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Dall’oro alla patria all’oro contro il virus

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Siamo il Paese europeo che ha chiesto più prestiti, ma l’unico fatturato che aumenta è quello del settore finanziario. Ciò significa che gli italiani si stanno indebitando sempre di più. Ma se in uno Stato indebitato fino al collo che chiede una valanga di prestiti a pioggia la produttività in aumento è quella di chi fornisce prestiti ai cittadini, come si fa ad uscirne? Vuoi vedere che…

 

Chi è nato negli anni ’70 ancora non sa spiegarsi bene cosa sia successo e come si sia passati dagli opulenti anni ’80 alla devastazione economica. Ancora nel 1980, pare incredibile a dirsi, il debito pubblico era attestato al 56,9% del Pil. Quattordici anni più tardi era schizzato al 121,8%. Di mezzo c’era stato il 1992: Tangentopoli da una parte e l’attacco speculativo alla lira del finanziere George Soros dall’altra. Oggi siamo soffocati: il debito pubblico è al 154,8% del Pil e ancora non abbiamo capito perché.

Con la pandemia l’economia è crollata, l’Unione Europea ha offerto sovvenzioni a fondo perduto e prestiti. Ma soltanto 7 Paesi hanno chiesto questi ultimi. Partendo da chi ha domandato meno, a salire, si può notare l’assenza delle grandi democrazie occidentali: Slovenia, Portogallo, Polonia, Grecia. E Romania con 15 miliardi. In cima l’Italia, con una richiesta di quasi dieci volte tanto: 122,6 miliardi, così come riporta OpenPolis. Risolvere giganteschi debiti con altri maxi prestiti, più che ideona da fine economisti ci sembra roba da Checco Zalone in “Sole a catinelle”.

Ma noi non abbiamo stilato il celebratissimo Pnrr. Così, non avendo ancora compreso come siamo diventati poveri nel decennio che ci portò all’Euro, ci limitiamo ad osservare gli odierni dati annunciati dai media e salutati con entusiasmo dagli addetti ai lavori. Come il titolo dell’Ansa: “Istat, 500mila occupati in più nel terzo trimestre rispetto al 2020”. Tanti, certo, anche a fronte del quasi milione di posti occupazionali persi nel primo anno di pandemia. Peccato che, precisa l’agenzia “l’aumento dell’occupazione riguarda ancora soprattutto lavoro precario”.

Già, perché se gli autonomi calano, anche i dipendenti a tempo indeterminato, quelli che possono permettersi un mutuo o di far girare l’economia, ristagnano. Altri dettagli del rapporto destano più di una perplessità. L’Istat rileva infatti un aumento di produttività del lavoro dell’1,3%. Ottimo. Ma in quali settori? Al primo posto ci sono le attività finanziarie e assicurative. Ciò significa dunque che gli italiani si stanno indebitando sempre di più e che cercano di coprirsi le spalle per il futuro. Ma se in uno Stato indebitato fino al collo che chiede una valanga di prestiti a pioggia la produttività in aumento è quella di chi fornisce prestiti ai cittadini, come si fa ad uscirne? Mistero.

Perché al secondo posto per l’aumento della produttività ci sono i servizi di informazione e comunicazione e i settori dell’istruzione, della sanità e dell’assistenza sociale. Eppure tutti sanno che i giornali perdono copie a vista d’occhio, che le edicole chiudono a grappoli ogni giorno, che le tv e le radio sono in mano a pochissimi soggetti e che il web – unica vera rivoluzione comunicativa – arricchisce solo i colossi stranieri e produce manodopera a prezzi da fame. Quanto ad istruzione, sanità e assistenza sociale, si tratta di attività la cui copertura economica è ancora garantita, alla fine della catena di lavoro, dallo Stato. Dov’è allora la produzione vera che consenta di guardare con ottimismo al futuro e al pagamento del debito? Non si sa. Perché l’agricoltura è in calo e l’industria è praticamente ferma (+0,1%).

In compenso il ministero dell’Economia ha rilevato come siano in aumento dal 2019 i contributi non versati dai datori di lavoro. La mettono alla voce “evasione”. Ma evasione non è. Semplicemente, poiché sono numeri trasparenti che ogni anno l’Agenzia delle Entrate verifica per ogni impresa, si tratta di ritardi nei pagamenti di chi non ce la fa. Il dato indica quindi che sono sempre di più coloro che non riescono a star dietro all’ingordigia dell’erario. E siccome sono cifre del 2019, dunque pre-pandemia, tutto è destinato a peggiorare. E come è andato loro incontro il Governo dopo le “brillanti” sovvenzioni fatte di ridicoli bonus ed elemosine a pioggia? Come ha pensato di dare respiro all’economia reale del Paese? Da una parte ha introdotto il super green pass utile a devastare le attività commerciali sotto le feste e a lasciare senza stipendio centinaia di migliaia di persone in più. E dall’altra ha fatto ripartire la macchina delle cartelle esattoriali, togliendo dall’agenda la rottamazione quater nonostante la proroga dello Stato di emergenza.

Chissà, forse pensano che pur di pagare tasse e sanzioni per un lavoro che non ha più, la gente si indebiti con le finanziarie. Può essere. Ma non dovesse funzionare, per rientrare degli enormi, ulteriori debiti che Lorsignori stanno contraendo, suggeriamo un piano B: l’oro alla patria. Un vecchio slogan che potrebbe tornare in auge come le tessere per lavorare. Basta cambiargli il nome con una spolveratina buonista: tipo “oro contro il virus” o “oro per l’ambiente”, fate voi.

 

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