Era un profilo basato sui dati che avevo a disposizione e sul modus operandi che avevo ricostruito: il profilo criminale è uno strumento utile a direzionare le indagini e/o ad effettuare una prima scrematura e da mutare secondo l’acquisizione dei nuovi dati.

Bossetti venne catturato nel 2014 con la solita dannosa spettacolarizzazione che non permette il chimerico “passo indietro” in caso di errore, poi venne processato e condannato. Ritengo che la Corte avrebbe dovuto accettare tutte le perizie richieste dalla Difesa in modo da fugare ogni dubbio. Invece ha scelto di non disporle e questo fa vivere ancora i giusti dubbi perché, non dimentichiamolo, si deve condannare “oltre ogni ragionevole dubbio”. Purtroppo (anche) in questo caso tale regola non è stata seguita per due motivi: 1) troppi nomi illustri delle scienze forensi si erano schierati contro Bossetti; 2) l’imputato era già stato condannato dai mezzi di comunicazione pilota propagandando l’impianto accusatorio e, di conseguenza, dall’opinione pubblica. E così nel processo hanno preso il sopravvento i quattro famosi elementi di sospetto che, miracolosamente, sono divenuti gravi, precisi e concordanti: Dna di Bossetti sui leggins e sugli slip della vittima, assenza di alibi, furgone bianco e possibilità-opportunità esecutive.

Non mi risulta che il dibattimento abbia scavato ed analizzato (A) se la traccia biologica fosse liquido seminale, saliva, sudore o tessuto epiteliale, (B) i motivi per i quali il Dna di Bossetti fosse sui leggins e sugli slip, tutti gli scenari di eventuali casualità e di estreme coincidenze, (C) considerato che il Dna è di Bossetti – così dicono gli accertamenti tecnici dei consulenti del Pm – come mai è stato rinvenuto sugli indumenti di Yara: errore di Bossetti assassino? Trasferimento casuale senza che Bossetti fosse coinvolto? Nel momento del delitto qualcuno volle incastrare Bossetti prendendo una bottiglietta o altro col suo Dna e strofinando l’oggetto su Yara? Oppure, c’è stata un’infernale combinazione di circostanze e situazioni tali da fare precipitare un innocente nel baratro giudiziario che termina nella condanna all’ergastolo? È accaduto altro? Non si sa! Però la società civile deve porsi mille dubbi! Inoltre, i reperti non ci sono più perché il Dna ritenuto di Bossetti è stato consumato.

L’Accusa non ha dimostrato che l’apposizione del Dna di Bossetti sia contestuale all’azione aggressiva, ma la Difesa non ha prodotto forti alternative, potentissime indagini e proprie consulenze tecniche tali da annullare l’impianto accusatorio e proporre il giusto contrario con fortissimi riscontri. Non risulta che gli inquirenti prima e i Giudici dopo abbiamo scandagliato tutte le piste, purtroppo vige ancora la vecchia mentalità italiota dove gli inquirenti seguono una strada per volta con la certezza di essere sempre e comunque sulla giusta via e i Giudici decidono solo sul capo di imputazione. Tutto ciò porta la conseguenza che si è schiavi dell’ambiguità e dell’incertezza degli indizi, basti pensare alla questione del Dna mitocondriale, un vero guazzabuglio.

Sicuramente la Corte d’Assise aveva il dovere di disporre alcune perizie e di dare giusta attenzione alle piste indicate dalla Difesa e da altri, non lo ha fatto e così siamo sempre in stato di stallo, dove ogni parte processuale grida la propria posizione.

Bossetti si dichiara innocente e vengono pubblicati video in tal senso: se è innocente fa benissimo e deve tentarle tutte seriamente, con scienza e logica; se è colpevole sta strumentalizzando gli altrui buoni sentimenti e i mezzi di comunicazione: qual è la verità? Ecco che si ritorna all’inizio, alla triade non risolta: perché non sono state seguite tutte le piste? Il Dna di Bossetti, se è il suo, come è finito sui leggins e sugli slip della vittima? Qual è la natura di questa traccia biologica?

Carmelo Lavorino per Cronaca Vera

Quando i lettori comprano attraverso i link Amazon ed altri link di affiliazione presenti sul sito - nei post in cui è presente un prodotto in vendita - Fronte del Blog potrebbe ricevere una commissione, senza però che il prezzo finale per chi acquista subisca alcuna variazione.

Carmelo Lavorino

Carmelo Lavorino, criminologo investigativo e criminalista, profiler ed analista della scena del crimine, è fondatore e direttore del CESCRIN (Centro Studi Investigazione Criminale) e della rivista DetectiveCrime. Già docente universitario in "Tirocinio sopralluogo e scena del crimine" e in “Protezione delle istituzioni, persone ed eventi” presso l'Università di L'Aquila al Corso di Laurea Scienze dell'Investigazione. E' relatore presso Master Universitari e di alto livello. Si è interessato di oltre 200 casi d'omicidio, fra cui i delitti del Mostro di Firenze e del processo a Pietro Pacciani, di Via Poma vittima Simonetta Cesaroni, del serial killer Donato Bilancia, di Cogne vittima Samuele Lorenzi, di Arce (sia per la difesa di Carmine Belli, sia per la difesa della famiglia Mottola), del piccolo Tommaso Onofri, di morti equivoche e di omicidi camuffati da suicidi come le morti di Viviana Parisi e Gioele Mondello (Giallo di Caronia), di Glenda Alberti, di Claudia Agostini, di Marcella Leonardi, di Rodolfo Manno, del brig. Salvatore Incorvaia, di cold cases, rapine e violenze sessuali. È specializzato in investigazione criminale, esame ed analisi della scena del crimine e del modus operandi del soggetto ignoto autore del crimine, organizzazione e coordinamento di Pools tecnici e investigativi, management dell'investigazione criminale, BPA (Bloodstain Pattern Analysis – Analisi dello schema di formazione delle macchie di sangue), analisi criminali sistemiche. E' creatore del Metodo MOCCI (Modello Operativo Criminalistico Criminologico Investigativo) e dell'ACCISF (Analisi Criminalistica Criminologica Investigativa Sistemica Forense).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Pulsante per tornare all'inizio
Chiudi

Adblock rilevato

Per favore, disattiva il blocco della pubblicità su questo sito, grazie