Delittisocietà

“Sono sicuro: il caso di Maurizio Iori fu un errore giudiziario”

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L’oculista Maurizio Iori venne condannato all’ergastolo per il duplice delitto di ex compagna e figlia, che avrebbe tentato invano di far passare per suicidio. Il caso è chiuso dal 2015. Ma non per tutti. Flaminio Cozzaglio, un pensionato suo concittadino (ma che non lo conosceva) seguì tutte le udienze del processo e da dieci anni scrive in Rete in difesa del medico provando a smontare le tesi dell’accusa. Ha pronto anche un libro, che però nessun editore sembra disposto a pubblicare. Secondo Cozzaglio presto potrebbe arrivare una richiesta di revisione

 

Maurizio Iori
Cronaca Vera ha dedicato due puntate al caso di Maurizio Iori e alla sua strenua difesa da parte di Flaminio Cozzaglio

 

CREMA – Era l’enfant prodige dell’oculistica all’ospedale di Crema, Maurizio Iori, di famiglia nota e benestante, e con una vita piuttosto intensa: quattro figli da tre donne diverse. E quando l’ex compagna Claudia Ornesi e la figlioletta Livia erano state trovate morte in casa avvelenate col gas nel luglio 2011, tutti si erano stretti intorno a lui.

Anche se il dottore, mentre Claudia era incinta di Livia, aveva già allacciato una nuova relazione con una donna che avrebbe poi sposato e da cui avrebbe avuto un’altra figlia.

Il caso, inizialmente passato per suicidio, fu riaperto tre mesi dopo: i corpi di mamma e figlia erano molto distanti tra loro, cosa strana a giudizio della Procura. E poi c’era il fatto che i fornelletti di butano usati nel “suicidio” li aveva presi proprio Iori.

E ancora, una lettera di Claudia avrebbe dato all’ex il movente per un duplice delitto: «Mi ricordo come fosse adesso la sera in cui mi hai fatto piangere minacciandomi con queste parole: “se fai del male ai miei figli te la faccio pagare a te e a quella lì…”. Quella lì è tua figlia».

Finì che si indagò per omicidio: Iori le avrebbe uccise simulando un suicidio. Alcuni movimenti del medico di quella sera non trovarono riscontro, raccontò d’esser stato al cinema mentre aveva cenato con Claudia, e fu smentito dai genitori di lei. La perizia medico legale stabilì che madre e figlia erano morte esclusivamente per via di Xanax e butano.

E per la Procura era stato l’oculista ad ucciderle con quel sistema, facendo loro ingerire di nascosto il farmaco (a Claudia vennero anche trovate tracce di Valium). Andato a processo, Iori, che si protestò sempre innocente, fu considerato colpevole in tutti e tre i gradi di giudizio. E condannato all’ergastolo.

Maurizio Iori
Maurizio Iori, da Cronaca Vera

 

LA STRENUA DIFESA DI MAURIZIO IORI

Il caso è chiuso dal 2015. Per tutti. O quasi. C’è un uomo infatti che, fin dal giorno del suo arresto, continua a scrivere tutti i giorni in Rete ritenendolo vittima di un clamoroso errore giudiziario. Da dieci anni sottolinea su un blog tutte le cose del processo che non tornano, anche su una pagina Facebook dal titolo emblematico: “Giustizia: oggi a Iori, domani a te”.

Non è un suo amico, nemmeno lo conosceva. Neppure è appassionato di cronaca nera o ne ha mai scritto. Flaminio Cozzaglio è un impiegato in pensione, cremonese di 75 anni, oggi residente a Francoforte, che però all’epoca seguì tutte le udienze di primo e secondo grado e che ci dice: «Fremo davanti all’ingiustizia, e qui ce n’è tanta. Due giorni dopo il suo arresto scrivevo che se la Procura avesse avuto ragione, anche Pietro Germi, col suo “Divorzio all’italiana” si sarebbe sentito sorpassato da Iori. Mi sembrava incredibile che di fronte a un caso evidente di suicidio, la Procura di Crema, in conferenza stampa, trovasse qualcosa che non andava…»

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Flaminio Cozzaglio

 

Dieci anni a protestare in Rete sono tanti. Quali sono gli elementi per i quali lo ritieni innocente?

