La Corte Penale Internazionale, sarà ormai chiaro a tutti, è diventato uno strumento utile da usare soltanto contro i personaggi scomodi all’Occidente. Gli Stati Uniti, al pari di Russia, Cina, Israele e Ucraina, non ne hanno mai riconosciuto la giurisdizione. Ma nel giro di alcuni anni sono successe alcune cose sorprendenti. Tutto comincia quando il procuratore dell’Aja Fatou Bensouda apre un’indagine per crimini di guerra commessi dagli americani in Afghanistan.
Come scrive il Washington Post «nel giugno 2020, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a Fatou Bensouda. In poche settimane, Bensouda ha scoperto che le banche stavano chiudendo i suoi conti e cancellando le sue carte di credito. Perfino i suoi parenti avevano beni congelati, mentre le banche tentavano di conformarsi alle regole stabilite dal Tesoro degli Stati Uniti. Qual era la presunta trasgressione di Bensouda? Era una terrorista? Violava i diritti umani? Era una funzionaria straniera corrotta? No, era il procuratore capo della Corte Penale Internazionale. E le sono state imposte sanzioni per aver svolto il lavoro per cui era stata nominata».
Anche altri funzionari vengono messi nel mirino da Donald Trump. E il segretario di Stato Mike Pompeo definisce la Corte «illegale» e «corrotta».
Niente di nuovo per gli Usa, che hanno da decenni previsto cosa fare nel caso suoi dirigenti, politici e soldati siano arrestati con l’accusa di crimini di guerra. Si chiama American Service-Members’ Protection Act ma è stata ribattezzata The Hague Invasion Act, letteralmente L’invasione de L’Aja, dato che autorizza anche una reazione militare contro i giudici e il tribunale penale internazionale.
Senonchè, quando arriva Joe Biden, viene anche nominato un nuovo Procuratore a L’Aja: l’avvocato britannico Karim Khan (entrato in vigore il 16 giugno 2021) contro il quale gli Stati Uniti non comminano alcuna sanzione. Il motivo? Non si sa. Ma il Washington Post ricorda che dopo la riconquista talebana di Kabul, Khan annunciò che si sarebbe concentrato sui crimini commessi dagli estremisti islamici del gruppo Khorasan in Afghanistan, ovvero sui «rivali» degli americani. E l’inchiesta sugli Usa? Non se n’è saputo più nulla.
Nel 2023, L’Aja spicca però un mandato d’arresto internazionale contro Vladimir Putin, accusato di aver deportato migliaia di bambini ucraini in Russia. E tutto, improvvisamente cambia. Senza alcun senso della vergogna, Joe Biden parla di mandato d’arresto «giustificato» salendo improvvisamente sulla giostra della giustizia internazionale.
Nemmeno Volodymyr Zelensky ha mai ratificato lo Statuto di Roma, anche perchè sugli eventuali crimini ucraini nel Donbass ci sono da anni i rapporti di Amnesty. Ma commenta così: «Una decisione storica». E si dice pronto ad accogliere un ufficio di rappresentanza della Cpi a Kiev. Nientemeno.
Passa appena un anno. E il Sudafrica denuncia Israele a L’Aja per crimini di guerra: a Gaza ci sono quasi 35 mila morti. Quando si diffonde la notizia, Benjamin Netanyahu sbotta. Urla che la Corte Penale Internazionale non ha alcuna autorità sul suo Paese, definisce l’ipotesi dell’indagine «oltraggiosa» tale da costituire un «pericoloso precedente». E parla di un «crimine d’odio antisemita, che aggiungerebbe benzina all’antisemitismo».
Ma sa benissimo che l’antisemitismo non c’entra nulla. Fin dall’inizio, Barbara Leaf, diplomatica statunitense per il Medio Oriente, ovvero del Paese più vicino al governo di Gerusalemme, disse che probabilmente le vittime erano di più di quante dichiarate da Hamas. Secondo Save the Children sono stati uccisi 14 mila bambini in sette mesi, contro i circa 600 stimati dall’Onu in due anni di guerra in Ucraina. Il resto, per buona parte, sono donne: per quante ragioni possa avere Israele, risulta impossibile da credere che non riescano distinguere donne e bambini dai miliziani di Hamas. E negare che stiamo assistendo immobili ad uno sterminio.
Nella Striscia, che hanno diviso in due col filo spinato, l’Idf impedisce ai giornalisti stranieri, cosa mai avvenuta prima, di entrare. Quanto ai cronisti locali, gli unici che possono documentare, hanno accusato quelli delle testate più importanti di essere complici dell’attacco del 7 ottobre. Più di 120 sono stati uccisi, un record assoluto. E per chiudere il cerchio, Al Jazeera è stata bandita in Israele, in un sistema di propaganda finalizzato a sopire le polemiche e a cancellare ogni traccia dei propri torti. Eliminata la stampa indipendente, bloccano l’ingresso anche alla relatrice speciale delle Nazioni Unite, Francesca Albanese.
Il risultato è che Gerusalemme ci dice ciò che accade, ci mostra ciò che vuole e dobbiamo prendere tutto per buono. Ma in Occidente i governi tacciono. E gli Usa decidono di scendere prontamente dalla giostra. Dice infatti Karine Jean-Pierre, portavoce della Casa Bianca: «Gli Stati Uniti non sostengono l’indagine della Corte Penale Internazionale contro Israele».
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