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Emanuela Orlandi, parla il criminologo Carmelo Lavorino: “Indagare su altri casi simili”

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La commissione d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi ha subito un improvviso stop per “accertamenti tecnici” dopo 40 anniIl Vaticano, invece, per la prima volta ha deciso di aprire un’inchiesta sul caso, anche sull’onda di una docufiction molto seguita apparsa su Netflix che ha fatto il punto sullo stato delle indaginiIl giallista Rino Casazza intervista per Cronaca Vera Carmelo Lavorino, che indica una pista ben precisa da seguireemanuela orlandi carmelo lavorino (1)

Il caso di Emanuela Orlandi diventò una vicenda di rilievo internazionale dieci giorni dopo la scomparsa della giovane cittadina vaticana. Alla preghiera dell’Angelus, il 3 luglio 1983, il Papa allora in carica, Giovanni Paolo II, lanciò infatti un accorato appello per un pronto ritorno a casa della ragazza.

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Sino ad allora il fatto, pur avendo suscitato emozione – anche perché i muri della Capitale erano stati tappezzati con un manifesto che riportava l’immagine, poi divenuta famosa, di Emanuela con una fascia intorno alla fronte – era solo una delle molte sparizioni inspiegabili che si verificavano, e continuano a verificarsi, in Italia.

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Da quel giorno sono passati quarant’anni, durante i quali si sono indagate molte piste, alcune molto significative per l’emergere di persone che affermavano di aver avuto direttamente a che fare con Emanuela dopo la scomparsa. Ma non si è mai giunti ad una soluzione, anche se la ricerca della ragazza ha continuato ad andare avanti per la tenacia del fratello di lei, Pietro, che non ha mai smesso di profondervi energie.

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L’ultima novità è recentissima: un mese fa il Vaticano, per la prima volta – e questa è una particolarità sorprendente – ha deciso di aprire un’inchiesta sul caso, anche sull’onda di una docufiction molto seguita apparsa su Netflix che ha fatto il punto sullo stato delle indagini. – SPECIALE DOCUFICTION

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Carmelo Lavorino, criminologo investigativo e criminalista, e soprattutto apprezzato consulente forense in molti casi giudiziari, ha avuto modo di seguire da vicino, in quanto cittadino romano ed esperto d’investigazione criminale, le vicende del caso Orlandi. Lo abbiamo incontrato.

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Incominciamo dai Papi. Pietro Orlandi riferisce di incontri sia con Papa Giovanni Paolo II che con Papa Francesco, in cui avrebbe ricevuto confidenze che lasciano trasparire una conoscenza da parte del vertice vaticano sulla sorte della sorella Emanuela. In particolare Papa Wojtyla avrebbe fatto capire che Emanuela era vittima di un intrigo di carattere internazionale, mentre Papa Bergoglio avrebbe esortato Orlandi a mettersi il cuore in pace perché la sua congiunta si trova in Cielo.

«Io non credo che i Pontefici succedutisi dalla scomparsa di Emanuela nascondano la verità sul caso. È più probabile che, nel conversare con il fratello, abbiano cercato di lenire il dolore di questi con parole consolatorie. Comunque, un modo per dissipare i dubbi c’è.

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L’attuale Presidente della Repubblica ha un rapporto di grande stima e affetto con il Pontefice regnante; ebbene, si potrebbe lanciare una raccolta di firme per invitarlo a chiedere a Papa Francesco, per conto del popolo italiano, di chiarire cosa abbia voluto intendere sostenendo che Emanuela sia morta e di permettere un’inchiesta supernazionale con la partecipazione dei nostri inquirenti istituzionali e del team della famiglia Orlandi».

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Cosa pensa delle due piste più seguite per spiegare il mistero, quella del sequestro di Emanuela ad opera di organizzazioni terroristiche filosovietiche, e quella di un rapimento da parte della “banda della Magliana” a scopo ricattatorio/ritorsivo nei confronti del Vaticano, dettato da ragioni finanziarie?

«Tutti gli appigli concreti di queste due piste si sono rivelati inconsistenti. Ritengo maggiormente probabile e logico che fanatici politici o malviventi comuni, o magari entrambi, si siano inseriti nella vicenda, millantando la paternità del sequestro di Emanuela, che in realtà ha tutt’altra matrice, per ottenere vantaggi».

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Quale potrebbe essere la vera matrice della scomparsa della ragazza?

«Vi erano segnalazioni, al tempo, che nel centro della Capitale agisse un adescatore che avvicinava giovani fanciulle promettendo facili guadagni se avessero accettato di lavorare come promoter per una ditta di cosmetici, la Avon. È noto che anche Emanuela fu oggetto di una simile lusinga. Questo individuo, mai identificato, potrebbe aver avuto lo scopo di reclutare, con una trappola, ragazzine per costringerle a soddisfare la libidine malsana propria e di qualche personaggio altolocato, magari anche ecclesiastico.

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In quest’ultima ipotesi si giustificherebbero sviamenti da parte di settori del Vaticano interessati a soffocare lo scandalo derivante dalla scoperta di questo traffico di fanciulle. Si sa che un’altra ragazzina romana, Mirella Gregori, che risiedeva non distante da Emanuela Orlandi, è scomparsa in quel periodo in circostanze altrettanto misteriose. Si dovrebbero ricercare casi simili nello stesso perimetro cittadino.

Questa pista mi sembra la più promettente anche se, per portare a risultati, avrebbe dovuto essere intrapresa subito dopo la sparizione di Emanuela. Dopo quarant’anni, le difficoltà aumentano enormemente, anche perché gli eventuali responsabili di questa serie di crimini, se avevano entrature nella gerarchia ecclesiale e nella burocrazia vaticana, hanno avuto modo di disperdere le tracce».

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Rino Casazza per Cronaca Vera

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