Mosca risponde alle sanzioni americane con una propria blacklist in cui inserisce anche Robert Hunter Biden, il figlio del presidente americano. E Hillary Clinton. Perché?Aleksandr Dugin, parla l’ideologo di Putin: “Se ci sentiremo minacciati, useremo le armi nucleari” – GUARDA
C’è anche Robert Hunter Biden, il figlio del presidente americano, tra i sanzionati da Vladimir Putin.
Mosca ha deciso infatti di rispondere alle sanzioni prendendo le proprie contromisure e stilando una blacklist, ovvero una lista di indesiderabili, che appare sul sito del ministero degli esteri russo. Dentro, c’è l’amministrazione americana, e questo appare abbastanza ovvio. Ma compaiono anche due nomi spiazzanti: Robert Hunter Biden e Hillary Clinton.
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Recita il comunicato del ministero russo:
In risposta a una serie di sanzioni senza precedenti che vietano, tra l’altro, l’ingresso negli Stati Uniti per alti funzionari della Federazione Russa, dal 15 marzo di quest’anno. La “Stop list” russa comprende, sulla base della reciprocità, il presidente J. Biden, il segretario di Stato E. Blinken, il segretario alla Difesa L. Austin e il presidente del Joint Chiefs of Staff M. Milley, nonché numerosi capi dipartimento e personaggi americani di spicco.
Questo passo, preso come controreazione, è stata l’inevitabile conseguenza del corso estremamente russofobo dell’attuale amministrazione statunitense, che, nel disperato tentativo di mantenere l’egemonia americana, ha scommesso, scartando ogni decenza, sul contenimento frontale della Russia.
Allo stesso tempo, non rifiutiamo di mantenere relazioni ufficiali se soddisfano i nostri interessi nazionali e, se necessario, risolveremo i problemi derivanti dallo status delle persone che compaiono nella “lista nera” per organizzare contatti.
Di seguito è riportato un elenco di cittadini statunitensi inclusi nella “Stop list”:
- Joseph Biden (Joseph Robinette Biden);
- Anthony Blinken (Anthony John Blinken);
- Lloyd Austin (Lloyd James Austin III);
- Mark Milley (Marco Alexander Milley);
- Jacob Sullivan (Jacob Jeremiah Sullivan) – Assistente del Presidente degli Stati Uniti per la Sicurezza Nazionale;
- William Burns (William Joseph Burns) – direttore della CIA;
- Jennifer Psaki (Jennifer Rene Psaki) – Segretario stampa della Casa Bianca;
- Daleep Singh – Vice Assistente del Presidente degli Stati Uniti per la Sicurezza Nazionale;
- Samantha Jane Power – Direttore dell’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale;
- Hunter Biden (Robert Hunter Biden) – figlio del Presidente degli Stati Uniti;
- Hillary Clinton (Hillary Diane Rodham Clinton) – ex candidata alla presidenza degli Stati Uniti;
- Adewale Adeyemo – Primo Vice Ministro delle Finanze;
- Reta Jo Lewis – Presidente e Presidente del Consiglio di Amministrazione della Export-Import Bank.
Queste azioni saranno svolte in unità organica con decisioni su larga scala prese dal governo della Federazione Russa nei settori finanziario, bancario e di altro tipo per proteggere l’economia russa e garantirne lo sviluppo sostenibile.Andrea Palmeri e gli altri: ecco gli italiani nella guerra in Ucraina – GUARDA
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Ma perché inserire all’interno Hillary Clinton e Robert Hunter Biden? Tutto ci riporta alle presidenziali americane, alle accuse fatte ai russi di aver aiutato Trump a vincere le elezioni con la Clinton. E alle accuse di Donald Trump nelle elezioni successive al figlio del presidente americano.
