Ma che sta succedendo al Seregno Calcio, team (in vendita?) militante in serie C?
“Sì, era Gomorra” titola così, riprendendo le parole del portiere del Seregno Ermanno Fumagalli, la Gazzetta dello Sport di venerdì 9 dicembre, in prima pagina parlando di quanto sta accedendo in casa Seregno dove fra il presidente Erba e l’ex dg Corda, coadiuvato da due fedelissimi come Anelli e Gentile (tutti e tre allontanati) è in corso da oltre una settimana una guerra senza esclusione di colpi. Un caso, fatto di violenze e minacce, su cui sta indagando anche la Procura di Monza. I due si autoaccusano, si difendono, minacciano querele, insomma c’è caos da quelle parti. Ma torniamo all’ intervista, rilasciata alla “Rosea”, dal tesserato Fumagalli:
“Il clima fino a un mese fa? Troppo pesante, non era calcio. A partire dagli allenamenti. Ci si allenava giocando a pallamano, una specie di calcio fiorentino dove valeva tutto, per vincere. E quando dico tutto, dico tutto. Non era una squadra, era una caserma. Sempre in trincea. Quando mi hanno minacciato ho capito che non potevo accettare più tutto questo. Prima dell’allenamento mi si sono avvicinate delle persone che bazzicavano intorno alla squadra e mi hanno detto ti veniamo a prendere a casa, forse non hai capito e Non rivedrai più la tua famiglia, stasera saluta Jacopo (il figlio NdR). In vent’anni non mi è mai capitata una cosa simile anche quando giocavo in piazze caldissime, mai e poi mai ho visto cose del genere. Lasciare? Si ci ho pensato, ma per fortuna il presidente Erba ci ha liberato da questo incubo. Prima era Gomorra, ora ho riconquistato il mio calcio”. In merito alle notizie riguardanti il Seregno Calcio, riportate da alcuni media, il Presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli già aveva ai primi di dicembre commentato così: “La vicenda denunciata a Seregno, se confermata, è sconcertante. Questo non è sport, sono vicino ai calciatori. Il calcio deve esprimere rispetto, in senso assoluto. E lo stesso deve riguardare e gli avversari e i compagni. In definitiva, essere una squadra vuol dire avere valori comuni. Seguirò le indagini e, di conseguenza, agirò sempre per il pieno rispetto delle regole. Violenza e minacce sono atti da condannare sempre e comunque”.
Insomma, da quelle parti qualcosa non torna, serve chiarezza.
Stefano Mauri