“Il verso dell’assiolo” di Davide Pappalardo, uscito per le Edizioni Pendragon come la precedente prova del 2019, “Che fine ha fatto Sandra Poggi”, di questo scrittore siciliano trapiantato a Bologna, è un romanzo di formazione in forma di noir, o, se si vuole, un noir in forma di romanzo di formazione. Solo che l’educazione alla vita dei tre protagonisti non si svolge in un lungo lasso di tempo ma in quello, concentrato e bruciante, della gita di addio al celibato di uno di loro.
I tre, di origini siciliane, mentre la vicenda si dipana nell’altro capo d’Italia, in Trentino, in una sorta di contrappasso geografico-culturale – ma alla fin fine l’Italia è sempre più una, nel bene e nel male, sembra volerci comunicare l’autore – sono vecchi compagni di liceo e di lotte studentesche nella caratteristica e bella Acireale. Benché la loro sia un’amicizia adolescenziale, quella per definizione più salda, in realtà sono molto differenti e per certi versi inconciliabili, e si portano dentro dissapori reciproci irrisolti, al centro dei quali sta un episodio torbido, ed anzi tenebroso, avvenuto tanti anni prima durante l’inondazione catastrofica della cittadina di origine. Il verso dell’assiolo del titolo è una rimembranza sonora, angosciosa, di quel momento.
Così, è fatale che il drappello di amici con più conti da saldare che mitici tempi da rievocare si trovi improvvisamente coivolto in una brutta e insidiosa avventura, che inizia con una rapina col morto e, per una serie di sfavorevoli coincidenze ed equivoci, deraglia in una fuga affannosa in auto per strade di montagna per cercare di sfuggire sia alla polizia che a un gruppo anomalo ma spietato di criminali.
La situazione estrema favorisce, e sarebbe più proprio dire “eccita” il redde rationem tra i tre, facendo esplodere rancori e rivalità rimasti sopiti fino ad allora in attesa di dare una svolta di compiutezza alla vita di ciascuno.
In questo gioco al massacro dolorosamente catartico vengono coinvolte, e travolte, anche le relazioni sentimentali dei tre, prima fra tutte quella del nubendo.
Tra passaggi crudi da “noir” duro, evocazioni paesaggistiche sia del Nord che del Sud Italia, e uno scandaglio psicologico dei personaggi progressivamente incalzante, il tutto condito da spruzzate di amara ironia e scudisciate impietose sui nostrani costumi sia del passato che del presente, si arriva alla fine in un crescendo di suspance, senza davvero poter prevedere la conclusione.
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