«Sappiamo che i salari stanno aumentando, probabilmente a un ritmo più veloce del previsto». Non è una barzelletta. Ma, udite udite, l’ultima pensata di Christine Lagarde, presidente della Bce, la Banca Centrale Europea. E non solo lo dice seriamente, ma ne fa una fonte, nientemeno, di preoccupazione: «Non dobbiamo permettere che le aspettative inflazionistiche si disancorino o che i salari abbiano un effetto inflazionistico». Eh, certo, dovremmo guadagnare pure meno.
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Se c’è un limite alla vergogna, l’Europa lo ha superato da un pezzo: l’Italia è l’unico Paese dell’Ue dove gli stipendi sono fermi al 1990. E in determinati lavori i guadagni sono diventati anche un quinto di allora, qualsiasi sia il governo che si sia affacciato ad ogni giro di boa.
Agli inizi dell’anno gli ultimi delusi sono stati i fan di Giorgia Meloni, destati bruscamente dalla realtà. Sul profilo Facebook del premier sono apparsi infatti i primi screzi nei commenti: «Grazie per gli aumenti». O ancora: «Si ricorda però che voleva togliere le accise? Lo ricorda? O l’ha già dimenticato?»
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Cosa facesse loro pensare che la situazione sarebbe cambiata resta per noi un mistero: la leader di Fratelli d’Italia, in una manciata di settimane aveva rassicurato Ue, Stati Uniti e Ucraina, mentre per gli italiani aveva trasformato la pace fiscale promessa in “tregua fiscale” e “l’alto tradimento” del Mes in “la ratifica del Mes non è un gran tema”.
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Così, le bollette del gas, quelle che dovevano costituire la priorità in campagna elettorale, sono aumentate del 23% nel solo mese di dicembre. Stando all’Unione dei Consumatori, aggiungendo l’aumento della corrente, si arriverà ad una spesa complessiva media di 3547 euro per famiglia: «Il governo si sta dimostrando del tutto inadeguato ad affrontare questa emergenza nazionale – ha detto il rappresentante energia dell’associazione Marco Vignola – limitandosi a riciclare quanto fatto da Draghi nonostante la situazione sia nel frattempo profondamente peggiorata».
Ma è solo l’inizio. I pedaggi di Autostrade per l’Italia sono aumentati del 2% e di un altro 1,34% aumenteranno a luglio. Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha perfino esultato spiegando che si rischiava «un aumento che sfiorava il 5% che è stato scongiurato». Ma dovrebbe spiegarci anche chi o cosa avrebbe minacciato questo rincaro del 5%, dato che Austrade per l’Italia è ora di quasi esclusiva proprietà della Cassa Depositi e Prestiti, ovvero dello stesso governo di cui Salvini fa parte.
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Ai consueti aumenti di sigarette e tabacco, si è aggiunto quello degli affitti e in alcune città quello dei biglietti del bus. E nel caso qualcuno volesse protestare prendendo la macchina, ecco pronto il rincaro dei premi Rc auto: 1,5 milioni di italiani hanno già detto di non poterselo permettere. Per tutti gli altri viene servito il piatto forte, ossia il ritorno delle accise, quelle che Salvini e Meloni abiuravano: 20 centesimi in più al litro.
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Sicchè un pieno della macchina finisce per costarci di nuovo come una ricarica veloce di un’auto elettrica, il futuro che avanza, anche se lo fa pericolosamente alle nostre spalle. La geniale politica europea sullo stop ai motori termici nel 2035 e l’ancora più intelligente politica delle sanzioni alla Russia hanno infatti portato da una parte ai rincari folli della corrente (e delle ricariche) e dall’altra al fatto che non si vendano più auto: nel 2022 sono state circa un milione e 300 mila le immatricolazioni, il 9,7% in meno rispetto al 2021 e addirittura il 31,3% rispetto al 2019, prima della pandemia. Lo hanno definito «uno degli anni peggiori dell’ultimo mezzo secolo».
Ma a ben vedere si tratta della scientifica distruzione, sancita nero su bianco dall’Ue, di uno dei mercati cruciali su cui si è sviluppata l’industria europea, che dipenderà ora sempre di più da materie prime, per le batterie elettriche, che arrivano dall’altra parte del mondo. Così come dipende, in particolare l’Italia, dal petrolio del Qatar, la Patria dei soprusi che sta sostituendo la Russia come nostro fornitore e che, già che c’era, ha elargito fiumi di mazzette ai nostri paladini dei diritti umani al Parlamento Europeo per farsi passare per un Paese all’avanguardia.
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Con un’inflazione alle stelle e una pressione mai tanto alta dall’inizio della Repubblica – ovvero al 43,8% – nell’ex Milano da Bere, sotto Natale, c’erano code chilometriche per assicurarsi un pacco alimentare all’associazione Pane Quotidiano: in 7600 hanno chiesto aiuto. E alla mensa dei francescani erano il 20% in più. Diecimila le richieste di sospendere le bollette. Ma anche di fronte all’evidenza, sono proseguiti i deliranti hurrà dei giornali per i criptici dati sulla “brillante” occupazione italiana.
Ed è così arrivata pure la presa in giro sibilata da Lagarde: «Salari in aumento troppo rapido». Verrebbe voglia di risponderle brutalmente. Invece, vedrete, qualcuno la prenderà perfino sul serio e proporrà uno stop alle elemosine sugli stipendi con il solito, demenziale mantra: «Ce lo chiede l’Europa».