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Liliana Resinovich: le ricerche sul divorzio e le oltre 1100 telefonate a Claudio Sterpin

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Liliana Resinovich cercava informazioni su come divorziare, ma senza litigare. E un piccolo appartamento: aveva intenzione di trasferirsi?Le chiamate con il presunto amante Claudio Sterpin erano oltre il doppio di quelle con il marito.Tutti i punti oscuri e i misteri di un giallo inestricabileliliana resinovich

Liliana Resinovich, i misteri aumentano. Se il marito Sebastiano Visintin aveva sempre descritto il loro rapporto come una storia d’amore e aveva respinto le parole di Claudio Sterpin ritenendole mere illazioni, ora emergono nuovi dettagli dall’analisi dei cellulari della donna.

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liliana resinovich

IL DIVORZIO NELLE RICERCHE DI LILIANA RESINOVICH

Secondo quanto riportato dalla trasmissione Quarto Grado, Liliana avrebbe cercato online due frasi. La prima: “Come divorziare senza avvocato”.

La seconda:  “Quanto tempo serve per ottenere un divorzio”.

Il che fa pensare, stante le affermazioni di Sterpin, che la donna avesse davvero intenzione di lasciare il marito, che volesse farlo in fretta, ma anche senza litigare, come fa riflettere la frase “senza avvocato”.

Non solo, tra le ricerche su Google ci sarebbe anche la seguente: “Appartamento a Trieste, di piccole dimensioni, tra i 40 e i 60 metri quadrati.” Come se la sua uscita di casa fosse imminente.

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L’AMANTE

L’analisi dei tabulati telefonici rivelerebbe invece, sostiene sempre Quarto Grado, un numero di chiamate enorme a Sterpin: oltre 1100, mentre quelle al marito appena 500. Segno che, in ogni caso, fra lei e l’ex maratoneta c’era davvero una forte intesa.

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LE COSE CHE NON TORNANO

Il procuratore di Trieste Antonio De Nicolo, interpellato telefonicamente dalla trasmissione, non conferma e non smentisce le indiscrezioni. Ma dice: «Siccome si tratta di attività segreta sono semplicemente indignato con chi continua a divulgare queste cose. Non con i giornalisti, che continuano a fare il loro lavoro. Sono indignato con chi, invece di tenere la bocca chiusa come il buon senso e il rispetto verso la Resinovich imporrebbero, continua a blaterare scemenze. Io non posso unirmi al coro dei blateranti: non confermo nulla, e quello che può trapelare da me è solo il senso di indignazione nel vedere quanto poco interessa alle persone la segretezza delle indagini come tutela del diritto di arrivare ad una ragionevole verità, e quanto molto interessi invece cercare di farsi pubblicità in qualche modo».

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IL MISTERO DEI CINQUE HARD DISK

Chissà che l’analisi degli apparecchi elettronici non riesca a chiarire altri dettagli. Ovvero quelli riferiti da due amici della coppia, Pino e Laura, che furono intervistati da Chi l’ha visto?

Con Sebastiano e Liliana si erano conosciuti nel 1995 e avevano fatto vacanze insieme in motocicletta, girando fino alla Slovenia. Al programma di Federica Sciarelli dissero che erano molto uniti. Ma raccontarono anche due fatti sorprendenti.

Il primo è il seguente: la coppia sostenne che Sebastiano si fosse presentato da loro per chiedere di custodirgli la macchina fotografica di Liliana fino a quando non avesse trovato qualcuno a cui regalarla. Solo che era il 16 dicembre, appena due giorni dopo la scomparsa, e tutti cercavano ancora la donna come viva. Quando Laura gli disse allora cosa le avrebbe detto quando fosse tornata, Sebastiano le avrebbe risposto che a suo parere si era suicidata. Eppure, a verbale, era un’ipotesi che aveva escluso.

