Il quotidiano Il Giornale racconta gli ultimi sviluppi di una nuova pista sul Mostro di Firenze scoperta da Paolo Cochi. Lo scrittore e documentarista li ha illustrati a Fronte del Blog in una videointervista (VEDI SOPRA)
Si tratta di:
- tre lettere anonime pervenute agli inquirenti nel 1985, dopo l’ultimo delitto, quello degli Scopeti, e considerate dai magistrati verosimilmente attribuibili all’assassino.
- un identikit raffigurante un individuo sospetto, avvistato nei pressi della piazzola degli Scopeti il 6 settembre, in quella che potrebbe essere la data del delitto, o comunque uno dei giorni precedenti allo stesso.
In un post di quattro anni fa (lo trovate qui) avevo fatto il punto della situazione sull’inchiesta del Mostro di Firenze indicando le piste alternative alla verità processuale, rappresentata dalla sentenza, passata in giudicato, che nel 2000 ha condannato i cosiddetti “compagni di merende”, Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Ricordiamo che sul “capobanda”, Pietro Pacciani, deceduto nelle more degli accertamenti giudiziari, non è mai stata pronunciata alcuna sentenza definitiva.
Come chiarivo allora non deve stupire se, a oltre 50 anni dal primo delitto attribuito al Mostro, e a venti dalla sentenza definitiva sui “compagni di merende”, continuano ad essere avanzate e sostenute altre ipotesi sull’identità del serial killer.
Il caso, infatti, non è ancora chiuso, neanche giudiziariamente.
Lo speciale di Fronte del Blog dedicato al Mostro di Firenze – QUI
Innanzitutto la responsabilità , in concorso, di Pietro Pacciani, Giancarlo Lotti e Mario Vanni manca di un tassello fondamentale: l’individuazione del mandante dei loro omicidi, un non meglio identificato “dottore” cui, nel racconto di Lotti, Pacciani consegnava le parti anatomiche delle vittime in cambio di denaro. Finora dei due sospettati , il farmacista toscano Piero Calamandrei e il gastroenterologo perugino Francesco Narducci, il primo è stato assolto, e le indagini sulla morte ritenuta sospetta del secondo per annegamento nel lago Trasimeno non hanno portato a nulla.
Inoltre la sentenza sui “compagni di merende” ha messo un punto fermo solo per gli ultimi quatto delitti della serie (Baccaiano 1982, Giogoli 1983, Vicchio 1984 e Scopeti 1985), mentre non tocca i delitti di Borgo San Lorenzo 1974, Mosciano di Scandicci 1981, Travalle di Calenzano 1981 che, così, rimangono insoluti.
Per quanto riguarda il primo delitto, Lastra a Signa 1974, esiste una sentenza definitiva che condanna il marito della donna assassinata, Stefano Mele, in concorso con ignoti mai scoperti e senza che sia mai stato individuato un collegamento tra il ruolo di Mele e quello dei tre “compagni di merende” nella vicenda del Mostro.
Negli ultimi anni il contributo più significativo alla risoluzione di questo cinquantennale “enigma” poliziesco viene dalle ricerche di Paolo Cochi, da noi intervistato in proposito in questo video.
La nuova intervista che qui proponiamo mette a fuoco i recentissimi, promettenti sviluppi della pista individuata, e sarebbe più corretto dire riscoperta, da Cochi.
Si tratta:
- degli esiti delle verifiche sul profilo genetico rinvenuto su tre lettere che pervennero nel 1985, dopo l’ottavo ed ultimo duplice delitto del Mostro, ai magistrati inquirenti e che questi ultimi hanno sempre ritenuto provenire con alta probabilità dall’assassino;
- delle verifiche svolte da Cochi sull’ identikit, elaborato dalla polizia e poi tralasciato, tanto che se ne era persa memoria, riguardante un individuo visto nel pressi della Piazzola degli Scopeti nel fine settimana in cui avvenne il delitto del 1985.
Scrive, in proposito, Il Giornale nella sua intervista a Cochi:
C’è lo stesso Dna su tre buste inviate con un proiettile serie H nell’ottobre 1985 ad altrettanti magistrati che indagavano sui delitti del mostro di Firenze. C’è un misterioso dossier dei carabinieri su un furto di cinque Beretta calibro 22 in un’armeria nel 1965. E c’è un uomo castano-rossiccio di un metro e ottanta visto da alcuni testimoni prima degli omicidi di Claudio Stefanacci e Pia Rontini del 1984. Sono le tessere dell’intricato puzzle cui lavora da tempo Paolo Cochi per dare un volto al serial killer che terrorizzò la Toscana per 17 anni.
Tre documentari dedicati al mostro, un monumentale libro di oltre 500 pagine sul caso, vent’anni trascorsi nello studio della vicenda, dal 2020 Cochi è anche consulente dell’avvocato Antonio Mazzeo, legale di Rosanna De Nuccio: «Si tratta della sorella di Carmela, assassinata dal mostro insieme al fidanzato Giovanni Foggi nel 1981». Così ha potuto consultare anche i recenti atti, finché ha potuto, su piste trascurate e documenti dimenticati. Perché sugli omicidi delle coppiette ammazzate dal 1968 al 1985 nelle campagne toscane usando sempre la stessa Beretta calibro 22 e sparando proiettili Winchester serie H, il sipario non è mai calato: non dopo la fine di Pietro Pacciani, morto in attesa di giudizio; non dopo le condanne definitive dei compagni di merende Mario Vanni e Giancarlo Lotti. E certamente non è mai calato sull’omicidio di Carmela e Giovanni: «Uno dei tre duplici delitti del mostro rimasti irrisolti». Non è un caso che le indagini non si siano mai fermate.
Tutti i dettagli di questa inquietante vicenda li trovate nella videointervista a Paolo Cochi in cima al post.
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