Cosa c’era nelle 17 foto scattate dalle ultime vittime del Mostro di Firenze? Ecco l’istanza presentata dai legali delle vittime, che Fronte del Blog ha potuto visionareTra le parti salienti del documento: la lettera dei parenti dei francesi uccisi a Scopeti. E quelle strane sparizioni dei calchi di anfibio…
Non si esagera a sostenere che il delitto degli Scopeti, l’ultimo commesso dal Mostro di Firenze nel settembre del 1985, è uno dei più indecifrabili della storia del crimine. Gli aspetti fondamentali che lo riguardano, infatti, sono ancora dubbi.
Non si sa quando sia avvenuto.
I cadaveri martoriati delle vittime, Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveshivili, vennero scoperti nel primo pomeriggio di lunedì 9 settembre. La perizia necroscopica dell’epoca, affidata al professor Mauro Maurri, indicò che la loro morte, per colpi d’arma da fuoco e di pugnale, era avvenuta nella notte tra domenica 8 e lunedì 9. Questo responso suscitò subito la perplessità di molti dei partecipanti al sopralluogo, che riportarono la netta impressione che i corpi fossero da più tempo sotto gli effetti della decomposizione.
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Nel 2002 un altro esperto, Francesco Introna, esaminando le carte e le fotografie, anticipò, sulla base di valutazioni entomologiche, ovvero desunte dall’osservazione delle larve di insetto sviluppatesi sui resti cadaverici, il tempo del duplice omicidio alla notte tra sabato 7 e domenica 8 settembre, senza escludere che potesse risalire addirittura alla notte del 6 settembre, venerdì.
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Questa “controperizia” diede vita a una richiesta, respinta, di revisione del processo. La datazione alla notte tra l’8 e il 9 settembre è un cardine della colpevolezza dei cosiddetti “compagni di merende” (Giancarlo Lotti, Mario Vanni e, implicitamente, Pietro Pacciani, pur formalmente non toccato dalla condanna in quanto defunto prima del processo) ritenuti nel 2000 in via definitiva autori degli ultimi quattro delitti del Mostro. Il reo confesso Lotti, ora anche lui defunto, aveva infatti collocato l’esecuzione dell’omicidio di Scopeti nella notte tra domenica 8 e lunedì 9.
Nel 2015 un’altra serie di perizie da parte di autorevoli esperti in tanatologia ed entomologia, promosse dallo scrittore e documentarista Paolo Cochi, ha unanimemente confermato il responso di Introna, anche se questi pareri non hanno avuto sviluppi processuali.
Non si sa chi l’abbia commesso.
Abbiamo visto come secondo la verità giudiziaria il delitto di Scopeti ha una responsabilità di gruppo, con Pietro Pacciani in veste di sparatore e accoltellatore e Mario Vanni solo di accoltellatore. Giancarlo Lotti avrebbe avuto un ruolo di osservatore/favoreggiatore.
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Inizialmente, in realtà, si riteneva che l’omicida di Scopeti fosse uno solo, tanto che, appunto, venne incriminato e condannato nel 1994 in primo grado come unico esecutore Pietro Pacciani. Il contadino di Mercatale fu poi assolto in appello nel 1996, sentenza annullata in Cassazione con rinvio che però la morte di Pacciani non ha permesso.
Da sempre gli analisti mettono in dubbio che la complessa dinamica del crimine, con le vittime uccise in luoghi e tempi diversi (la donna nella tenda da campeggio in cui la coppia pernottava, l’uomo all’esterno, dopo essere riuscito a fuggire) sia compatibile con un solo killer.
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Questa teoria alternativa, di cui si trova traccia anche nella sentenza di condanna in primo grado contro Pietro Pacciani, è tornata clamorosamente alla ribalta dal 2017, quando la magistratura fiorentina ha aperto un’indagine, evidentemente preludio ad una possibile revisione della condanna nei confronti dei compagni di merende, a carico dell’ex legionario Giampiero Vigilanti e del suo amico medico Francesco Caccamo, entrambi sospettati di aver commesso tutti i delitti del Mostro.
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Nell’ambito di questa inchiesta, poi archiviata (anche se sopravvive il “sottofilone” relativo alla pallottola ritrovata in una perquisizione nell’orlo di Pacciani, ritenuta appartenere alla scorta di munizioni del Mostro, ma in forte sospetto di essere fabbricata ad arte per “incastrare” il contadino di Mercatale) sono emersi dettagli del delitto degli Scopeti che confermerebbero la presenza sulla scena di più di un killer. In particolare dentro un cuscino trovato nella tenda delle vittime è stato tardivamente scoperto un proiettile esploso durante la sparatoria. Questo, secondo le perizie balistiche, risulta provenire da una canna diversa da quella che ha sparato gli altri proiettili repertati.
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Il più grande mistero del delitto di Scopeti, è tuttavia un altro, e afferisce al comportamento delle due vittime. Perché Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili piantarono la tenda in quel posto, decisamente poco appetibile per dei campeggiatori in viaggio in auto per l’Italia? La zona di San Casciano è di sicuro paesaggisticamente piacevole, ma la piazzola degli Scopeti era un luogo incolto e maltenuto, circondato da rifiuti, una sorta di discarica abusiva, per di più in mezzo a una zona di campagna utilizzata per fugaci amplessi mercenari o clandestini.
