Giallo sulla morte di Vladimir Makei, strettissimo collaboratore da oltre vent’anni di Alexander Lukashenko. Se ne ignorano le cause, ma il ministro degli Esteri è scomparso il giorno stesso in cui un centro studi americano paventava un ipotetico attentato organizzato da Putin in Bielorussia
Com’è morto Vladimir Makei? Sulla sua morte improvvisa avvenuta ieri si allungano le stesse ombre emerse per la misteriosa fine degli oligarchi russi, tutti vittime di incidenti o suicidatisi senza apparenti ragioni. Si ignorano infatti le cause del decesso del ministro degli Esteri bielorusso, sessantaquattrenne fedelissimo di Alexander Lukashenko, che tuttavia cerava di tenere aperti i canali di dialogo con l’Occidente.
L’annuncio è stato fatto dall’agenzia di stampa ufficiale bielorussa BeLta, la medesima che venerdì aveva parlato di un incontro fra lui e il nunzio apostolico Ante Jozic, accompagnando la notizia con una foto che li ritraeva seduti in poltrona. Un annuncio scarno. Non si sa nient’altro al momento, tranne che Makei avrebbe dovuto incontrare proprio in queste ore il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.
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La morte di Vladimir Makei: “Avvelenato”
In questa guerra sembra ormai diventata un’abitudine il gioco di rimpallo delle responsabilità sugli eventi tra Kiev e Mosca: è successo per Bucha, per l’attentato al ponte in Crimea, per quelli a Darya Dugina e per il sabotaggio di Nord Stream. E pure per i missili in Polonia.
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Così, anche se non si sa ancora come sia morto Makei, il consigliere del ministero dell’Interno ucraino Anton Gerashchenko paventa l’ipotesi di un omicidio e scrive subito su Twitter: “Vladimir Makei, 64 anni, ministro degli Esteri bielorusso, è morto. Si dice che potrebbe essere stato avvelenato. Makei era stato indicato come possibile successore di Lukashenko. Era uno dei pochi non sotto l’influenza russa. Le voci dicono che questo potrebbe essere un segno per Lukashenko”.
Ma perché qualcuno avrebbe voluto uccidere Makei e perché la sua morte dovrebbe costituire un “segno” ovvero un monito per il presidente bielorusso?
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Maria Zakharova, portavoce degli Esteri del Cremlino, commenta semplicemente su Telegram: “Siamo scioccati”. Altri, come la leader in esilio dell’opposizione bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya, ne ricordano il sostegno alla repressione delle proteste per la rielezione di Lukashenko: “Makei ha tradito il popolo bielorusso e sostenuto la tirannia, è così che il popolo bielorusso lo ricorderà”.
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La previsione del centro studi americano
Ma c’è un dettaglio davvero choc che ammanta di giallo la sua scomparsa e che si ricollega alla sibillina allusione di Gerashchenko. Ed è ancora una volta a doppia lettura.
Si tratta di quanto riportato sui media ucraini esattamente nel giorno della morte del ministro: il centro studi americano Robert Lobert Lansing Institute aveva infatti appena ipotizzato un attentato in Bielorussia, che sarebbe stato orchestrato da Vladimir Putin per spingere Lukashenko a schierarsi apertamente con Mosca sul campo di battaglia.
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Una previsione che, se fosse davvero accertato l’avvelenamento, si dimostrerebbe chirurgica. Fin troppo. Tanto da prestarsi, ancora una volta, ad una pluralità di letture.
Di certo Makei lavorava a stretto contatto con Lukashenko dal lontano 2000. E ha sempre giustificato le ragioni della Russia anche se, a France 24, aveva anche detto di voler tenere “aperti i canali di comunicazione” con l’Europa, definendo l’Ue “un buon partner commerciale ed economico”.
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