Liliana Resinovich si sarebbe soffocata con i sacchetti di plastica pochi giorni prima di essere ritrovata.Dov’è stata allora mentre tutta Italia la cercava?E perché infilarsi in due sacchi prima di uccidersi?Il caso potrebbe presto essere archviato, tra le mille domande che tutti ora si pongono
Liliana Resinovich, la sua morte sarebbe dovuta ad asfissia: la sessantatreenne triestina sarebbe rimasta soffocata dai sacchetti di plastica che avvolgevano la sua testa quando venne ritrovata cadavere.
Lo ha riferito l’agenzia Adnkronos, rivelando le conclusioni di una superperizia disposta dai magistrati, che ribaltarebbero completamente la situazione così come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi.
In precedenza, infatti, la possibilità che quei sacchetti avessero impedito alla vittima di respirare normalmente veniva giudicata incompatibile con la circostanza che gli stessi non fossero legati intorno al collo così strettamente da non lasciar passare aria.
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Liliana Resinovich, la nuova perizia
La nuova perizia ipotizzerebbe invece che l’effetto di risucchio dell’inspirazione possa aver incollato sulle labbra il tessuto in poletilene del sacchetto creando un letale vuoto d’aria.
Poiché questa nuova perizia conferma la totale assenza, sul corpo di Liliana Resinovich, di segni di violenza e costrizione, ne discenderebbe che ad essersi infilata i testa i sacchetti sia stata la donna stessa.
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E’ appena il caso di notare che molto rimane da chiarire sulle stranissime modalità di questo suicidio. Non solo perché non c’era alcuna avvisaglia, a detta di parenti e amici, che Liliana potesse voler compiere il folle gesto.
Ma anche, e soprattutto, perché non si spiega il motivo per cui la donna, oltre a incappucciarsi fatalmente con quei sacchetti, abbia voluto prima infilarsi in sacchi della spazzatura, un gesto incomprensibile in un suicida che ha tutta l’aria di esser stato compiuto da qualcun altro dopo la morte.
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Dov’è stata Liliana per tre settimane?
C’è di più. La perizia rivelata da Adnkronos indica come tempo della morte qualche giorno prima rispetto a quello della scoperta del cadavere, avvenuta il 5 gennaio di quest’anno nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste. Ma Liliana Resinovich aveva misteriosamente fatto perdere le sue tracce tre settimane prima, il 14 dicembre.
Dove ha trascorso tutto questo periodo di tempo?
E perché non ha messo in atto il suo tragico proposito immediatamente, se è vera l’ipotesi di un suicidio?
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Tornando alla causa della morte, è davvero strano che l’esame autoptico svolto come d’uso subito dopo il ritrovamento del corpo non abbia presto in considerazione la possibilità di una morte per asfissia e, soprattutto, abbia rilevato, con sicurezza finora mai messa in discussione, i segni, evidentemente caratteristici, dello “scompenso cardiaco acuto” mortale.
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Potrebbe darsi, anche se non risulta – o perlomeno allo stato non è chiarito – che in taluni casi, come il presente, l’asfissia meccanica abbia come effetto collaterale uno scompenso cardiaco. Di questo, ovviamente, il nuovo responso peritale dovrà rendere adeguatamente conto.
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Come sempre in questo giallo complicato e sfuggente, non resta che rimanere in attesa degli sviluppi.
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