Sul delitto di Simonetta Cesaroni, rispondo al messaggio pubblicato dall’Amico Dott. Antonio Del Greco, che stimo come Uomo e come Investigatore. Sono d’accordo con lui che troppi chiacchieroni, rosiconi, cassaroni e cercatori di vanagloria affollanto il caso di Via Poma facendolo divenite un teatrino: soggetti che d’investigazione criminale ben poco (o nulla) sanno.
CON STIMA E GARBO, CONTESTO AGLI INVESTIGATORI DELL’EPOCA QUANTO SEGUE CHE SONO LORO ERRORI:
Il sangue sul telefono è dell’assassino, gruppo A – DQAlfa 4/4 – Solo nel 2013 l’assassino ha colpito Simonetta con la mano sinistra per 29 volte Simonetta: 1 schiaffo e 28 pugnalate, non fendenti.
Errori iniziali:
Il sangue sulla porta: 1.1/4 e non 4/4.
L’orario del delitto non è dopo le 18, bensì prima delle 17: il caos lo ha fatto l’inganno strutturale delle telefonate (anticipate di circa un’ora).
Gli Investigatori caddero nella trappola dell’austriaco Roland Voeller, sulla falsa commistione di sangue della porta e sull’ipotesi Federico Valle.
Messaggi in segreteria telefonica cancellati.
L’agendina Lavazza della famiglia Vanacore mai documentata e poi scomparsa.
Il sopralluogo imperfetto e incompleto che non permette certezze.
La scarsità di fotografie che non permette approfondimenti.
I limiti e l’inadeguatezza dell’attività del medico legale, non controllate e non guidate dall’investigatore.
Il tagliacarte arma del delitto: origine, cammino e analizzato immediatamente.
Reperti…mal custoditi e/o scomparsi: le scarpe Rontani taglia 37 di Simonetta, non analizzate e poi scomparse, la cartellina beige scomparsa, sono eventi accaduti non certamente per noncuranza o strafottenza, ma per maestria di interventi esterni.
Le vicissitudini dei reperti “reggiseno, corpetto e calzini” non analizzati, messi insieme, in contatto di reciprocità, inquinati, “dimenticati” nell’obitorio diretto dal prof. Carella e da questi “genialmente rinvenuti nel 2004”…
Il sangue di Simonetta rinvenuto nell’ascensore tre settimane dopo: chi è stato?
Videotel: pista non seguita.
Scarsi studi vittimologici.
Mister X visto dal Col. Danesi alle ore 16:10 che in Via Poma cercava gli Ostelli della Gioventù.
L’immediato dissequestro della scena del delitto con relativo inquinamento.
Unica pista: il portiere… checché se ne dica.
Alibi inadeguatamente riscontrati e/o accettati a scatola chiusa; indagini non a 360 gradi.
Il computer dell’AIAG sequestrato con ritardo e lasciato alla mercé di tutti.
Gli errori e le omissioni all’interno del caos che si sarebbero potuti sanare, quali: il cammino del tagliacarte dal 27 luglio al 7 agosto; i percorsi sull’epicentro del crimine da parte dei primi soccorritori; il cambio della serratura dell’ufficio AIAG; la filiera cronologica comunicativa relativa la morte di Simonetta; la formazione protettiva del gruppo anti Caracciolo.
Carmelo Lavorino
Via Poma Inganno Strutturale Tre
QUESTO IL MESSAGGIO DI ANTONIO DEL GRECO
Buongiorno a tutti,
Il 7 agosto ricorre il 34mo anniversario del delitto di via Poma . Come sempre sarò subissato dalle solite richieste di interviste e/o collegamenti video per ritornare sul caso, magari con qualche elemento di novità. Perché scrivo oggi? Perché ho deciso di anticipare quella pletora di sciacalli truffatori, pagliacci di ogni genere e fanta criminologi che, ad ogni anniversario, si affacciano al teatrino pubblicitario che da sempre accompagna la vicenda, giocando a chi la spara più grossa. La maggior parte di costoro, investigatorucoli da scrivania, pur non avendo vissuto il caso e non avendo mai visto un cadavere in vita loro, trova invece spazio sui media nazionali.
Ricordo a tutti, specie ai più giovani che non hanno vissuto quel periodo, che il caso riguarda l’ omicidio di una giovane ragazza, Simonetta Cesaroni, avvenuto all’interno degli uffici degli ostelli della gioventù in via Poma a Roma il 7 agosto del 1990. Il caso attirò un grande interesse dell’opinione pubblica e ad esso sono stati dedicati libri e numerose trasmissioni televisive. Fu un’indagine particolarmente complessa, caratterizzata dalla mancanza di testimonianze utili anzi, quelle poche acquisite, furono fuorvianti ed al limite del depistaggio. Pensate che neppure i più stretti congiunti di Simonetta erano a conoscenza dell’ubicazione degli uffici dove lavorava. E neanche la tecnologia purtroppo ci supportò, ricordo che eravamo nel 1990 ed i tabulati telefonici e la video sorveglianza erano ancora sconosciuti. Nonostante tutto, la squadra mobile lavorò alacremente in quel periodo e negli anni a seguire battendo diverse piste che, ogni volta, tornavano sempre sullo stesso personaggio inizialmente indagato, misteriosamente “suicidatosi” alla vigilia del processo. Ultimamente c’è stato un colpo di scena, una testimonianza resa allo scrivente “solo” 32 anni dopo i fatti, ha consentito di dipanare quella sorta di matassa aggrovigliata facendo convergere i sospetti su di un notabile che, con l’aiuto del sospettato della prim’ora, avrebbe barbaramente ucciso quella povera ragazza. Anche questa pista purtroppo si è arenata sul nascere a causa della morte del sospettato, avvenuta qualche anno fa. Che dire di più? Che per me, come per i familiari di Simonetta, è una ferita ancora aperta….
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