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Siamo diventati il paradiso fiscale degli altri

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Come l’Italia è diventata l’inferno per gli italiani e il paradiso fiscale degli stranieri

paradiso fiscale
Pixabay

Dopo avergli pignorato di tutto, dalle comparsate tv ad orecchini e orologi ogni qualvolta metteva piede in Italia, al termine di un braccio di ferro giudiziario durato oltre tre decenni, è emerso che Diego Armando Maradona non doveva al fisco 40 mlioni. Ma la bellezza di appena 951,82 euro. Lo ha stabilito la Corte di giustizia di secondo grado della Campania. Nel frattempo il Pibe de Oro ha fatto in tempo a morire e la sua battaglia l’ha proseguita il figlio Diego Junior, unico erede residente in Italia cui potevano attaccarsi le fauci dell’erario, che finora aveva strappato in trenta e passa anni di ricorso due milioni di euro. A fronte di un credito reale di meno di mille.

Come sia possibile un abbaglio di tale portata è perfino difficile da immaginare. Ma le vie delle tasse italiane sono imperscrutabili. E resistenti anche quando sono demenziali. Caso lampante quello di un bambino di sei anni sei, cui è giunta una cartella esattoriale di 449 euro per un mancato pagamento Irpef di indennità di fine rapporto relativa all’anno 2017. Una follia pura, ovviamente. Resa ancora più ridicola dal fatto che il più giovane debitore dell’erario di sempre, Alfio Riccardo, è nato l’anno successivo.

Ma l’aspetto grottesco è che, nonostante l’evidenza, la cancellazione non sarà automatica e la famiglia sarà costretta a fare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma. Per il delirante errore sarà l’unica a pagare in termini di tempo e denaro (il contributo unificato) dato che anche la nuova riforma della Riscossione mette al riparo da responsabilità i fautori delle migliaia di “cartelle pazze” spedite ai contribuenti (“Le omissioni, le irregolarità e i vizi verificatisi nello svolgimento dell’attività di riscossione non comportano l’avvio di giudizi di responsabilità previsti dal codice della giustizia contabile”, articolo 6, comma 10) a meno di dolo.

Sicchè, l’unica motivazione possibile ad una disposizione da Unione Sovietica, è che l’erario punti a prendere il cittadino per stanchezza, convincendolo a pagare e a rinunciare ai ricorsi anche quando sa di avere torto marcio. Ma gli italiani non ce la fanno più. Il 5 giugno soltanto la metà degli aderenti sono riusciti a versare la rata della rottamazione quater – una pseudo rottamazione priva di stralcio – lasciando così un buco nelle casse da 100 milioni di euro. Per tale ragione si pensa ad una sanatoria quinquies, allargata anche a chi non è riuscito ad aderire alla quater. Vuoi perchè la rateizzazione era troppo ristretta; vuoi perchè, a fronte della cancellazione delle sole sanzioni e degli interessi, risultava del tutto inutile a rendere cancellabile il debito.

La situazione è devastante: prima della quater si calcolavano in 19 milioni gli italiani alle prese con le cartelle esattoriali. E senza un rimedio vero, andrà sempre peggiorando. Eppure, per la Corte dei Conti, non basta. Alle banche dati, auspica che siano affiancati maggiori controlli e più estesi, costantemente alla ricerca dell’Eldorado, ossia la leggendaria evasione fiscale mai scovata nonostante tutte le tecnologie oggi in uso e che serve come giustificazione somma per ogni vessazione propinata dallo Stato e per ogni assenza totale di riforme del fisco. L’idea di una rottamazione quinquies non piace a tutti nemmeno al Governo, abituati come sono in politica a prendersi fino all’ultimo centesimo dalle tasche degli italiani. Ma solo degli italiani.

Il Belpaese è infatti diventato il preferito dei super ricchi stranieri, grazie al regime fiscale soft che dal 2017 ha introdotto una imposta sostitutiva da 100 mila euro (e 25 mila per familiare) sui redditi prodotti all’estero per i milionari che trasferiscono la loro residenza fiscale qui. Ne sono arrivati, al 2022, ben 1136. E nel 2023 hanno fatto un balzo dell’8,4%, registrando il più alto incremento in Europa (con una media del 4%) e superando perfino gli Stati Uniti; mettendoci dietro, nel mondo, solo all’India. Come dire che mentre a noi tolgono il sangue, accusando di volta in volta tassisti, balneari e macellai di essere la vera causa del debito pubblico, agli altri stendono tappetini rossi grazie ad un sistema fiscale per stranieri che gli italiani possono soltanto sognare, manco fossimo nella Cuba di Fulgencio Batista: con i poveri sempre più poveri (6 milioni di connazionali in condizioni di povertà assoluta, secondo la Caritas) e i miliardari a gozzovigliare, pronti a prendersi tutto il prendibile. Siamo diventati la realizzazione in terra della Divina Commedia: l’inferno per gli italiani e il paradiso (fiscale) degli altri.

 

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