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Carol Maltesi, il racconto dell’assassino: “Ci ho messo quattro giorni per farla a pezzi”

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L’orrendo racconto in aula di Davide Fontana, che descrive il delitto della giovanissima Carol Maltesi, uccisa e gettata in un fossato dentro sacchi neriIl figlio della donna viene tenuto lontano dai media. La sentenza è prevista per gennaioL’intera vicenda nell’approfondimento di Cronaca Veracarol maltesi

Il figlio di Carol Maltesi ha appena sei anni. Sa solo che sua mamma “è volata in cielo” come racconta ai suoi compagni di scuola. Lo dicono in aula la psicologa Giusy Lamarca e i nonni paterni, ovvero del precedente compagno di Carol, che si prendono cura di lui: «Ha subìto una perdita enorme con cui dovrà confrontarsi per sempre, per lui il danno psicologico è inestimabile» sottolinea la professionista.

Era proprio per stare vicino al suo bambino che Carol aveva comunicato a Davide Fontana che avrebbe lasciato Rescaldina per trasferirsi a Verona.

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Ora il piccolo viene tenuto lontano da giornali e tv. E si spera che non legga mai gli atti di un processo in cui il bancario e food blogger ha confessato come abbia ucciso la sua mamma.

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carol maltesi

QUATTRO GIORNI

Davide era il vicino di casa di Carol, a Rescaldina, cittadina limitrofa a Legnano. I due si erano conosciuti nel 2020 e poi avevano avviato una breve relazione. Davide aveva lasciato la moglie e con Carol, aveva girato insieme alcuni film per adulti sulla piattaforma Onlyfans, dove lei usava lo pseudonimo di Charlotte Angie.

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Lo scorso gennaio la massacrò a martellate, la sgozzò, la fece a pezzi e la congelò per due mesi per poi buttarne i resti in una scarpata a Borno, nel bresciano. Quindi, allestì una clamorosa messinscena: per tutto quel tempo si fece passare per Carol su Whatsapp, rispondendo ai tanti messaggi di amici, parenti e conoscenti. Messo alle strette confessò. La sua furia sarebbe stata scatenata da una telefonata dell’ex della giovane, intenzionata a tornare a Verona per stare accanto al figlio.

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carol maltesi

In aula Davide dice aver impiegato «tre o quattro giorni» per farla a pezzi e metterla in un freezer preso su Amazon: «Non so perché l’ho fatto, volevo suicidarmi. Non ho premeditato nulla. Quella mattina dovevamo fare due video da girare col mio cellulare che era stato posizionato su un cavalletto vicino alle scale del primo piano. Lei durante il secondo video ha ricevuto un messaggio e una telefonata dal padre di suo figlio nella quale l’ex compagno spiegava di avere il Covid e parlava della scuola del figlio».

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Terminata la pausa, ricorda di aver ricominciato a riprenderla a terra con le mani legate, un sacco in testa e un pezzo di scotch sulla bocca, per un finto video che avrebbero dovuto realizzare. Ma poi tutto è cambiato: «Mentre giravamo il video l’ho colpita alla testa più volte con il martello, mi sembrava morta ma poi mi è sembrato di vedere un movimento della gamba, allora sono sceso a prendere un coltello, modello giapponese, e le ho tagliato la gola per toglierle la sofferenza… Ho iniziato a sezionare il corpo qualche giorno dopo, dopo aver acquistato un seghetto al Brico».

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LA SENTENZA PER L’OMICIDIO DI CAROL MALTESI

Quando furono ritrovati i resti, pensò anche di andare dai carabinieri: «Volevo andare lì, dire che quei resti erano suoi, tornare a casa e suicidarmi. Mi odio per quello che ho fatto». Sarà. Però, ad aprile, l’avvocato Manuela Scalia, legale dei genitori della ragazza, scoprì che il bancario, dopo la morte di Carol, non comprò mica farmaci o cappi per farla finita. Ma avrebbe usato la carta di credito per pagarsi scarpe di pelle, cene e pranzi ai ristoranti, pieni di benzina, affitto e bollette.

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Disse Scalia al Corriere della Sera: «Ce ne siamo accorti esaminando i movimenti sul conto di Carol. E immediatamente sono andata a comunicarlo al pubblico ministero che ora provvederà a ulteriori verifiche».

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Davide ha anche provato la carta del rito abbreviato, che gli avrebbe evitato il rischio dell’ergastolo e portato la riduzione di un terzo della pena: ma è imputato per omicidio aggravato, distruzione e occultamento di cadavere. E le nuove norme non consentono più l’abbreviato in caso di delitti aggravati. Il processo si sta svolgendo così in Corte d’Assise a Busto Arsizio. La sentenza è prevista per metà gennaio.

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