L’Agenzia delle Entrate si arrende e annulla la cartella di imposta di registro inviata a Daniele Pelliciardi, figlio di una coppia assassinata e che era appena riuscito a pignorare uno dei killerPer farlo, Daniele aveva dovuto fare causa al Mef e l’aveva vinta. Ma l’erario pretendeva incredibilmente che l’imposta sulla causa la pagasse lui e non il ministero che l’aveva persaDaniele Pelliciardi da anni cerca di recuperare il risarcimento per l’omicidio dei genitori.L’avvocato Domenico Musicco, di Avisl Onlus: “Con la nostra legge se ne farà carico lo Stato”
GORGO AL MONTICIANO (Treviso) – Alla fine l’Agenzia delle Entrate si è arresa. E ha annullato la cartella esattoriale nei confronti di Daniele Pelliciardi, emessa per un grossolano errore: riguardava infatti l’imposta di registro per la sentenza con cui aveva ottenuto il pignoramento di 111 mila euro dovuti dallo Stato ad uno degli assassini dei genitori per una precedente ingiusta detenzione.
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Un pasticcio che, emerso infine sulla stampa, ha fatto fare retromarcia alla macchina dell’erario. Non certo senza vergogna. Per capire bene questa storia, è bene partire dall’inizio.
IL MASSACRO
Tutto comincia nella notte tra il 20 ed il 21 agosto 2007, quando i genitori di Daniele, Guido Pelliciardi, 67 anni e la moglie Lucia Comin, 60 anni, vengono trucidati a Gorgo al Monticano, nella villa della vedova di un industriale di Motta di Livenza e in cui da qualche tempo fanno i custodi. Un commando di tre, forse quattro persone straniere, fa irruzione nella loro dependance, alla ricerca delle chiavi della casa e dei codici della cassaforte, che però la coppia non ha. Li uccidono a sprangate e colpi di cacciavite: i medici legali conteranno 180 ferite sulle povere vittime.
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È proprio Daniele a scoprire i loro corpi. Alla fine la banda viene però arrestata, o almeno alcuni di loro. A partire dal basista, George Alin Bogdaneanu, rumeno di 21 anni, che però all’eccidio non ha partecipato, trovandosi al lavoro. Confessa di aver fornito ai rapinatori le indicazioni per entrare in casa: condannato a 18 anni, a metà pena, anno 2016, è stato rimesso in libertà. Il secondo a finire dentro è l’albanese Arthur Lleshi, considerato l’assassino materiale: si uccide in carcere. Il terzo è anch’egli albanese, Naim Stafa, che Bogdaneanu ospitava in casa.
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LA BATTAGLIA DI DANIELE PELLICIARDI
Oltre alla condanna penale, la banda deve risarcire oltre un milione di euro. Ma il gruppo non ha soldi. Senonché proprio Stafa, nei primi anni del Duemila, con il falso nome di Jakupi, era stato arrestato e incarcerato con l’accusa di stupro e sequestro di persona: ma alla fine emerse che aveva preso “l’identità” di un altro, vero responsabile dei fatti. Sicchè lo Stato gli riconobbe 111 mila euro di danni per ingiusta detenzione. È a quel punto che l’avvocato di Daniele blocca l’erogazione della cifra facendo un pignoramento al Mef.
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Ma, una volta diventata definitiva la sentenza per omicidio, nel 2014, il Mef mette in dubbio che Stafa sia davvero Jakupi. E Daniele deve così fare una causa civile, che vince due anni più tardi, assicurandosi il pignoramento, ancora molto poco rispetto a quanto dovrebbe avere. Finita? Macché.
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A quel punto si fa viva l’Agenzia delle Entrate che vuole da lui 1639 euro di imposta di registro, che invece dovrebbe pagare proprio il Mef, soccombente nella causa. Racconta Daniele al Corriere della Sera: «Adesso mi trovo a versare soldi non dovuti allo Stato. Io sono quello che ha avuto la meglio in tribunale, non devo tirare fuori un euro. Ma l’Agenzia delle Entrate continua a tartassarmi».
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E il suo avvocato, Alessandro Romoli, aggiunge: «Il bello di questa vicenda è che Pelliciardi dovrebbe pagare l’importo e poi rivalersi sul soccombente del giudizio. Ovvero il Mef». Morale: la notizia diventa di dominio pubblico. Suscita indignazione. E pochi giorni più tardi l’Agenzia delle Entrate si accorge dell’errore clamoroso e annulla la cartella. Ma si può andare avanti così?
LA PROPOSTA DI LEGGE
L’avvocato Domenico Musicco, presidente di Avisl Onlus e noto opinionista televisivo, dice a Cronaca Vera:
«Oltre un anno fa abbiamo presentato una bozza di legge ad alcune forze politiche, volta a cambiare la normativa che tutela le vittime di reati violenti. Fermo restando che la direttiva europea in merito è stata disattesa per un decennio dall’Italia, soltanto nel nostro Paese le vittime devono subire queste traversie quando i colpevoli risultano nullatenenti o non vengono presi.
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Esiste infatti un Fondo delle Vittime cui però si può accedere soltanto dopo aver fatto il tutto per tutto per recuperare dai responsabili il risarcimento. Ma l’indennizzo, oltre ad essere estremamente basso, costringe chi ha già subito tali tragedie a spendere in spese legali e ricerche solo per ottenere ciò che è in loro diritto. Con la nostra legge sarà lo Stato ad anticipare il risarcimento alle vittime e a farsi carico di recuperare quanto versato dagli eventuali colpevoli».