Liliana Resinovich, ecco cos’ha scoperto la criminologa Gabriella Marano, che assiste Sergio, fratello di Liliana, alla ricerca della verità sulla morte della donna
Liliana Resinovich, la consulenza della Procura che ha concluso per il suicidio della donna, non convince. E ora Gabriella Marano, la criminologa nel pool che assiste Sergio, il fratello della defunta triestina, ritiene di aver trovato solidi argomenti per smentire quelle conclusioni.
La perizia
Il professore di Medicina legale Fulvio Costantinides e il medico radiologo Fabio Cavalli hanno sostenuto in 50 pagine che la donna si sarebbe suicidata per assenza di “qualsivoglia segno ragionevolmente riportabile a violenza per mano altrui”, per la mancanza “di lesioni attribuibili a difesa”. Per il fatto che i sacchi integri che ne contenevano il cadavere sono “poco compatibili” con un caso di aggressione e con il trasporto del corpo “in ambiente impervio”.
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E dunque “non emerge alcunché che concretamente supporti l’intervento di mano altrui nel determinismo del decesso”. Quanto alla morte, che fino a quel momento sapevamo essere avvenuta per un mai chiarito “scompenso cardiaco acuto”, non si esclude una morte per asfissia dopo che Liliana s’infilò un sacchetto in testa. Infine, dettaglio ulteriormente sconvolgente, la donna sarebbe morta al massimo “due, tre giorni prima del ritrovamento”.
Non solo. Liliana sarebbe morta non il 14 dicembre, giorno della scomparsa, ma pochi giorni prima che il suo cadavere fosse ritrovato, per quanto, nello stomaco, ci fossero gli stessi resti della colazione consumata il 14.
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Dove sarebbe stata tutti quei giorni, mentre l’Italia intera la cercava? E com’è possibile che sia morta poco dopo aver mangiato gli stessi alimenti del 14 dicembre?
La ricostruzione
Secondo tale ricostruzione, dunque, Liliana la mattina del 14 dicembre uscì con una borsetta vuota, senza cellulare, nè documenti. E sarebbe stata in giro o nascosta, senza essere notata da nessuno per tre settimane. Quindi, ai primi di gennaio, si sarebbe diretta al parco dell’ex ospedale psichiatrico, si sarebbe infilata in due sacchi e altri due sacchetti se li sarebbe stretti sul collo, suicidandosi.
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Difficile crederlo. Però ora la criminologa Gabriella Marano porta nuovi, apparentemente solidi, argomenti in grado di smentire l’ipotesi del suicidio.
La fede nuziale di Liliana Resinovich
Scrive infatti Marano su Facebook: “Circa l’epoca della morte di Liliana, tra i tanti, vi è un dato nella consulenza medico-legale che, se analizzato in modo sereno e approfondito, ci dice che la morte è avvenuta il giorno stesso della scomparsa: il medico incaricato dalla Procura descrive infatti che sull’anulare della mano sinistra, prima falange, è possibile rinvenire un’area depressa con ogni probabilità causata dal fatto che la donna indossasse un anello (la fede) che, come successivamente acquisito, il giorno della sua scomparsa la donna avrebbe lasciato a casa.
Tale dato, ricorrendo ad una massima di esperienza e ad una sperimentazione di natura empirica, ci dice in modo incontrovertibile che se Lilli fosse realmente rimasta in vita per ulteriori tre settimane, quell’area depressa non poteva essere presente, in quanto, ripetesi, attraverso una semplice prova empirica realizzata pure dalla scrivente, l’area depressa in parola, spontaneamente, in ragione della elasticità della pelle, si sarebbe risolta, magari lasciando solo una leggera discromia”.
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La colazione
Ma non basta: “Inoltre, sempre dal punto di vista fattuale, appare assolutamente inverosimile ed illogico che il 2/3 gennaio la donna avrebbe consumato la stessa colazione che, dalle dichiarazioni pubbliche del marito e dalla constatazione direttamente acquisita dal fratello Sergio Resinovich che ha potuto vedere, in data 18/12/2021, dei contenitori di multivitaminici e un panettone con uvette tagliato a fette nella cucina della casa di Lilli”.
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