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Alfredo Cospito e il 41 bis, che in Italia somiglia alle accise

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Alfredo Cospito è un uomo che ha bisogno di cure. I politici la buttano in caciara. E tutti difendono il 41 bis. Ma se in Italia c’è stato un depistaggio sulla strage di via D’Amelio è proprio perché un neurolabile mandato al carcere duro, Vincenzo Scarantino, confessò qualsiasi cosa pur di uscire, mandando una serie di innocenti all’ergastoloEcco come stanno realmente le cose

 

Alfredo Cospito è un anarchico che si trova al 41 bis, ha perso 30 chili e le cui condizioni di salute vengono descritte come gravissime. Per chi non lo sapesse, il 41 bis, ovvero il carcere duro, è una normativa emergenziale nata dopo la strage di Capaci del 23 maggio 1992 ed approvata dopo quella di via D’Amelio del 19 luglio dello stesso anno. Ma le normative emergenziali in Italia sono come le accise sulla benzina: una volta che le hai messe, come abbiamo imparato dall’ultimo esecutivo, non le togli più (paghiamo ancora quelle della guerra di Etiopia del 1935).

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In cosa consista realmente il carcere duro ce lo spiega il noto penalista Fabio Schembri: «Un solo colloquio al mese con i famigliari, separati da un vetro di sbarramento, che viene audioregistrato. Il detenuto è in cella da solo e può socializzare con una sola persona nell’ora della passeggiata fuori dalla cella. La corrispondenza è controllata, la tipologia che pacchi alimentari che si possono ricevere è molto più contenuta rispetto agli altri».

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L’avvocato Fabio Schembri

Sul fatto che questa condizione da sepolti vivi sia servita a far luce sulle stragi del 92, a parte la retorica dell’antimafia militante, qualche dubbio ce lo abbiamo: quelli del commando di Capaci che si sono pentiti lo fecero quasi subito. Uno, addirittura, Salvatore Cancemi, si costituì. Quanto a via D’Amelio, furono proprio le torture subite al carcere duro di Pianosa a convincere il neurolabile Vincenzo Scarantino a confessare il falso e a spedire in galera un nutrito numero di innocenti. Il fatto che la sua versione abbia retto per 18 anni e che nessuno sia stato condannato per il depistaggio, la dice lunga sul livello delle indagini e sulla portata della normativa.

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La Corte di Strasburgo ha condannato più volte l’Italia per il 41 bis, pure per il rinnovo fatto a Bernardo Provenzano. Non sarebbe mai dovuto succedere, perché la Costituzione italiana non prevede Guantanamo, ma all’articolo 27 recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Ma la Costituzione, che tutti osannano a parole, è da tempo diventata carta straccia. Si pensi solo all’obbligo vaccinale, imposto in Italia come solo era accaduto prima in notissime “patrie del diritto” come il Turkmenistan e il Tagikistan. O l’articolo 11 sul “ripudio” della guerra da parte del nostro Paese, che è ormai diventato una barzelletta.

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alfredo cospito
Alfredo Cospito

Di fatto, la legge e la giustizia sono giunte agli antipodi: abbiamo così che il maggior responsabile della strage di Capaci, Giovanni Brusca, autore di oltre cento omicidi, tra cui il piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido, non è mai stato al 41 bis e oggi è perfino libero. Mentre all’anarchico Cospito, che non ha ucciso nessuno, sepolto al carcere duro da dieci anni, non viene manco differita la pena nonostante il suo medico dica che si trovi in pericolo di vita. A Palazzo la buttano sull’etica, perché la vita evidentemente vale meno.

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Sicchè, di fronte alle proteste degli anarchici per la sua situazione, Giorgia Meloni dice: «Credo che lo Stato non debba farsi intimidire da chi pensa di minacciare i suoi funzionari». Ma l’etica di uno Stato non si misura nello schiacciare i deboli. L’etica di uno Stato si misura con i forti. Si misurò, ad esempio, nella crisi di Sigonella, che Lorsignori non si sognerebbero mai di ripetere. E si misura applicando la Costituzione, non interpretandola di volta in volta a proprio uso e consumo. Altrimenti la giustizia ha il sapore della vendetta, del sadismo americano per la pena di morte, dove si lasciano per vent’anni i detenuti a giocare con la speranza prima di carbonizzarli su una sedia elettrica davanti al pubblico.

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Dice Schembri: «Se c’è incompatibilità con il carcere, la pena dovrebbe essere sospesa. Se la Costituzione prevede che il carcere debba tendere alla rieducazione del condannato, dovrebbe essere abolito anche l’ergastolo, certamente quello ostativo». Ovvero il “fine pena mai”, perché impedisce di usufruire dei benefici. Strasburgo ci ha chiesto di cambiare pure questo, perchè non è normale, come non è normale che l’Italia abbia una normativa emergenziale da 30 anni, quando l’ultima strage risale proprio a 30 anni fa.

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Spiega il legale: «Di fronte anche all’interrogazione della Consulta, il governo ha messo dei paletti, stabilendo che l’ergastolo ostativo possa essere tolto ai detenuti che hanno risarcito le vittime e che hanno dimostrato di aver rescisso i rapporti o con la criminalità o con l’eversione. Il che però è piuttosto fumoso: come si dimostra una cosa del genere da dentro al carcere? Cosa può risarcire uno che è in prigione da 30 anni?» E chi lo sa. Sembra l’ennesimo cavillo, l’ennesima presa in giro alle spalle di chi, da decenni, sta pagando il proprio debito con la giustizia. E in effetti, a ben guardare, lo è.

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