Quarta parte dell’inchiesta di Fronte del Blog sui film maledetti nella storia del cinema: film realizzati dopo decenni per le sfortune, attori deceduti prima di andare al cinema, incidenti e misteriosi episodi durante la lavorazione…Dal copione maledetto de L’incomparabile Atuk (morirono tutti quelli che provarono a trasformarlo in film) alle sventure di Apocalypse Now, fino a Il grande ruggito, considerato il film più pericoloso di tutti i tempi…
Il cinema è pieno di film maledetti: da quelli dell’horror, in cui una maledizione appare quasi plausibile, a quelli per bambini e sui supereroi. A volte, però, la maledizione pare talmente forte che il film non si riesce nemmeno a realizzare.
L’INCOMPARABILE ATUK
È il caso de L’incomparabile Atuk, la sceneggiatura tratta dal libro satirico dello scrittore canadese Mordecai Richler. Tutti coloro che si sono interessati all’ipotesi di farne un film negli anni sono presto defunti. Tanto che nel 2000 la sceneggiatura è stata messa in vendita su un sito di aste online.
Il primo ad interessarsene fu John Belushi, la star di The Blues Brothers, che morì di overdose nel 1982, qualche tempo dopo aver letto il copione. L’idea piacque poi a Sam Kinison, che voleva essere il protagonista del film. Dopo aver iniziato la lavorazione ci fu un rinvio per problemi di bilancio: l’attore riuscì a girare una scena.
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Ma successivamente morì in un incidente d’auto nel 1992. Due anni più tardi la parte venne così affidata a John Candy: ma questi, prima che potesse interpretarlo, fu colpito da un infarto letale. A novembre del 1994 un’emorragia cerebrale fu la causa della morte di Michael O’Donoghue, che aveva messo mano al copione e che era l’uomo che pare avesse convinto Belushi e Candy a farne un film.
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A quel punto la fama di film maledetto si era già diffusa. Ma qualcuno provò lo stesso a interessarsene. Come Chris Farley: era in trattative per il ruolo quando, nel dicembre 1997, morì di overdose. Infine, un amico di Cany, Phil Hartman, pensò di prendere parte all’ipotesi di una pellicola: era il 1998 e la moglie lo assassinò.
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L’UOMO CHE UCCISE DON CHISCIOTTE
In altri casi la maledizione è stata sfatata. Come nel caso de L’uomo che uccise Don Chisciotte, uscito nel 2018, ma dopo quasi vent’anni di lavorazione. Un progetto che pure Orson Welles, nel 1957, aveva dovuto abbandonare.
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Il regista Terry Gilliam dovette fare otto tentativi prima di portarlo sullo schermo. La prima volta nel 1998, con Jean Rochefort e Johnny Depp: le riprese in Spagna finirono devastate da un’alluvione e il film fu cancellato dall’abbandono di Rochefort per problemi di salute. Il regista ne recuperò i diritti nel 2006 e per dieci anni cambiò cast e sceneggiatura, a causa di problemi finanziari, fino all’agognata uscita al cinema.
IL CAPOLAVORO
Una vicenda travagliata fu vissuta pure da Apocalypse Now, uscito nel 1979, diretto da Francis Ford Coppola, con Martin Sheen, Marlon Brando e Robert Duvall, considerato il miglior film di guerra sul Vietnam di sempre. Gli incidenti furono numerosi: un tifone distrusse il set nel 1976, cosa che comportò la ripartenza da zero della pellicola.
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Sheen fu colpito da infarto e venne sostituito in alcune scene da una controfigura. Durante le riprese si ferì poi ad una mano, senza che però il filmato fosse interrotto (ne uscì una scena particolarmente realistica).
Il film, girato nelle Filippine, era osteggiato dal governo americano: doveva essere girato in sei settimane, ma ci volle un anno e mezzo e quasi il triplo dei costi. Coppola, coi continui problemi di budget, andò in depressione, perse trenta chili, rischiò la separazione dalla moglie Eleanor e andò vicino al suicidio. Solo investendo tutti i propri beni riuscì a superare la maledizione e a regalare al cinema un assoluto capolavoro.
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IL GRANDE RUGGITO
Diversa sorte toccò a Il grande ruggito, considerato il film più pericoloso di tutti i tempi. Uscito nel 1981 venne diretto da Noel Marshall e interpretato da lui, dalla moglie Tippi Hedren (tra le predilette di Hitchcock) e da Melanie Griffith (figlia della Hedren), John e Jerry Marshall (figli del regista) nel loro ranch di famiglia.
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Raccontava la storia di un etologo che viveva con numerosi animali feroci, che, ad un certo punto, con l’arrivo dei famigliari in sua assenza, si ribellavano. Che il film dovesse portarsi dietro una maledizione lo suggeriva un singolare precedente: Marshall lo realizzava con i soldi de L’esorcista, film di cui era stato produttore, ma accompagnato da ombre scure sulla sorte di molti addetti ai lavori.
Di fatto, non avendo nessun addestratore decine di felini pronti per la produzione, Marshall decise di usare 150 tra leoni, tigri, ghepardi, leopardi oltre a elefanti, allo stato brado. Ci vollero 11 anni per chiudere la pellicola e quasi cento persone rimasero ferite. Le scene con gli animali furono quasi tutte improvvisate e gli attacchi cruenti sono veri.
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Un leone provocò ferite a Melanie (50 punti di sutura al viso, rischiò di perdere un occhio) la Hedren si fratturò una gamba e si ferì alla testa quando cadde da un elefante. Un leone la morse al collo e la scena non venne tagliata. Marshall venne ferito così tante volte che contrasse la cancrena. A Jan de Bont furono necessari 220 punti di sutura per rimediare allo scalpo strappatogli da un leone.
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L’insuccesso della pellicola fu totale: incassò 2 milioni a fronte ai 17 spesi e solo nel 2015 è uscito nelle sale americane, in cinema indipendenti, perché negli anni la storia della pericolosità delle scene è diventata nota, facendolo diventare una sorta di cult.
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Manuel Montero
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