Enrica Locatelli a 40 anni scopre di essere stata comperata da una famiglia bergamasca in Paraguay e grazie ai social riesce a ritrovare la famiglia d’origine: “Ora cerco il mio gemello e voglio giustizia”. Ecco la sua storiaErik Zattoni: “Io, figlio di un prete pedofilo che abusò di mia madre 14enne” – GUARDACOSTA VOLPINO (Bergamo) –
Per oltre quarant’anni Enrica Locatelli ha pensato di essere figlia di un industriale bergamasco e di una casalinga veneziana, ormai scomparsi da tempo. Fino a cinque mesi fa, quando ha scoperto in garage foto e documenti, ha ascoltato alcune parole di una zia. E poi, sui social, ha rintracciato la sua vera famiglia.
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È l’incredibile storia di una donna nata nel 1980 e cresciuta a Bergamo, sposata con Fabio e mamma di una bimba: «Da piccolina gli altri bambini mi dicevano che avevo tratti sudamericani. Mia mamma mi aveva assicurato di essere la mia madre naturale. Invece sono stata venduta, non ci sono atti di adozione».
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LA STORIA DI ENRICA LOCATELLI
Quelli che credeva essere i suoi genitori sono morti nel 2008 e nel 2012. Si chiamavano Rosa Bardelle, casalinga originaria di Cavarzere nel Veneziano, e Piero Locatelli, industriale bergamasco. E ai tratti sudamericani non aveva mai dato tanta importanza. Invece le sue vere origini, ha ora scoperto, sono a Pilar, in Paraguay, dove ha dieci fratelli.
Ha presentato una denuncia alla Procura di Bergamo per sottrazione illegale di minore, una sottrazione che vedrebbe coinvolto un prete missionario veronese dei Redentoristi. È venuta infatti a sapere che «subito dopo la nascita, sono stata sottratta ai miei veri genitori che mi avevano messa al mondo a Pilar, in Paraguay. Mio fratello gemello ha subìto la stessa sorte e colgo l’occasione per invitare chiunque sappia qualcosa, ad aiutarmi a rintracciarlo o comunque ad avere sue notizie. Ci hanno detto che anche lui potrebbe essere stato rapito come me e poi venduto a un’altra coppia italiana».
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Come riporta il Corriere della Sera, Enrica è stata incoraggiata dal marito a indagare sulle proprie origini, parlando con i parenti «in particolare con una zia di Padova che è stata la prima a farmi il nome di don Attilio in Paraguay». Trova poi foto e documenti in garage che posta sui social.
Il resoconto delle sue scoperte lo fa ad Andrea Agresti de Le Iene: «Ogni giorno ricevevo tre o quattro informazioni in più che mi riconducevano al missionario. Così ho deciso di chiamarlo e in seguito d’inviargli tutto quello che avevo, sia foto che documenti». Viene a sapere che «avevo sempre ritenuto i miei veri genitori, in realtà mi avevano ottenuta versando del denaro». Ed è proprio grazie ai social che ritrova la vera famiglia, va in Paraguay e finalmente l’abbraccia. Quanto al missionario, invece, questi nega tutto.
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“OPERA DEL DEMONIO”
Cercato proprio dalla nota trasmissione televisiva, il sacerdote si è difeso così: «Le bugie sono opera del demonio, e io con il demonio non ci parlo. Ci troviamo di fronte a un caso clinico, io non ho niente a che vedere con la tua adozione, devi solo ringraziare Dio per aver trovato un’altra famiglia che ti ha cresciuta». Il giorno dopo è risultato irraggiungibile.
Avrebbe già raggiunto il Centro formativo culturale e religioso Marianela da lui fondato nel 2007 ad Atyrà, una cittadina del Paraguay a 60 km dalla capitale Asunción. Un centro di cui è orgoglioso e che definisce «una Casa di ritiro, che accoglie in 7mila metri quadrati adolescenti, famiglie, sacerdoti e religiosi, è un’oasi di spiritualità, il frutto della provvidenza».
Dicono che non abbia il cellulare e dunque non possa ricevere messaggi. Ma ora è la Procura di Bergamo ad essere chiamata a fare indagini, perché non si potrà certamente liquidare la vicenda con frasi fatte e richiami al diavolo.
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Stiamo parlando di un’esistenza scippata, avvenuta per mano di precise persone, e ai magistrati il sacerdote, se qualcosa sa, dovrà dirlo. Non solo. Quando la vicenda rimbalza sui media sudamericani, ad Enrica non tardano ad arrivare «minacce anonime di morte». Ma lei non ha alcuna intenzione di fermarsi: «Di sicuro io voglio verità e giustizia, per me e per tutti gli altri bambini che hanno vissuto a loro insaputa lo stesso mio incubo».