La prima raccolta firme per regolamentare l’eutanasia risale al 1979. In Parlamento le leggi ristagnano. E ogni volta devono parlare i tribunali. Ecco tutta la storia, in trenta righe in cronaca
Eutanasia anno zero. La Corte Costituzionale ha bocciato il referendum sull’abrogazione parziale dell’articolo 579 poiché “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.
La storia
Si era arrivati al referendum per l’incapacità cronica del Parlamento di arrivare ad una legge. L’ultimo ddl, a firma Pd e M5S, giunto alla Camera lo scorso dicembre, si è trovato immediatamente di fronte a 200 emendamenti. E lo stesso Marco Cappato, dell’Associazione Luca Coscioni e che ha raccolto 1,2 milioni di firme per il quesito referendario, sostiene che “peggiorerebbe e restringerebbe le libertà che ci sono”. La prima raccolta firme sull’eutanasia risale addirittura al 1979 e la prima proposta di legge al 1984, depositata da Loris Fortuna, il padre della legge sul divorzio. Ma non si è arrivati mai a nulla. E si è dovuto procedere, caso per caso, ogni volta che qualcuno la chiedeva. Come nel 2001, per Piergiorgio Welby, affetto da anni da distrofia muscolare: finì che gli fu staccato il respiratore e si andò ad un processo che vide il suo medico assolto dall’accusa di omicidio del consenziente.
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Il caso Englaro
Nel 2009 il caso di Eluana Englaro, in stato vegetativo da 17 anni. La battaglia la condusse il padre Beppino che ottenne infine l’autorizzazione allo stop all’idratazione e all’alimentazione forzata. Ma ogni volta passando da tribunali e in mezzo a mille polemiche. Si tornò ancora una volta al silenzio.
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Nel 2013 partì la campagna “Eutanasia Legale” e l’Associazione Luca Coscioni presentò una proposta di legge popolare: venne abbinata ad alcuni ddl, ma non si giunse mai al voto. Poi toccò al caso di dj Fabo, tetraplegico per un incidente, che, dopo un appello lanciato invano al presidente della Repubblica, ottenne clandestinamente l’assistenza alla morte volontaria in Svizzera, chiedendo a Cappato di accompagnarlo. Cappato si autodenunciò: la Corte di Assise di Milano sollevò la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale sull’istigazione e aiuto al suicidio e la Consulta rinviò la decisione invitando ancora una volta il Parlamento a legiferare. Nel 2019 Cappato fu assolto. Ma una legge nuova non è mai stata approvata. Cappato afferma: “Andremo avanti con disobbedienza civile, faremo ricorsi. Eutanasia legale contro eutanasia clandestina”. Il tutto, a oltre 40 anni dalla prima raccolta firme.
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