Il 29 dicembre 2008 uno dei legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi, l’avvocato Luisa Bordeaux, ricevette una telefonata prima a casa e successivamente nel suo ufficio, in cui un uomo con l’accento del sud, presentatosi come “Morabito”, sosteneva che i due coniugi, appena condannati a Como, non fossero i responsabili della strage di Erba. E che, per contro, il movente del massacro andava ricercato in una partita di droga scomparsa del valore di 400 mila euro.
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A rivelare per la prima volta l’esistenza della telefonata è proprio l’avvocato Bordeaux, nel terzo episodio del podcast Il grande abbaglio, che ho realizzato con Felice Manti e che prende il nome dal nostro omonimo libro inchiesta sulla strage di Erba del 2008.
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«Non abbiamo mai rivelato prima l’esistenza di questa telefonata – spiega nel podcast Fabio Schembri, altro storico legale di Olindo e Rosa – perchè nel 2008 nulla si sapeva della criminalità organizzata a Erba, scoperta dall’indagine Crimine-Infinito della Procura di Milano solo nel 2010, allorchè emerse l’esistenza di una locale di ‘ndrangheta dedita al traffico internazionale degli stupefacenti».
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La circostanza assume però oggi rilievo alla luce della testimonianza raccolta dalla difesa di Abdi Kais, tunisino all’epoca residente proprio nell’appartamento di Azouz Marzouk e Raffaella Castagna, e condannato proprio per traffico di droga insieme ad Azouz che, a Schembri, ha rivelato non solo di una lite con alcuni spacciatori marocchini di Merone, con i quali erano già arrivati a fare a coltellate, ma anche di un fatto ben preciso, avvenuto qualche mese prima della strage: «Un episodio, molto simile a quanto successo poi a Erba, era stato sventato nelle case di Merone, dove erano residenti altri del gruppo dei fratelli di Azouz. Il gruppo rivale aveva tentato con i coltelli di salire in casa, però in questo caso quest’assalto venne sventato».
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Tuttavia il gruppo di tunisini che faceva capo ai fratelli di Azouz era all’epoca monitorato dalla Guardia di Finanza in un’inchiesta condotta dal pm di Como Massimo Astori, lo stesso della strage di Erba: «Ci fu un processo – prosegue Schembri – e furono condannati i componenti del gruppo di Azouz. Noi abbiamo avuto accesso soltanto alla richiesta di custodia cautelare, dalla quale si evince che vennero effettutate innumerevoli intercettazioni. Abbiamo chiesto gli atti di quel procedimento e di quelle intercettazioni, perchè si sono intersecate con la strage di Erba e sarebbe stato importante leggerne il contenuto. Purtroppo le nostre richieste sono rimaste sempre inevase. Abbiamo anche appreso che qualche anno fa le medesime richieste sono state rivolte anche da Abdi Kais, che venne condannato proprio in quel processo, e anche da altri imputati poi condannati. E a tutt’oggi nessuno di loro è riuscito a ottenere copia di quelle indagini e di quelle intercettazioni».
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Nel podcast si dà conto di altri strani episodi avvenuti all’epoca a Erba. E di un interrogatorio del pentito Francesco Oliverio, ex capo della famiglia calabrese di Belvedere Spinello, che parlò di traffici di droga ad opera della locale di ‘ndrangheta a Erba, trattata «con gli stranieri» per un valore di centinaia di migliaia di euro «a settimana».