«Ho conservato i verbali di udienza e le tre motivazioni, dicono tutto, ma al contrario di ciò che hanno deciso i giudici: i tribunali non hanno mai a mio parere provato che fosse colpevole, ma questo dovrebbe essere un caposaldo di ogni processo. Prima di altro, manca un movente credibile. Iori aveva rapporti sessuali continui con Claudia, ammessi dai parenti – minacce a parte, che più o meno in certe occasioni tutti facciamo. Poi manca la descrizione esatta di quel che sarebbe successo la sera del 20 luglio 2011: per un banale incidente d’auto servono montagne di prove, qui invece non si riesce a capire nemmeno come sia successo il fatto. Prima avrebbe avvelenato la madre e poi la figlia, dato che han mangiato in tempi diversi? E l’altra nel frattempo taceva? Claudia ha mangiato un boccone di sushi, lo dice l’autopsia: come diavolo ha fatto Iori a costringerla a ingerire 95 pastiglie o gocce corrispondenti che fossero? Manca nella letteratura scientifica un caso di morte come questo, che nessun medico esperto tenterebbe: e se una delle due sopravvive? Ma cito l’inizio della difesa di Tullio Padovani, famoso penalista, che ha seguito Appello e Cassazione: “Se la Corte non dimostra che sia possibile dare di nascosto e in pochi minuti 95 pastiglie di Xanax, il processo finisce subito”. O gocce equivalenti, secondo la tesi non provata dei giudici, che parlano di spruzzatina in gocce di fronte a un caso di intossicazione acuta da Xanax, data dalle 95 pastiglie. Poi la prima sentenza, le altre due la imitano, ha oltre trenta “presumibilmente e via dicendo” su 90 pagine. Quanto al resto, ho scritto un libretto di 70 cartelle, che dimostra tutte le “imprecisioni” dei giudici dei tre gradi».

Perché allora non ci sono impronte, tranne una, sulle confezioni dello Xanax e che fine ha fatto la boccetta del Valium?

«Non una, c’è anche quella di Claudia, oltre a Iori, e una dubbia, sugli strumenti che han dato la morte. Se ti riferisci al Dna, perché non rimangono che nel 10% dei casi, come ha dichiarato, senza esser contraddetto, il perito della difesa; del resto la casa, immagino, sarà stata piena di impronte di Iori, visto che un paio di volte al mese ci andava. Non mi preoccupo invece della scomparsa della boccetta di Valium, Claudia potrebbe averlo preso da un’altra parte; sono entrate un mare di persone quel giorno…»

Perché Iori non disse subito di aver comprato le bombole del gas e perché buttò la lettera di Claudia?

«Iori ha negato addirittura, fin che ha potuto, d’aver cenato in casa di Claudia la sera della morte, per dirne una più grossa, ma per rispondere alla tua domanda perché pensava a un suicidio e non voleva essere coinvolto per via della seconda moglie. Per la lettera aveva già detto tutto alla giudiziaria, che Claudia a suo parere non aveva mai dato segni di volersi suicidare, il giorno stesso del ritrovamento dei corpi».

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Il caso di Maurizio Iori su Cronaca Vera

 

Perché non c’era corrente in casa e non c’erano impronte sul contatore?

«Alle 22 del 20 luglio Iori toglie la corrente per muoversi meglio, secondo i giudici, e tante altre “imprecisioni” simili, come la sfera di cristallo del primo grado, per non spiegare come avrebbe dato lo Xanax: “Non avendo la sfera di cristallo non è possibile indicare con precisione quale fu l’espediente usato (uno di quelli descritti, un altro ancora) per riuscire nell’intento, né è necessario”… tremendo il “nè è necessario”. Questo non lo so, può darsi che nel casino di quel giorno qualcuno l’abbia tolta, per le impronte ho già risposto».

L’alibi di Iori.

«Inventato per non far sapere alla moglie che era dall’ex o tuttora amante».

Cosa pensi che sia successo in quella casa?

«Ora accolgo la tesi di Gualazzini e Giusto, difensori in primo grado, che Claudia non volesse uccidersi, ma solo fare una sceneggiata, finita male, per accusare Iori di un tentato suicidio».

Ritieni che il suo tenore di vita e le sue condotte morali piuttosto anomale abbiano condizionato i giudici? O che la difesa avrebbe dovuto esporre altri elementi?

«Non so perché tre Corti in successione abbiano deciso così, forse per non aver detto la verità subito e aver rifiutato l’interrogatorio. Sulla difesa nulla da dire, ha fatto il possibile di fronte all’evidenza dei fatti».

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Ha mai pensato all’ipotesi di una richiesta di revisione?

«Fece una battuta nell’attesa della sentenza di primo grado al difensore Giusto: “io non accetto l’assoluzione per insufficienza di prove, piuttosto ricorro”. In Appello era convintissimo d’essere assolto, tant’è che disse alla moglie di non portargli biancheria di ricambio. E sì, pensano alla revisione. Dopo dieci anni…»

Hai pronto un libro sul caso.

«Ho scritto a tutti gli editori trovati su internet, nessuna risposta tranne un paio che mi hanno chiesto di partecipare alle spese. Anni dopo tramite un conoscente ne ho trovato un altro, l’ha fatto leggere all’avvocato che mi ha detto, a parole: non vogliamo inimicarci i giudici».

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