Il comico napoletano Peppe Iodice è rimasto l’unico in tv a fotografare la realtà. Vorremmo tanto vederlo al Tg Uno a porre qualche domanda scomoda, di quelle che in tv nessuno farà mai. Ad esempio…
L’unico rimasto in tv a fotografare la realtà italiana è il noto comico napoletano Peppe Iodice. Ogni settimana, nel suo Peppy Night Fest, in onda sull’emittente locale Canale 21 (ma i video li trovate anche sui social) si pone le domande che si fanno tutti nel Paese.
L’ultimo a finire nel suo mirino è stato il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, il quale, nel rapido volgere di pochi giorni dall’inizio del conflitto tra il Cremlino e l’Ucraina, in merito al gas che importiamo per la gran parte dalla Russia, ha detto nell’ordine: «non c’è alcun problema di approvvigionamento in Italia nel breve termine», poi «in 24-36 mesi saremo indipendenti dal gas russo». E infine che se la Russia ci taglierà il gas sarà una «tragedia sociale». Peppe, in rigoroso napoletano stretto, si è allora rivolto al ministro dallo schermo: «Cingola’, ma ‘stu gas ‘o tenimmo o nun ‘o tenimmo?»
Ma questa è una domanda che avrebbe dovuto rivolgere al ministro il TG1. Ecco perché vorremmo vedere il comico nei panni di inviato della tv di Stato. O in quelli di opinionista ai talk politici, quando dà voce alla pancia del Paese sugli eventi di Kiev: «Adesso è sfumata la solidarietà dei primi giorni… e si parla un po’ di più del fatto che sta guerra sta un po’, diciamo, venendo in c… a noi…. Benzina, gas… fuori dai bar si parla solo di questo».
Cinico, ma vero. Dopo che si sono fermati i trasporti, le acciaierie, i pescatori, le cartiere e i distretti della ceramica per i prezzi mostruosi raggiunti dai carburanti, dal gas e dall’elettricità, sono piovute ulteriori calamità.
Vladimir Putin, colpito al cuore dalle sanzioni europee ed americane, ha bloccato l’esportazione del grano, di cui è primo fornitore mondiale, unitamente a quella di segale, orzo e mais. Al momento fino al 30 giugno. Ma verosimilmente, con la Russia vicina al default, tale data sarà prorogata.
E se con un taglio del gas russo rischiamo una «tragedia sociale», con quella del grano potremmo trovarci di fronte ad una tragedia alimentare. Secondo Coldiretti, infatti, la metà del mais necessario ad alimentare il bestiame in Italia arriva dall’estero, così come il 60% del grano tenero per la panificazione.
A ciò si aggiunga che Ucraina, Russia e Bielorussia, patrie mondiali dei fertilizzanti, alla vigilia delle semine primaverili hanno bloccato le esportazioni di concime per fertilizzare i terreni: fino a ieri ne importavamo da loro 378 milioni di chili. Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, ha detto a Qn: «Il problema dei fertilizzanti è drammatico. Siamo in un quadro di quasi monopolio russo di nitrati e potassio» e «un’agricoltura competitiva senza fertilizzanti è impossibile».
Soluzioni da Lorsignori? Ma quando mai: dopo due anni di pandemia e lockdown, risarcimenti ridicoli e surreali politiche a base di bonus e lotterie, 500 mila imprese sono anzi soffocate dal fisco, che esige rientri in 5 giorni. Perché invece di cancellare o rottamare i debiti di questi due anni, spingendo sull’acceleratore della produzione, il governo tira dritto con le sue geniali manovre fatte di prestiti all’Ue, restrizioni, divieti di guadagnarsi lo stipendio.
E ora commina pure sanzioni senza avere da parte un piano B. O meglio, uno forse ce l’ha: lo Stato Maggiore ha inviato una circolare a tutti i Comandi con cui si allerta l’esercito al “combattimento di guerra” per via del mutato “scacchiere internazionale”.
Come no. Già li vediamo, i malcapitati soldati italiani, armati di fucile, mascherina e green pass, costretti a sfidare le bombe russe con la certificazione verde. Sì, perché mentre rischiamo la terza guerra mondiale e la nostra economia va letteralmente a rotoli, l’Italia è l’unico Paese in cui ancora esiste la tessera per lavorare, andare in giro ed entrare nei locali: qui la tolgono, lì la mettono, là fanno il green pass semplice, qua super, e questo si può fare tra un mese, questo tra tre, questo sì, questo no. Un delirio.
Di fatto, in un video social, Giorgia Meloni ci ha messo a conoscenza di un decreto approvato il 2 marzo di cui nulla si sapeva. Diceva la leader di Fratelli d’Italia: «Nel bel mezzo di una crisi internazionale, di una guerra, e di una totale emergenza sul piano economico che vede aumentare le bollette di oltre il 100% e che vede l’aumento dei costi delle materie prime e probabilmente dei generi di prima necessità che cosa fa il “governo dei migliori”? Vara un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, quindi senza dibattito parlamentare, per prorogare il green pass di 18 mesi, ulteriormente prorogabili di altri di 18, quindi fino al gennaio 2025. Una follia priva di senso e senza alcuna evidenza scientifica. Vuol dire che dobbiamo fare anche una quinta, sesta, settima, ottava dose?»
E chi lo sa. Il quotidiano Repubblica ha preso per buone le parole del ministero secondo cui si tratta “soltanto di un aggiornamento tecnico che garantisce una durata lunga a chi ha fatto tutte le dosi, richiamo compreso, senza dover rivedere la norma ogni sei mesi”. Ma che diavolo significa un “aggiornamento tecnico” se lo stato d’emergenza è in dirittura d’arrivo?
Ecco, siccome in tv questa domanda non la faranno mai, vorremmo tanto vedere Peppe Iodice, inviato del TG1, che lo chiede a Roberto Speranza. Così: «Robe’, ma ‘stu green pass ‘o tenimmo o ‘o buttammo?»
(Anticipazione del MOMENTO di Cronaca Vera, in edicola martedì 22 marzo)