Con due recentissime decisioni dei Giudici per le Indagini preliminari del tribunale di Firenze Silvia Romeo e Angela Fantechi, è stato riconosciuto ai parenti delle vittime del Mostro di Firenze il diritto ad accedere agli atti dell’inchiesta e dei processi per ricercare la verità, mai definitivamente e completamente accertata sul piano giudiziario. Sul primo dei due provvedimenti Fronte del blog ha già intervistato “in tempo reale”, vedi sotto, lo scrittore e documentarista Paolo Cochi e l’avvocato Antonio Mazzeo
UN CASO MAI RISOLTO
Nell’immaginario dell’opinione pubblica il Mostro di Firenze si identifica con Pietro Pacciani e i suoi folcloristici compari Lorenzo Lotti e Mario Vanni , i “compagni di merende”. Ciò dipende dall’ampio risalto dato ai processi che li hanno riguardati, conclusisi, per quanto riguarda Lotti e Vanni – non Pacciani in quanto morto nelle more del dibattimento – con una condanna in via definitiva.
L’opinione che sulla saga di sangue del più famoso e crudele serial killer italiano, tra i più tristemente emblematici della categoria anche a livello mondiale, sia stata messa la parola fine non è tuttavia corretta, non solo sul piano storico-critico, per i dubbi che ha sempre suscitato la soluzione che attribuisce la responsabilità a un gruppo alquanto raccogliticcio di assassini , ma anche sul piano strettamente giudiziario.
Vediamo in sintesi perché:
-la sentenza sui compagni di merende, del 2000, è basata sul presupposto che i tre sanguinari amici agissero su incarico di mandanti misteriosi, su cui si invitano esplicitamente gli inquirenti a proseguire le indagini. Dopo vent’anni, tuttavia, tutti i tentativi di individuare questi ignoti committenti non hanno prodotto risultati;
-la sentenza sui compagni di merende attribuisce a Lotti e Vanni, e implicitamente a Pacciani, la responsabilità degli ultimi quattro degli otto duplici omicidi del Mostro (Baccaiano 1982, Giogoli 1983, Vicchio 1984 e Scopeti 1985). Sui precedenti tre ( Borgo San Lorenzo 1974, Mosciano di Scandicci 1981, Travalle di Calenzano 1981) essa non si esprime. Questi casi rimangono dunque aperti e insoluti;
– il primo delitto della serie, avvenuto Lastra a Signa nel1968, ha una sentenza definitiva che condanna il marito della donna assassinata ma, anche in questo caso, in concorso con ignoti, mai individuati. Peraltro, tale verità giudiziaria ufficiale è inconciliabile con la soluzione dei “compagni di merende” in quanto il condannato non risulta mai aver avuto alcun tipo di contatto con Lotti e Vanni e nemmeno con Pacciani.
UN RICERCATORE PUNTIGLIOSO
Paolo Cochi da sempre si segnala per la coerenza e il rigore con cui si adopera a far luce sugli aspetti controversi del caso del Mostro di Firenze. Il suo approccio è basato sulla raccolta e l’analisi critica della documentazione ufficiale sugli elementi di fatto che caratterizzano la lunga e complicata inchiesta.
Tra i molti contributi importanti da lui forniti, segnaliamo l’approfondimento, di cui abbiamo parlato per fronte del Blog in questo e quest’altro servizio speciale, sul tempo della morte delle vittime del delitto degli Scopeti in base all’entomologia e tanatocronologia forense.
L’approfondita conoscenza e competenza acquisita da Cochi sull’inchiesta del Mostro nel corso delle sue pluriennali ricerche ( sintetizzate del libro, un vero e proprio “manuale” sul MOSTRO”, Mostro di Firenze. Al di là di ogni ragionevole dubbio”)hanno indotto i legali di alcuni parenti di vittime del Mostro interessati a riesaminare le carte dell’inchiesta alla ricerca di una più soddisfacente e soprattutto più esaustiva verità, a valersi della sua consulenza.
Si tratta degli avvocati Valter Biscotti e Antonio Mazzei, che tutelano gli interessi di Rosanna de Nuccio, sorella di Carmela de Nuccio, uccisa dal Mostro nel giugno del 1981, e dei prossimi congiunti di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, assassinati nel settembre del 1985.
A tal riguardo, giova precisare che, con la legge 7 dicembre 2000, n. 397, nel nostro ordinamento penale è stata introdotta la possibilità per la difesa di svolgere indagini autonome rispetto a quelle espletate dai pubblici inquirenti.
Nell’ambito di questi incarichi, Paolo Cochi circa un anno fa aveva ottenuto in qualità di consulente dell’avvocato Mazzeo dalla Presidente della corte d’Assise di Firenze e dal Pubblico Ministero- come abbiamo raccontato nella videovintervista riportata sotto– il permesso a consultare l’ archivio sul caso del Mostro. Tuttavia, non appena aveva focalizzato la sua attenzione su un fascicolo riguardante un personaggio ( di cui si conosce solo il soprannome “rosso del Mugello”) entrato nell’inchiesta nel 1984, dopo il settimo delitto della serie, e poi stranamente sparitone senza ulteriori approfondimenti, il Sostituto Procuratore Luca Turco aveva revocato l’autorizzazione.
