Si è aperto in Corte d’Assise il processo a carico di Enrico Zenatti, l’agricoltore accusato dell’omicidio della suocera.L’uomo fu coinvolto e assolto in passato nei delitti di due prostitute. Si protesta innocente anche in quest’occasione. Gli inquirenti sono convinti del contrario.Quella volta che Enrico Zenatti scrisse a Cronaca Vera dal carcere veronese di Montorio…
ROVERBELLA (MANTOVA) – Chi è davvero Enrico Zenatti? Lo si scoprirà nel processo che si è aperto davanti alla Corte d’Assise di Mantova, dove l’agricoltore rischia l’ergastolo per l’omicidio della suocera Anna Turina, assassinata lo scorso 9 dicembre. Negli anni scorsi l’uomo fu coinvolto e assolto nel delitto di due prostitute.
Ora deve rispondere di tentato omicidio e omicidio aggravato dal rapporto di affinità con la vittima, la suocera appunto, oltre che dall’aver approfittato in circostanze e di luogo anche in riferimento all’età tali da ostacolare la difesa della vittima.
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Infine l’accusa sostiene che il delitto sia stato commesso per coprire la precedente aggressione all’anziana. Lui si è sempre protestato innocente. Ma la moglie Mara Savoia e il cognato Paolo si sono costituiti parte civile.
IL PASSATO DI ENRICO ZENATTI
Quando lo arrestarono sospettarno che potesse essere addirittura un serial killer. Il pm che indagava su di lui e che lo mise in cella era Fabrizio Celenza, lo stesso che il 17 luglio 2006 ne aveva infatti chiesto la condanna per l’omicidio di due prostitute. E l’agricoltore di Custoza, oggi 55enne, si fece oltre mille giorni di carcere prima di essere assolto definitivamente per quegli omicidi.
Il primo era quello di Luciana Lino De Jesus, brasiliana, 30 anni, escort che si vendeva in un appartamento di Verona. Venne trovata morta nuda in casa, avvolta in un lenzuolo, strangolata con una sciarpa di seta nel marzo 2004. Il killer non lasciò impronte, né tracce.
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Il secondo è un omicidio solo presunto, perché il cadavere non fu mai ritrovato. Vittima la escort colombiana Jolanda Holgun Garcia, 39 anni. Quando di lei non si ebbe più notizia il consolato diede ai parenti nome e cognome dell’agricoltore come l’uomo che aveva risposto al telefono di Joanda dicendo che la donna stava bene. E il numero di cellulare di Zenatti risultava tra i contatti telefonici dell’altra prostituta, Luciana, compresa la mattina del 5 marzo, quando sarebbe stata uccisa, per interrompersi (al contrario di altri clienti) proprio a quella data.
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Quando gli perquisirono l’auto, gli trovarono pagine di giornali che parlavano del delitto della donna. Lo arrestarono.
LA LETTERA A CRONACA VERA
Fu allora che dal carcere veronese di Montorio scrisse a Cronaca Vera dopo aver letto un articolo sul caso di Cogne:
«Egregio Direttore, con sempre minor stupore noto come il suo giornale “Cronaca Vera” non si smentisca mai (in positivo, naturalmente) nell’offrire la lettura anche dei casi gravi con la più totale (e disinteressata) imparzialita, cosa che non ho mai riscontrato in nessun altro giornale, quotidiano o settimanale che sia, anche nella mia stessa città; e questo posso affermarlo perché lo sto vivendo sulla mia pelle. Continuate cosi, anche questa è giustizia; spero che tutti prendano esempio da voi, abbandonando la barca più forte o più facile, quella delle accuse e del sensazionalismo a tutti i costi. Grazie!
Vorrei che questo brano di un articolo da voi pubblicato diventasse uno specchietto per tutti: “Concedeteci, però, una considerazione. Il problema, paradossalmente, non è se la Franzoni sia colpevole o innocente, ma se è possibile condannare una persona a 30 anni sulla base di una perizia sugli schizzi di sangue su un pigiama quando non si sa nemmeno con certezza quale arma sia stata usata per uccidere. Il pg che chiede di confessare dove sia l’arma per ottenere uno sconto di pena, ammettendo che la Franzoni sia innocente, non mette i brividi? In uno Stato civile, come dovrebbe essere l’Italia, l’onere della prova non tocca forse all’accusa? Senza l’arma, né una confessione o un movente, ma solo con indizi, seppure variegati, si può mandare una persona a marcire in prigione? La legge, nel dubbio, in teoria dice di no. In teoria”».
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Zenatti venne infine assolto definitivamente e andò a lavorare come fruttivendolo nel negozio della moglie che lo aveva perdonato per i suoi contatti con le escort.
SONO INNOCENTE
Anche in questo caso si protesta innocente. Secondo l’accusa, Enrico sarebbe andato a casa della suocera colpendola più volte alla testa con un’arma da taglio per poi andarsene convinto di averla uccisa. Lei però si riprese chiedendo aiuto ai figli Paolo e Mara. Quest’ultima lo avvertì che la madre stava malissimo. E lui sarebbe allora tornato per finire il lavoro e sgozzarla nel timore che rivelasse l’aggressione subita da lui. I carabinieri trovarono suoi abiti sporchi di sangue e riscontrarono una ferita sulla mano che lui ricondusse ad un incidente sul lavoro.
Al processo in Corte d’Assise a Mantova hanno ora testimoniato i figli della vittima. Anna ha raccontato che la madre le riferì che il padre voleva ucciderla, una cosa senza senso dato che l’uomo è morto da anni. La donna era evidentemente in stato confusionale: l’aveva scambiata per la nipote e dunque alludeva ad Enrico? Dovranno deciderlo i giudici.