Vicende di cui recentemente è tornato a parlare Tgcom, con un corposo approfondimento (QUI) in cui si diceva, tra l’altro:
La famiglia Biden e i rapporti economici con l’Ucraina – Negli ultimi anni il nome di Joe Biden è stato associato anche a uno scandalo sull’Ucraina che aveva fatto vacillare anche la sua candidatura. Uno scandalo, va detto, fatto anche di fake news portate avanti dal suo antagonista, Donald Trump, che per alcune accuse fasulle è arrivato anche a subire un processo di impeachment, ancora in corso. Lo “scandalo” riguarda l’assunzione di Hunter Biden, figlio di Joe. In famiglia Hunter è sempre stato considerato la “pecora nera”. Era nei riservisti della Marina dove però nel 2014 fu congedato perché trovato positivo alla cocaina. Di tutt’altra pasta rispetto al fratello Beau, promettente politico e probabilmente vero “erede” di Joe, stroncato nel 2015 da un tumore al cervello. Hunter Biden non aveva grandi prospettive in casa ma grazie alla sua laurea in legge trovò “fortuna” nella consulenza.
Il caso Burisma Holdings – Siamo ad aprile 2014 quando la Burisma Holdings, la maggiore compagnia energetica dell’Ucraina (attiva sia su gas che petrolio), assume per una consulenza proprio Hunter Biden. Avere nel proprio board un nome di “peso” avrebbe sicuramente portato giovamento al prestigio dell’azienda. Va detto che l’Ucraina, e le sue aziende, sono spesso ricordate per la scarsa trasparenza ma soprattutto l’alta corruttibilità. Hunter Biden viene assunto con uno stipendio di 50mila dollari al mese. Tutto trasparente, se non fosse che durante quei mesi Joe Biden ha proseguito la politica americana volta a far riprendere il possesso da parte dell’Ucraina di quelle zone del Donbass ora divenute Repubbliche riconosciute dalla Russia. La zona di Donespt è ritenuta ricca di giacimenti di gas non ancora esplorati finite nel mirino della Burisma Holdings. Una politica internazionale intrecciata a quella economica che ha fatto storcere il naso anche ai media americani in quegli anni.
Trump, l’elezione e le fake news – E si arriva al 2017 anno in cui diventa presidente Donald Trump. E arriva alla Casa Bianca anche grazie all’uso, un po’ arrembante dei social network. Solo dopo la sua elezione si scoprono aziende come Cambridge Analytica che usava informazioni degli utenti di Facebook per pilotare informazioni spesso e volentieri fasulle che però hanno pilotato il voto alle presidenziali. E poi gli hacker russi, i quali, su ordine di Putin stando a quanto dichiarato mesi dopo dalla Cia, danneggiarono la campagna dell’altra candidata Hillary Clinton. L’elezione di Trump fece fuori “l’amico” dell’Ucraina, Joe Biden.
L’Ucrainagate su Joe Biden – Durante la campagna elettorale del 2020 scoppiò l’Ucrainagate. Donald Trump nel tentativo di screditare il suo avversario fece pressioni sul presidente Volodymyr Zelensky affinché aprisse un’inchiesta nei confronti del figlio di Biden e dei rapporti con la Burisma Holdings. Una inchiesta che avrebbe potuto mettere in cattiva luce Biden. Trump in una telefonata con Zelensky fece capire che gli aiuti all’Ucraina erano legati all’apertura di questa inchiesta. Ed effettivamente gli aiuti economici e militari all’Ucraina furono bloccato pochi minuti dopo quella telefonata. Evidentemente Zelensky non aveva dato “garanzie” sufficienti su quell’inchiesta. Ma quella telefonata (oltre a una serie di testimonianze) aprì di fatto la porta all’impeachment contro il tycoon.
Biden e Zelensky, l’ultimo atto – Arriviamo a dicembre 2020, Joe Biden è il nuovo presidente degli Stati Uniti. La situazione in Ucraina si comincia scaldare nuovamente visto che ritorna in campo il “nemico” di Putin. In una intervista al New York Times Zelensky accoglie con favore l’esito delle presidenziali Usa: “Joe Biden conosce l’Ucraina meglio del precedente presidente e aiuterà davvero a risolvere la guerra nel Donbass e a porre fine all’occupazione del nostro territorio”, diceva molto fiducioso il presidente ucraino. La storia dei nostri giorni dice tutt’altro.
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Solo a noi quei due nomi inseriti nella blacklist di Mosca sembrano messaggi diretti all’attuale presidente degli Stati Uniti?
Manuel Montero
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