La vicenda aveva avuto una eco in Parlamento, con un’interrogazione parlamentare a cui l’attuale ministra della Giustizia Cartabia aveva discutibilmente risposto giudicando adeguata la motivazione addotta dalla Procura, ovvero la mancanza di un interesse da parte dei parenti a prendere visione degli atti su delitti diversi da quello di cui il loro famigliare era stato vittima. Ciò mentre è pacifico uno stretto legame tra tutti gli omicidi del Mostro e l’importanza investigativa di considerarli unitariamente, come in tutte le indagini sui serial killer.
LA SCHERMAGLIA LEGALE
Nonostante la battuta d’arresto nell’accesso alla documentazione investigativa e processuale, il collegio difensivo dei parenti delle vittime non si è scoraggiato.
Innanzitutto ha ripresentato l’istanza, questa volta congiuntamente alla Corte di Assise e al Procuratore generale della Repubblica fiorentini. Il secondo non ha dato risposta, anche se con ogni probabilità ha passato la pratica, per competenza, al Giudice per le Indagini Preliminari.
La Corte d’Assise ha messo invece a disposizione nella propria sede i documenti ma una volta che i membri del collegio difensivo si sono recati a esaminarla, hanno scoperto che mancava una parte così consistente delle carte – giacenti presso gli uffici della Procura – da rendere inutile la consultazione.
Dopo aver informato polemicamente la stampa dell’inopinato intoppo, il collegio ha presentato ricorso per chiedere l’avocazione delle indagini da parte della Procura generale , spogliandone il Sostituto procuratore riottoso.
Mentre la richiesta era ancora pendente, sono intervenuti, il 2 e il 5 luglio, due provvedimenti dell’ Ufficio del Giudice delle Indagini preliminari del Tribunale di Firenze – emessi rispettivamente dalle GIP Silvia Romeo e Angela Fantechi – che assumono una posizione opposta a quella del Sostituto Procuratore Turco.
Ecco entrambi di documenti:
Come si può leggere le due Giudici, pur in presenza del parere contrario della Procura, affermano il pieno diritto dei parenti delle vittime, attraverso i loro procuratori legali, a prendere visione ed estrarre copia degli atti , in quanto portatori dell’interesse, giudicato meritevole di tutela, a conoscere e far accertare al meglio, indipendentemente dal ricorso alle già menzionate indagini difensive di cui all’art 327 bis del c.p.p., i fatti che hanno portato alla morte violenta dei loro congiunti.
Non solo viene ritenuto improprio, in un contesto di delitti seriali intrinsecamente concatenati, limitare l’accesso agli atti riguardanti il fatto criminoso relativo al proprio famigliare, ma viene altresì respinta l’obiezione, anch’essa avanzata dalla Procura, che un libero accesso potrebbe compromettere la riservatezza di terzi menzionati negli atti. Secondo le due G.I.P. infatti il diritto alla ricerca della verità prevale su quello alla privacy e, in ogni caso, esiste un preciso obbligo di riservatezza, penalmente sanzionato, a carico di di entra in possesso della documentazione.
I PRIMI EFFETTI DEL NUOVO ORIENTAMENTO GIUDIZIARIO
Allo stato il pool difensivo dei parenti delle vittime del Mostro, anche se conta a breve di poter accedere a tutte le carte dell’inchiesta, ha potuto esaminare solo il fascicolo detenuto per competenza dalla Giudice Fantechi.
Ciò ha comunque permesso – vedi a proposito questo articolo di Edoardo Montolli pubblicato sul Giornale – un approfondimento estremamente significativo, su cui finora erano solo trapelate indiscrezioni.
Riguarda il famoso proiettile inesploso della stessa marca di quelli usati dal Mostro di Firenze, trovato durante una perquisizione nell’orto di Pietro Pacciani. Esso fu l’unico serio indizio a carico nel processo contro il defunto contadino di Mercatale Val di Pesa in quanto l’accusa riteneva di poter dimostrare che la cartuccia, da alcuni segni riscontrati, aveva alloggiato proprio nella pistola, peraltro mai ritrovata, dell’assassino.
Essendo emerso il sospetto che il reperto non fosse genuino, il Sostituto Procuratore Luca Turco, titolare dell’inchiesta sul Mostro, negli ultimi tre anni ha svolto le relative indagini, approdate recentissimamente ad una richiesta di archiviazione rivolta, appunto, alla G.I.P. Fantechi, e motivata con l’impossibilità di appurare, a distanza di cosi molti anni – la scoperta della cartuccia risale all’aprile del 1992 – eventuali responsabilità nella supposta “artefazione” della prova.
L’ipotesi di un indizio “fabbricato” si fonda comunque, come risulta consultando il fascicolo dell’indagine, su elementi solidi.
Gli avvocati dei parenti delle vittime hanno infatti potuto apprendere il contenuto di due perizie tecniche che vanno in questo senso. La prima dell’esperto balistico Paride Minervini, secondo cui qualcuno ha cercato, senza riuscirvi, di produrre artificiosamente i segni che dimostrerebbero l’inserimento della cartuccia nella Beretta del Mostro. La seconda dei R.I.S. di Parma, secondo cui quei segni non sarebbero riconducibili a un’arma di modello Beretta come quella del Mostro
Guarda gli ultimi libri di Rino Casazza – QUI