Come Giorgia Meloni ha rapidamente cambiato idea su alcune promesse elettorali e in politica estera. Le sue parole (e i suoi video) prima e dopo
Giorgia Meloni ha dato lo stop alla cessione dei crediti del Superbonus. Secondo Unimpresa il provvedimento potrebbe portare al fallimento di 25 mila aziende. Sempre per la stessa fonte restano bloccati 90 mila cantieri. E 130 mila posti di lavoro sono a rischio. I crediti incagliati ammontano a 19 miliardi di euro. Ma non basta.
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Per Euroconsumatori «Laddove i lavori finanziati sono stati terminati, famiglie e consumatori non dovrebbero rischiare nulla. Nel caso in cui, invece, l’azienda ha percepito fondi, non realizzati lavori e al tempo stesso fallito il rischio per le famiglie è la restituzione, da parte dell’erario, degli importi percepiti dall’azienda per i lavori non eseguiti».
Per giustificare l’improvviso stop, il premier ha detto che finora il Superbonus è costato 2 mila euro ad ogni italiano: «Siamo dovuti tornare su questa materia per sanare una situazione che è diventata purtroppo fuori controllo, con esiti che possono essere imprevedibili e molto pesanti. La misura non era affatto gratuita».
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Tutto bene, si fa per dire, se non fosse che in un video di appena cinque mesi fa, in piena campagna elettorale e pubblicato sul suo canale Youtube dal titolo “Pronti a tutelare i diritti del superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie” Giorgia Meloni definiva il Superbonus un’iniziativa «nata con intenti lodevoli: rinnovare il nostro patrimonio edilizio in funzione della transizione ecologica. Purtroppo il provvedimento, a causa di una norma che era oggettivamente scritta male, ha prestato il fianco a diverse frodi…
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Da maggio 2020 sono già 16 i provvedimenti normativi che lo hanno modificato. Modifiche sempre più stringenti che hanno mandato in crisi migliaia di piccole imprese del settore edilizio che avevano fatto giustamente affidamento sulla misura del Superbonus e hanno lasciato nel limbo migliaia di cittadini. Fratelli d’Italia è sempre intervenuta chiedendo che non si cambiassero le regole in corso e proponendo più volte misure che sbloccassero il mercato dei crediti incagliati e per favorire la ripresa dei lavori nei cantieri… »
Poi, la promessa: «Nell’immediato noi vogliamo intervenire per tutelare i cosiddetti esodati del Superbonus, ovvero imprese e cittadini rimasti rispettivamente con crediti fiscali e lavori bloccati, prigionieri delle frequenti modifiche normative». Il video:
Qualcuno noterà una leggera discrasia tra le promesse prima del voto e quanto accade oggi. Era già successo con le accise. Giorgia Meloni le ha rimesse. Quando le fecero notare che proprio lei aveva promesso di tagliarle, precisò in un video: «Io non ho promesso di tagliare le accise sulla benzina in questa campagna elettorale perché sapevo in che situazione mi sarei trovata».
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Aggiunse pure che il video che girava in Rete in cui lei lo prometteva risaliva al 2019, un’altra epoca. Poi però qualcuno le fece leggere il suo programma elettorale per le politiche che l’hanno portata a diventare premier. Al punto 17: “sterilizzazione delle entrate dello Stato da energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise”.
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E allora cambiò giustificazione: «Significa che se hai maggiori entrate dall’aumento dei prezzi del carburante le utilizzi per abbassare le tasse. Ma noi non avevamo maggiori entrate, ovviamente. Quindi si tratta di un impegno molto diverso dal “taglieremo le accise”». Eh, certo, ci era sfuggito che avremmo dovuto fare l’esegesi del programma elettorale: un conto è promettere e un altro avere i soldi per farlo.
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Peccato che, come riporta Il Fatto Quotidiano che ha consultato il “Bollettino sulle entrate tributarie” sui primi undici mesi del 2022, le maggiori entrate ci siano pure state: 44,5 miliardi in più. Sicchè la vicenda del mancato taglio delle accise è diventata oltremodo imbarazzante.
Così come è risultato grottesco l’esito della famigerata pace fiscale a “saldo e stralcio”, altra promessona messa nero su bianco prima delle urne, per la quale il governo, una volta insediatosi, si è infine limitato a cancellare soltanto le cartelle da 1000 euro dal 2000 al 2015: quelle, guardacaso, che erano già state rottamate con la rottamazione ter. Ovvero, Giorgia Meloni non ha fatto altro che eliminare i meri crediti inesigibili dello Stato.
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Come dire: se credevi alle promesse, sono problemi tuoi, perché a Palazzo Chigi le opinioni cambiano rapidamente. Il premier è infatti ora tutta presa dalla guerra. È stata a Kiev, dove, con Volodymyr Zelensky, ha rilasciato una dichiarazione congiunta: «Italia e Ucraina confermano il loro impegno a rafforzare gli sforzi congiunti per garantire ulteriori progressi verso l’attuazione degli standard dell’Ue e della Nato e l’integrazione dell’Ucraina con l’Unione Europea e l’Alleanza Nord Atlantica».
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Quando invece era ancora solo deputata, Giorgia Meloni attaccò ferocemente le sanzioni alla Russia. E urlò alla Camera: «Se l’Unione Europea avesse una politica estera, se l’Unione Europea non si limitasse semplicemente a eseguire gli ordini del “meritatissimo” premio Nobel per la pace Barack Obama, allora l’Unione Europea saprebbe che non ha alcun senso oggi forzare l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato portando inevitabilmente avanti una crisi con la Federazione Russa». Il video:
Ma era l’ottobre 2014. Per chi cambia radicalmente idea in cinque mesi, otto anni sono un’era geologica.