Il secondo dettaglio che incuriosisce sta in 5 hard disk che Sebastiano avrebbe dato a Pino dopo la scomparsa di Liliana. Cosa ci fosse dentro e perché non si sa. Pino li consegnò alla polizia. Quando Sebastiano lo ha saputo, sostiene la coppia, la loro amicizia si è rotta.

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QUELLO CHE NON SAPPIAMO

Eppure ad oggi non si sa nemmeno se Liliana Resinovich sia stata uccisa. Certo, l’ipotesi del suicidio, paventata nelle scorse settimane da alcuni quotidiani come pista preferenziale della Procua, desta enormi perplessità. Ma gli inquirenti proseguono le indagini nel massimo riserbo e mancano ai media informazioni cruciali per farsi un’idea dell’accaduto.

Sappiamo, ad esempio, che l’inchiesta aperta è per sequestro di persona contro ignoti e non per omicidio. E che, secondo l’autopsia la donna sarebbe morta per “scompenso cardiaco acuto”.

Il punto è proprio questo: in assenza di altri elementi, che magari gli inquirenti hanno, ma che a noi sono ignoti, nessun suicidio può essere giustificato come “scompenso cardiaco acuto”. Se Liliana si è soffocata o si è strangolata o è stata strangolata, da qualche parte deve risultare. Di certo non si è potuta procurare semplicemente un arresto cardiaco. Anche perché non aveva in corpo droghe o farmaci, da quanto si è appreso. Quindi?

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LA MORTE NATURALE

Prendiamo allora in esame l’ipotesi della morte naturale. Liliana, la mattina del 14 dicembre, dopo aver fatto una telefonata a Claudio dicendole che lo avrebbe raggiunto entro le dieci, sarebbe uscita di casa mettendo nella borsa nient’altro che due sacchi neri dell’immondizia, due sacchetti della spesa e dello spago.

Poi sarebbe andata al parco dell’ospedale psichiatrico, sempre molto frequentato di giorno. Avrebbe superato la cinta. Sotto le suole delle sue scarpe c’era del terriccio compatibile con il terreno circostante, come hanno confermato recentemente. Ed è dunque verosimile che ci sia giunta camminando.

Lì sarebbe poi morta per “scompenso cardiaco acuto”. Ma se fosse morta in maniera naturale, qualcun altro, che forse era lì con lei, avrebbe dovuto poi infilarla in due sacchi e averle stretto intorno al collo, usando un cordino, due sacchetti di plastica. Questo spiegherebbe perché nessuno ha parlato di soffocamento o strangolamento: semplicemente perché tutto sarebbe avvenuto quando lei era già morta.

Ma perché qualcun altro avrebbe dovuto allestire una messinscena del genere, rischiando di essere indagato per un omicidio mai commesso?

E ancora: Liliana era davvero rimasta lì, morta, dal 14 dicembre al 5 gennaio? Anche questo, a dirla tutta, non lo hanno fatto sapere.

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IL QUARTO UOMO

C’era una traccia di dna maschile sul cordino che stringeva il sacco della spazzatura. Non appartiene al marito, né a Claudio Sterpin, né al vicino di casa Salvatore Nasti. C’è un quarto uomo in questa storia? Non si sa, perché la traccia è flebile e potrebbe essere anche una semplice contaminazione.

Il caso, insomma, continua a riempirsi di veleni e sospetti. Ma non si intravedono luci in fondo al tunnel.

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Manuel Montero

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Manuel Montero

Manuel Montero scrive da vent’anni per diversi settimanali nazionali. Ha pubblicato nel 2019, per Algama, Fenomeni Paranormali Italiani, in cui ha raccontato storie di cronaca, fatti ed eventi apparentemente incredibili, raccolti in prima persona negli anni sulla Penisola. In allegato a Il Giornale (e in ebook per Algama) sono invece usciti i volumi Telefilm Maledetti, dove l’autore narra la triste fine di alcuni dei più amati protagonisti di telefilm degli anni Settanta e Ottanta. E Wuhan - Virus, esperimenti e traffici oscuri nella città dei misteri.

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