Ad un bivio le indagini sulla morte di Liliana Resinovich, ma il giallo si fa sempre più fitto e gli avvocati del fratello della donna sono pronti a chiederne la riesumazioneIl primo enigma arriva da un’inquietante conferma: è morta al massimo 60 ore prima del ritrovamento. Dov’è stata?L’approfondimento del caso nel nuovo numero di Cronaca Vera
TRIESTE- Liliana Resinovich, la sua morte sembra un enigma privo di qualsiasi soluzione. A maggior ragione dopo la conclusione dei consulenti della Procura di Trieste Fulvio Costantinides e Fabio Cavalli, che dovevano accertarne cause e periodo del decesso. Ebbene, più che chiarire il giallo, le conclusioni lo infittiscono.
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Vi è scritto infatti che la pensionata triestina è deceduta per “morte asfittica tipo spazio confinato (plastic bag suffocation), senza importanti legature o emorragie presenti al collo”. Non solo. I consulenti scrivono anche che “il cadavere non presenta lesioni traumatiche possibili causa o concausa di morte, con assenza per esempio di solchi e/o emorragie al collo, con assenza di lesioni da difesa, con vesti del tutto integre e normoindossate, senza chiara evidenza di azione di terzi”.
Infine, un terzo fatto davvero inquietante: “il decesso può farsi risalire ragionevolmente a 48-60 ore circa prima del rinvenimento del cadavere stesso”. Il procuratore Antonio De Nicolo ha diramato una nota in cui spiega che ora la Procura dovrà decidere “se le indagini preliminari possano dirsi completate o se invece siano opportune ulteriori attività onde non lasciare nulla di intentato. All’esito di quanto detto questo Ufficio adotterà le determinazioni conclusive dell’investigazione”.
SENZA SPIEGAZIONI
Eppure la spiegazione scientifica sembra fare a pugni con la logica. Liliana scomparve da casa il 14 dicembre. E fu ritrovata morta nel parco dell’ex ospedale psichiatrico il 5 gennaio, infilata in due sacchi della pattumiera, e con due sacchetti della spesa sulla testa. L’opinione pubblica non ha mai creduto alla tesi del suicidio, perché è un modo di suicidarsi che non si è mai visto. Però segni “altrui” sul suo corpo non ce ne sono.
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Ora, si poteva pensare quindi ad una morte naturale e che poi qualcuno l’avesse portata lì, allestendo una messinscena. Ma la morte asfittica lo esclude. Non se ne esce. Soprattutto, il fatto che sia morta non oltre tre giorni prima del suo ritrovamento, apre ulteriori dubbi: dov’è stata allora Liliana per venti giorni mentre tutt’Italia la cercava? Era pieno inverno, da quale parte sarà pur stata. Ma se non si trovava a casa dov’era? Perché nessuno si è fatto avanti sostenendo di averla ospitata?
LA RIESUMAZIONE DI LILIANA RESINOVICH
Federica Obizzi, avvocato nel team dei professionisti che assiste il fratello di Liliana, Sergio Resinovich, non ha la minima intenzioe di fermarsi. Dice al Giorno: «Non finisce qui. La riesumazione del cadavere? La considero una possibilità, potremmo chiederla. Appena avremo tutte le carte, faremo una valutazione con i nostri periti. In questo momento ci mancano davvero molti dati. Per dire, non sappiamo nulla del sopralluogo che è stato fatto all’inizio».
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E anche lei non sa darsi giustificazioni di una morte avvenuta a ridosso del ritrovamento, spiegando che una cosa su tutte lascia perplessi: «La grande discrepanza tra il momento della scomparsa e il momento della morte presunta. Questa è davvero la cosa più assurda e inspiegabile».
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Ma certo «i dati vanno letti in maniera completa. Bisogna ricordarsi della situazione di vita in cui si trovava Liliana, del cambiamento che stava per avvenire, visto che aveva deciso di andare via da casa. Devono essere valutate tante cose. Non si può dimenticare quello che stava succedendo nella sua vita».
I DETTAGLI
Ancora, ci sono due dettagli che destano ulteriori dubbi: il primo è che Liliana aveva due cellulari, ma li lasciò entrambi a casa pur avendo detto a Claudio Sterpin che sarebbe passata da un negozio della Wind. E poi c’è la fede nuziale, ritrovata nella sua abitazione. L’82enne Sterpin sostiene che Liliana era pronta a lasciare il marito per andare a vivere da lui.
Eppure, se davvero le cose sono andate come lasciano ipotizzare le conclusioni delle indagini, la donna avrebbe lasciato l’anello e i telefoni a casa per vagare chissà dove, lontano da tutto e da tutti, senza che nessuno la vedesse per venti giorni, prima di togliersi la vita nella maniera più improbabile mai immaginata. È davvero difficile da accettare. E probabilmente nessuno dei protagonisti di questo intricatissimo giallo, vuole che finisca così.