E perché ci rimasero così a lungo, due o tre giorni almeno? E come mai manca traccia, a parte la partecipazione a una sagra, dei loro spostamenti durante il soggiorno a Scopeti?
Nadine e Jean Michel erano scesi in Italia dalla Francia per scopi sia turistici che di lavoro. Oltre a visitare le molte bellezze della Toscana, rinomata per le sue città d’arte, dovevano far tappa ad una fiera commerciale a Bologna, utile per il lavoro di Nadine, che gestiva un negozio di calzature. La donna aveva l’abitudine di conservare a scopo fiscale tutti gli scontrini degli acquisti effettuati durante il viaggio, pedaggi autostradali, consumazioni nei bar ecc, ma la raccolta ritrovata nei suoi effetti personali si interrompe, stranamente, venerdì 6.
Alla mostra bolognese la coppia non risulta essere mai andata, nonostante il capoluogo emiliano disti da Firenze meno di 100 km in autostrada, come non c’è traccia di un loro visita nei luoghi dove un forestiero che si trovi a passare nei pressi del capoluogo toscano è irresistibilmente attratto a recarsi: piazza del Duomo, Piazza della Signoria, il Museo degli Uffizi.
Al tempo del Mostro
È vero che ci sono stati alcuni sporadici avvistamenti di Nadine e Jean Michel, di cui si è parlato nei processi, nei paraggi del luogo del delitto, ma permangono dubbi sull’attendibilità di queste testimonianze.
Non c’è da stupirsi se gli stretti congiunti delle due vittime, le due sorelle di Kraveichvili e le due figlie della Mauriot nate dal precedente matrimonio, una delle quali aveva appena cinque anni al momento dell’omicidio, siano rimaste segnate dalla tragedia, e nutrano il desiderio che si faccia definitiva e piena luce sulle circostanze che hanno strappato alla vita in modo tragico i loro cari, rimaste incerte nonostante le numerose indagini svolte.
L’avvocato Vieri Adriani di Firenze assiste la più giovane figlia della Mauriot e la sorella più anziana di Kravechvili sia nelle indagini di parte che nei procedimenti che hanno riaperto il caso di Scopeti negli ultimi anni.
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Su Fronte del Blog è apparsa una settimana fa una sua intervista, in cui abbiamo fatto il punto sul personaggio di Giampiero Vigilanti e sulle indagini che lo hanno toccato, in particolare quella riguardante la pallottola inceppata rinvenuta nell’orlo di Pietro Pacciani, cui abbiamo accennato sopra.
IL DOCUMENTO
L’avvocato Adriani ci ha informato di un recentissimo sviluppo, finalizzato a diradare le nebbie che avvolgono questo omicidio misterioso.
Tra le cose sequestrate sulla scena criminis, e attualmente conservate nell’ufficio corpi del reato del Tribunale di Firenze, ci sono alcuni oggetti personali di Nadine e Jean Michel piuttosto particolari e interessanti. Si tratta di una macchina fotografica Nikon, 17 fotogrammi già scattati in essa contenuti, 16 diapositive, un pezzo di pellicola e alcuni foglietti di appunti scritti a mano.
Vieri Adriani e gli altri due legali che assistono i congiunti delle vittime, Gaetano Pacchi e Antonio Mazzeo, hanno presentato, lo scorso 30 giugno, un’istanza alla Corte di Assise di Firenze per ottenere la restituzione ai loro assistiti di questi oggetti.
A giudizio degli istanti è venuto meno ogni motivo perché la magistratura fiorentina continui a detenerli, visto che l’indagine a carico di Giampiero Vigilanti e Francesco Caccamo è stata archiviata nel novembre del 2020 dal G.I.P. Angela Fantechi su proposta del Pubblico Ministero, ed anche riguardo al procedimento stralcio sulla “cartuccia nell’orto” è stata presentata richiesta di archiviazione da parte della procura fiorentina.
Va precisato che neanche nei capitoli giudiziari precedenti (processo a Pacciani e ai compagni di merende) gli inquirenti hanno attribuito importanza alle immagini e gli appunti di cui si parla, del tutto trascurati nella fase dibattimentale.
Tuttavia, il 12 settembre 1985, il materiale venne inizialmente restituito. Ma lo stesso giorno il verbale fu riaperto e gli oggetti trattenuti “su disposizione dei magistrati inquirenti perchè ritenuti utili al fine della prosecuzione delle indagini”.
Da allora, non se ne seppe più nulla. Nell’istanza si fa presente che tutto si dovrebbe ancora trovare all’Ufficio Corpi di Reato “fatta salva qualche altra strana sparizione, come quella che, recentemente, ha riguardato i due calchi in gesso riguardante impronte di anfibio relative al delitto del 1981”.
Per Vieri Adriani non è invece escluso che tale materiale possa portare qualche elemento nuovo sulla vicenda. Peraltro, viene richiesto espressamente dai famigliari delle vittime, in un’accorata lettera ai legali.
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