A Gaza i bambini uccisi sono già oltre duemila. La Francia invoca la tregua umanitaria, ma gli Usa sono contrari: «Ne beneficerebbe Hamas». L’Iran minaccia Israele: «Missili su Haifa se non si ferma». Hamas denuncia raid su un altro campo profughi e una moschea. E rilancia: «Andremo avanti fino alla grande vittoria». – foto | video 1 | video 2 | video 3 | video 4
LIBERI DUE OSTAGGI
Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani annuncia su Twitter: «Purtroppo anche Nir Forti è deceduto. Era l’ultimo dei 3 italo-israeliani dispersi. Mi stringo al dolore dei suoi genitori, li avevo incontrati durante la visita a Tel Aviv. Morire a 29 anni, barbaramente ucciso dai terroristi, è profondamente ingiusto. Prego per te, giovane Nir».
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Hamas rilascia altre due donne ostaggio: Nurit Yitzhak e Yocheved Lifshitz: «Abbiamo deciso di rilasciarle per soddisfare ragioni umanitarie. Il nemico fin da venerdì scorso ha rifiutato di accettare la loro liberazione, e sta ancora trascurando il dossier dei suoi prigionieri». Le donne hanno raggiunto in serata il valico di Rafah.
GAZA, OLTRE DUEMILA BAMBINI UCCISI
A Gaza la situazione precipita: stando al ministero della Sanità di Hamas, sono 2055 i bimbi morti a seguito dei bombardamenti, su un totale di 5087 vittime e 15273 feriti. Secondo quando riporta Al Jazeera gli aerei da guerra di Gerusalemme avrebbero distrutto l’ennesima moschea, portando il totale a 32. Sette ospedali hanno chiuso a causa dei raid e della mancanza di carburante. Melanie Ward, direttrice del gruppo di soccorso Medical Aid for Palestinians, si sfoga: «Il mondo non può semplicemente stare a guardare. Non agire significa condannare a morte i pazienti, tra cui i neonati nelle incubatrici».
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E Sky News riporta la notizia di decine di persone morte e ferite nella notte in un raid israeliano sul campo campo profughi di Al-Shati. Intanto il premier britannico Rishi Sunak torna sul giallo della strage dell’ospedale: «Probabilmente a colpire l’ospedale è stato un razzo palestinese». E definisce «affrettate» le conclusioni di politici e media sulla matrice israeliana. Lo stesso New York Times recita il mea culpa: «Il resoconto iniziale del Times attribuiva a fonti palestinesi la responsabilità di Israele osservando che gli israeliani stavano facendo verifiche. E tuttavia inizialmente, sia nei titoli, che nei news alert e sui canali social, ci siamo basati troppo pesantemente sulle affermazioni di Hamas senza mettere in chiaro che non potevamo immediatamente verificarle».
HAMAS RILANCIA, UE DIVISA
Ismail Haniyeh
, leader politico di Hamas, annuncia: «Andremo avanti fino alla grande vittoria contro Israele». E definisce gli attacchi del 7 ottobre come «un colpo devastante» e «un atto glorioso», ma anche «una pietra miliare e una svolta nella storia del conflitto». Israele mette al bando Greta Thunberg per il suo post pro Gaza: non avrà più accesso alle aule scolastiche d’Israele e il ministero dell’Istruzione rimuoverà ogni riferimento alla giovane attivista per il clima.
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Ma certo è che nella Striscia sopravvivere è ormai un’impresa. La Gran Bretagna mette a disposizione altri venti milioni di sterline in aiuti umanitari. E la Francia invoca una tregua umanitaria: «L’apertura del valico di Rafah è ancora molto limitata. Chiediamo che la porta di Rafah sia aperta per consentire nuovi passaggi» ha detto la premier Elisabeth Borne. Anche Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, chiede un freno all’escalation: «Non si ottiene la pace per il futuro infliggendo ai bambini di Gaza le stesse sofferenze da quelli israeliani. Ogni diritto ha dei limiti e in un assedio non ci può essere un taglio dell’acqua e dell’elettricità, lo abbiamo detto più volte così come abbiamo condannato fermamente gli attacchi brutali di Hamas».
WASHINGTON: NO ALLA TREGUA SU GAZA
Per il ministro degli Esteri ungherese, Péter Futsal Szijjártó «non è esagerato affermare che c’è una forte divisione tra gli Stati membri su come affrontare il conflitto israelo-palestinese, da quale punto di vista, quali conclusioni trarre. C’è una distanza difficile da colmare tra due opinioni estreme. C’è stato anche un avvertimento contro i doppi standard e la mancanza di coerenza tra le guerre israeliana e ucraina».
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E un secco no al cessate il fuoco arriva da Washington: «Ne beneficerebbe Hamas» dice un funzionario per la sicurezza nazionale americana. E Joe Biden non ha dubbi: «Dovremmo prima avere gli ostaggi rilasciati, poi possiamo parlare».
MISSILI SU HAIFA?
Un appello a fermarsi arriva anche da Russia, Iran e Turchia, che hanno siglato una dichiarazione congiunta nella quale hanno «sottolineato la necessità di porre immediatamente fine agli attacchi contro i civili innocenti». Ma a Teheran si va oltre. Il vice comandante delle Guardie della rivoluzione islamica, Irgc, Ali Fadavi, secondo quando riporta Jerusalem Post, parlando agli studenti iraniani universitari della capitale, avrebbe detto: «Alcuni di voi giovani considerano l’azione pratica come un missile diretto su Haifa: ovviamente, se necessario, questo sarà fatto e sarà fatto senza esitazione».
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E ancora: «L’America ha creato Israele per la sua sicurezza e, se si sentirà insicura, lo sacrificherà facilmente. Gli shock del fronte della resistenza contro il regime sionista continueranno finché questo “tumore canceroso” non sarà sradicato dalla mappa del mondo. Un’altra ondata d’urto è in arrivo, se Israele non porrà fine alle atrocità a Gaza».
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