E’ considerato un must have, un film culto e capolavoro imprescindibile di quel thrilling made in Italy del quale ha segnato una tappa unica e irripetibile. “Non il solito thriller”, il claim che da mezzo secolo lo accompagna sui cartelloni di tutto il mondo. Ed è vero, perché Profondo Rosso, il film simbolo del thriller italiano che Dario Argento ha firmato nel lontano ’75, non ha eguali o, ancor meno, cloni, pellicole che possano elevarsi allo stesso livello, neppure all’interno della stessa (seppur costellata da grandi successi) filmografia argentiana.
Profondo Rosso, giallo tra i più sanguinari e disturbanti del regista capitolino, nonché tra i più complessi, peraltro caratterizzato da un lungo girato, atto a elevare quel concetto di “trauma” proprio da Argento introdotto nel cinema del brivido di casa nostra sin dal pionieristico titolo zoomorfo L’uccello dalle piume di cristallo (1970), è ancora oggi la vetta più alta che il thrilling made in Italy abbia mai raggiunto. E il suo ritorno, per l’ennesima volta nelle sale, ne è prova, conferma e sigillo.
Un viaggio nell’inconscio che fa della mente umana e del nucleo familiare un vero e proprio nido di incubi, traumi, paure e furia omicida, in un puzzle elaborato e difficile da comporre se non si accetta la regola numero 1: abbandonarsi a quella regia anarchica e rivoluzionaria, seppur impeccabile e tecnicamente da manuale, alla quale Argento ci abitua sin dall’esordio, introducendoci sempre più alle sue regole stilistiche (la soggettiva dell’assassino, il prolungarsi sul delitto e l’esplosione di sangue, l’eccesso, l’elemento casuale, il testimone oculare poi investigatore), non convenzionali per natura e proprio per questo sempre più ricercate e amate dal suo pubblico.
Profondo Rosso rappresenta, inoltre, l’incontro (e la doppia firma sulla sceneggiatura) tra Argento e Bernardino Zapponi, uno dei più grandi sceneggiatori italiani che l’Italia vanta e al quale si devono numerose sequenze assurte a “cult”, come quella dell’ascensore che, attraverso il rimando, decapita l’assassino. E ancora, il cast: con Daria Nicolodi, la cui partecipazione a questo capostipite sigla l’inizio della sua vita privata al fianco del regista, e poi David Hemmings, Clara Calamai, Gabriele Lavia, Macha Meril, Eros Pagni, Glauco Mauri.
Ma non solo regia, interpretazione o sceneggiatura. Profondo Rosso sancisce, inconsapevolmente, un altro patto: la collaborazione con i Goblin prima e Simonetti poi, le cui musiche sono ormai storia integrante e capitolo a se stante nella sfera argentiana.
Tra i primi dieci incassi della stagione cinematografica italiana 1974/75, Profondo Rosso ha segnato una svolta per il thriller, diventando poi un punto di riferimento per il genere, lasciando un’impronta indelebile nel panorama cinematografico mondiale.
Nei cinema dal 10 luglio, in versione restaurata 4K, il ritorno di Profondo Rosso è frutto di una collaborazione tra RTI-Mediaset e Cat People, nuova casa di distribuzione fondata da Raffaele Petrini e Alessandro Tavola, che riporterà nei cinema di tutta Italia classici da riassaporare o scoprire per la prima volta sul grande schermo, cercando sia lo sguardo delle nuove generazioni, avide di stimoli, sia quello di chi quel cinema ha avuto la fortuna di viverlo.