Il documentarista e scrittore Paolo Cochi ha ricostruito il delitto di via Poma in un libro. In quest’intervista al giallista Rino Casazza per Fronte del Blog (VEDI SOPRA) racconta l’ultimo giorno di vita di Simonetta Cesaroni, restringendo la cerchia dei sospetti
Dopo un lungo e accurato lavoro di rivisitazione critica del giallo di via Poma, Paolo Cochi ha prodotto un documentario e un saggio – scritto in collaborazione con l’avvocato Paolo Loria, legale del fidanzato della vittima Raniero Busco, e il criminologo Francesco Bruno – che portano entrambi lo stesso titolo: “Via Poma oltre la Cassazione. Cronaca di un delitto senza giustizia“.
L’omicidio della ventunenne Simonetta Cesaroni, uccisa da una gragnuola di coltellate il 7 agosto 1990 a Roma, sembrava, a prima vista, un caso facile da risolvere.
La vittima aveva trovato la morte nel pieno di un pomeriggio di agosto, nel centro di Roma, in uno stabile recintato con un servizio di portineria continuativo. Per quanto ci si trovasse in periodo feriale, non appariva impossibile riuscire a trovare tracce di avvicinamento e allontanamento dell’assassino dal luogo del delitto.
Ciò anche in considerazione del fatto che non si trattava di un delitto premeditato, ma d’impulso, e che il colpevole, cercando di ripulire in modo sommario la scena del crimine, aveva lasciato numerosi segni del suo passaggio.
Per di più la porta dell’appartamento, la sede degli uffici dell’ AIAG – Associazione Italiana Alberghi della Gioventù – in cui si trovava il cadavere della povera Simonetta, non presentava tracce di effrazione, cosicché l’assassino doveva aver aperto con le chiavi o essere stato fatto entrare dalla vittima.
C’erano tutti i presupposti, insomma, per restringere il campo dei sospetti ai frequentatori abituali del condominio, ovvero coloro che vi abitavano o vi si recavano per lavoro o per visitare un residente.
Invece, inopinatamente, il caso si è aggrovigliato a tal punto che, a trent’anni di distanza, ancora non si è riusciti a far luce.
Ci sono stati un sospetto, Pietrino Vanacore, il portiere del palazzo, arrestato ma subito liberato per mancanza di prove; un indagato, Federico Valle, parente di un inquilino, prosciolto senza rinvio a giudizio, e un imputato, Raniero Busco, fidanzato di Simonetta, sottoposto a processo ma poi assolto con formula piena.
In mezzo, tante rilevazioni, spesso approssimative o confusionarie, sul luogo del delitto e tante indagini, condotte nel tempo da diversi magistrati, rimaste incompiute.
Solo di recente c’è stata una verifica sistematica della pista più ovvia, quella che indirizzava verso un cosiddetto “territoriale”, ovvero qualcuno che conosceva Simonetta e sapeva come muoversi nel condominio di via Poma per esservisi recato altre volte.
Mi riferisco al confronto tra il DNA di coloro che rientravano nel profilo suesposto e una traccia genetica rinvenuta sulla scena criminis , inutilizzabile al tempo per la mancanza di test di laboratorio in grado di rilevare e comparare il DNA.
Tale indagine, avvenuta nel 2004, non ha portato a nessun “match”, come si dice nel gergo degli analisti genetici per indicare la corrispondenza tra due tracce di DNA.
Su questo importante aspetto, e sui molti altri di cui è costellata la vicenda, spesso enigmatici come in un giallo letterario, Paolo Cochi ci farà un resoconto basato sulle sue accurate ricerche.
Nell’intervista, seguiremo lo schema del citato saggio “Via Poma oltre la Cassazione”, dividendo l’analisi in tre parti.
Ci occuperemo prima di raccontare (video sopra) come si svolsero gli eventi nella giornata del 7 agosto 1990, dall’uscita di casa di Simonetta sino alla scoperta del cadavere.
In seguito prenderemo in esame le indagini (video n°2), e i processi (video n°3).
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