Ex calciatore ed ex allenatore, (in questo caso per scelta sua), Cesare Prandelli, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, ecco ha detto la sua parlando di attualità calcistica. Nota a margine: l’ultimo commissario tecnico ad aver portato, la Nazionale Azzurra a un Mondiale (poi finito male nel 2014 in Brasile, ndr), beh, senza dubbio potrebbe rivelarsi un ottimo dirigente federale per riformare il calcio italiano. Non a caso, il Cavalier Giovanni Arvedi, patron della Cremonese, al calciofilo di Orzinuovi (la stessa città del direttore sportivo dell’Atletico Madrid Andrea Berta) affiderebbe volentieri la carica di general manager del team girgiorosso di Cremona. Questo il pensiero di Prandelli sul calcio italico da troppo tempo senza Mondiali…
“A un ragazzino racconterei come l’ho vissuto io nel 1970. Non vedevo l’ora. Poi uscivo in strada e provavo a rigiocare le partite viste in tv. Quando trasmetti la capacità di sognare hai già vinto. Allora c’era più partecipazione. Le dico solo che quando Gigi Riva in Nazionale veniva nella stanza, io e il mio staff ci alzavamo in piedi, mettendolo persino in imbarazzo. L’azzurro univa tutti. Ora invece si tifa solo per i club. Perché la Figc e la Lega sono come mamma e papà: se vanno d’accordo trasmettono messaggi positivi, se hanno contrasti diventa naturale che si seguano solo i club e solo se vinci tutti salgono sul carro. Vince la faziosità.
Forse i fenomeni saranno ancora all’estero per alcuni anni, eppure il calcio italiano tanto bistrattato ha dimostrati di poter competere ad alto livello. Il materiale c’è. Da quando abbiamo cominciato a dire che tatticamente eravamo i più bravi del mondo. La tattica va bene, ma non basta. Io fino ai 15 anni la abolirei. Si dice che non abbiamo più cannonieri: ma come sono cresciuti? A 7-8 anni gli si chiede di fare la sponda, di fare l’appoggio. L’area di rigore deve essere la loro casa. Se non alleni il talento, lo perdi”.
Stefano Mauri