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I Rolling Stones infiammano Milano per l’ultima volta

I Rolling Stones hanno accarezzato le corde di Milano per l'ultima volta e a noi, ora, non resta altro che un viaggio lungo sessant'anni da ricordare.

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I Rolling Stones, nel bel mezzo del tour europeo per festeggiare i sessant’anni di carriera, hanno sbancato lo Stadio di San Siro.
Dopo aver lasciato i quasi sessantamila fans con il fiato sospeso dopo l’annuncio della positività al Covid di Jagger e, dopo il conseguente rinvio del concerto di Amsterdam e l’annullamento di quello svizzero a Berna, la storica band inglese sbarca a Milano e si esibisce in una performance prevedibilmente straordinaria.

Rolling Stones

Il concerto è iniziato poco dopo le 9 con la registrazione di un assolo di batteria e le immagini, sui tre maxischermi sopra il palco, dell’indimenticato Charlie Watts, membro storico del gruppo scomparso in Agosto del 2021 e sostituito per l’occorrenza dall’ex Blues Brothers Band, Steve Jordan.
Dopo l’ultima rullata e la prima ovazione, ecco l’annuncio che tutti aspettavano dal 2006. Anno dell’ultimo live meneghino.
“Ladies and gentlemen, The Rolling Stones.”
Keith Richards, berretto giallo in testa e classica espressione sorniona, attacca con le prime note di Street Fighting Man, un classico del 1968.

Mick Jagger, reso subito consapevole il pubblico del fatto che neppure il Covid abbia potuto scalfirlo più di tanto, fa tre passi avanti e comincia a dimenarsi.
Il pensiero comune attraversa la mente di tutti gli spettatori, dai ventenni agli ottantenni: Come può, a quasi 79 anni, quel folletto dalla voce ancora perfettamente accordata, riuscire a conservare una carica simile?
E tutto questo al netto degli eccessi di cui si è spesso parlato.

La scaletta del live prosegue con 19th Nervous Breakdown e Tumbling Dice.
Ronnie Wood, guascone, sorride alle telecamere e scambia occhiate complici con Keith. Mick accenna qualche parola in Italiano. Ricorda Watts con commozione.
Quando parte You Can’t Always Get What You Want il pubblico canta fino a sgolarsi.
Poi, dopo l’immancabile Honky Tonk Women, Mick presenta il gruppo.
Applausi per tutti, uno speciale per Ronnie ed il doveroso plebiscito di grida per Keith che, lasciato riposare Jagger per qualche minuto, canta due canzoni alla sua maniera.

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Comincia la seconda parte ed il palco s’infiamma.
Miss You, Midnight Rambler e finalmente Start me Up, con il suo riff iniziale inconfondibile.
Tutti in piedi, ora. Consapevoli ancora di più dell’importanza dell’evento e ipnotizzati dalla memorabile Paint it, Black eseguita magistralmente e sostenuta visivamente dalle riprese in bianco e nero sugli schermi.
Quando il palco si tinge di rosso la gente è pronta a salire sulla locomotiva e non se lo fa ripetere due volte.

Sympathy for the devil è avvolgente. Mick suda, corre e scuote le spalle mentre il palco va in fiamme.
Ultimo pezzo prima del bis è Jumpin’ Jack Flash, il gruppo fa finta di aver concluso con la “buonanotte” di Jagger, si fa attendere una manciata di minuti e ritorna per le ultime due canzoni.
Gimme Shelter regala alla corista dalla voce più potente che si sia mai sentita un riconoscimento quasi incredulo.
Infine, per chiudere sul serio, Keith si porta sul limite della passerella e sciorina quelle cinque note che rappresentano da sessant’anni l’essenza del rock.
Satisfaction brucia le ultime energie delle band, si trascina per parecchi minuti tra lampi e urla del pubblico che non vuole lasciarli andare.

Sono tutti consapevoli che quelle ultime note, quella magia eterna, difficilmente tornerà di nuovo in Italia.
Siamo a tutti gli effetti ai titoli di coda.
Un abbraccio collettivo con tutti i protagonisti del concerto e poi un ultimo immortale inchino di Mick Jagger, Keith Richards e Ronnie Wood.
La lingua torna a rifugiarsi tra le labbra e si accendono le luci.

Il pubblico che s’incammina verso l’uscita è allo stesso tempo felice e rassegnato.
Felice per il fatto di esserci stato.
Rassegnato perché gli addii fanno sempre male.
I Rolling Stones hanno accarezzato le corde di Milano per l’ultima volta e a noi, ora, non resta altro che un viaggio lungo sessant’anni da ricordare.

Alex Rebatto

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Alex Rebatto

Alex Rebatto, classe 1979. Ha collaborato nei limiti della legalità con Renato Vallanzasca ed è stato coautore del romanzo biografico “Francis”, sulle gesta del boss della malavita Francis Turatello (Milieu editore), giunto alla quarta ristampa. Ha pubblicato il romanzo “Nonostante Tutto” che ha scalato per mesi le classifiche Amazon. Per Algama ha pubblicato il noir "2084- Qualcosa in cui credere"

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