L’ipotesi choc in un libro: il mostro di Bolzano potrebbe essere l’assassino di Simonetta Cesaroni?Il Mostro fu condannato per cinque delitti. Ma dal 1985 al 1992 non colpì. Il giornalista Paolo Cagnan ritiene possa esistere un punto di contatto nel Videotel, su cui Cronaca Vera, nel 2006, scrisse che…
ROMA- Potrebbe essere Marco Bergamo l’assassino di Simonetta Cesaroni in via Poma? L’ipotesi, suggestiva, viene avanazata nel libro “Anatomia di un serial killer – Marco Bergamo, storia del mostro di Bolzano” (Athesia), scritto dal giornalista Paolo Cagnan. L’autore sostiene che l’omicida avrebbe potuto conoscere Simonetta tramite il Videotel, servizio della Sip antesignano di internet. Il diretto interessato non può più rispondere, essendo morto in carcere a Bollate nel 2017 per un’infezione. Ma chi era Bergamo?
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IL MOSTRO DI BOLZANO
Lo condannarono a quattro ergastoli e a trent’anni di reclusione per i delitti di 5 donne commessi tra il 1985 e il 1992 a Bolzano. La prima vittima fu la quindicenne Marcella Casagrande, uccisa in casa dopo essere rientrata da scuola: accoltellata alla schiena e al petto, le era stata tranciata la gola. Cinque mesi più tardi toccò ad Annamaria Cipolletti, 41 anni, insegnante: 19 coltellate. Seguirono 7 anni di silenzio. Poi furono uccise Renate Rauch, 24 anni, Renate Troger, 19 e Marika Zorzi: tutte prostitute su cui l’assassino si era accanito.
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Quando arrestarono il carpentiere Marco Bergamo e gli trovarono in casa i ritagli di giornale sull’omicidio di Marcella, lui ammise tutto. E ricordò che la ragazzina l’aveva scelta a caso: abitava nella sua stessa via. Poco prima che trasmettessero in tv il suo processo, il padre, Renato Bergamo, 72 anni, s’impiccò per la vergogna.
I COLLEGAMENTI CON IL DELITTO DI SIMONETTA CESARONI IN VIA POMA
Al Mostro di Bolzano, Cagnan aveva già dedicato un libro nel 1994. Sul quotidiano La Stampa ha riassunto i suoi sospetti che collegherebbero Bergamo a via Poma. Comincia col chiedersi se davvero per 7 lunghi anni il serial killer non abbia mai ucciso. E rammenta: «Marco è introverso, solitario. Non ha amici né fidanzate. Vive con i genitori e nel 1990 ha 24 anni. Suo fratello lavora alla SIP; chissà, magari gli ha fornito il Videotel con cui ha conosciuto Simonetta. L’antesignano delle chat, ma solo testuali».
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Dunque, Cagnan ritiene attendibile la pista del Videotel. Ritiene che Bergamo possa aver conosciuto Simonetta in chat, l’abbia raggiunta a Roma, abbia tentato un approccio e al rifiuto l’abbia uccisa: «Pure congetture? – scrive – Certo, può essere. Ma ci sono anche fatti concreti. Il gruppo sanguigno di Bergamo, A Rh positivo, è lo stesso dell’assassino di via Poma. E il DNA, ricavato con l’ancora scarna tecnologia dell’epoca, potrebbe davvero essere il suo, se si dimostrasse un errore nella “lettura occhiometrica” di una coppia di alleli. Cose complicate, ma che i genetisti potrebbero certo verificare».
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E ancora: la dimestichezza che l’assassino di via Poma mostrò di avere con le lame è la stessa che Bergamo aveva con i pugnali. E poi: «Simonetta viene colpita con un violentissimo schiaffo e cade a terra. Anche la studentessa quindicenne da lui uccisa nel 1985 venne prima schiaffeggiata. E poi un tentativo di strangolamento, come per un’altra delle vittime del mostro. E un’altra donna bolzanina è stata massacrata con l’omicida che la sovrastava, a cavalcioni. Come con Simonetta. Diciannove colpi, in via Poma: overkilling, un accanimento che può indicare volontà punitiva o odio verso le donne, tutte le donne. E poi la sparizione degli indumenti intimi: Bergamo era un feticista riconosciuto. Pure la ricomposizione ritualistica della scena del delitto, con il corpetto poggiato sul corpo, assomiglia a situazioni già viste in Alto Adige. Infine, non potrebbe essere lui quell’uomo giovane, alto e un po’ allampanato che Giuseppa De Luca, moglie del custode Pietrino Vanacore, disse di avere visto uscire dal complesso di via Poma, con un berrettino a visiera e un fagotto?»
Anatomia di un serial killer. Marco Bergamo. Storia del mostro di Bolzano
IL VIDEOTEL
La pista del Videotel non è nuova: nel 2006 un tabaccaio di Gaeta e storico locale, Antonio Ciano, scovato dal celebre criminologo Carmelo Lavorino, ci raccontò: «Il giorno del delitto chattai sul Videotel con Simonetta Cesaroni fino alle 16,30. Poi disse che doveva lasciarmi. Qualcuno aveva bussato ed era entrato…». Ciano disse di aver conosciuto sul Videotel una certa Simonetta di Roma, che sulla chat si faceva chiamare Veronica. E di essersi scritto con lei fino alle 16. «Dopo cena ero tornato sul Videotel. Lei non c’era. Ma notai un nick mai visto, “dead is here”: il morto è qui. Lo contattai per convincerlo a cambiare il nome, che mi sembrava macabro. Mi rispose che aveva appena ucciso la sua fidanzata con una trentina di coltellate e che voleva morire. Lo presi per un pazzo…»
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Aggiunse che Simonetta chattava con tale Death, un tipo geloso, e di averne visto anche la foto. Le indagini esclusero però che il pc dell’Aiag, dove fu uccisa Simonetta, disponesse di modem o scheda per collegarsi al telefono. E la pista non fu mai percorsa. Ma le indagini, si sa, furono fatte malissimo.
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