Il noto penalista Fabio Schembri interviene su Fronte del Blog per commentare il fenomeno dell’occupazione abusiva di case private, dopo i numerosi casi emersi in cronaca
di Fabio Schembri
Il fenomeno dell’occupazione abusiva di alloggi, siano essi pubblici che privati, è purtroppo dilagante, e sicuramente tra i più drammatici. Non è raro imbattersi in notizie di case occupate ai danni di anziani o disabili, unici proprietari dell’unità abitativa “presa di mira” quando costretti a lasciare momentaneamente la loro abitazione (assenza dovuta, ad esempio, per un ricovero ospedaliero).
E’ angosciante il solo pensiero di poter rimanere fuori casa in casi simili, con la propria abitazione occupata e con la serratura della porta di ingresso sostituita. Spesso le precarie condizioni di povertà e solitudine delle vittime non permettono la prevenzione del fenomeno, e neanche consentono loro immediate soluzioni alternative di fortuna.
In questi casi, ciò che più indigna è come gli occupanti abusivi possano, sembra, farla franca.
Proprio così.
Infatti, seppur il nostro ordinamento offra strumenti legali per affrontare e risolvere tali situazioni, il cittadino deve sapere che i tempi di risoluzione del problema non sono rapidissimi.
Da un punto di vista prettamente civilistico, il cittadino può ritornare a godere esclusivamente della
sua abitazione per mezzo della cosiddetta azione di reintegrazione, riconosciuta dall’art. 1168 c.c..
La norma anzidetta protegge il possessore (dunque non solo il proprietario, ma anche il locatario,
l’assegnatario di alloggio popolare) cui venga sottratto in tutto o in parte il possesso della cosa,
prevedendo la reintegrazione, ossia il ripristino della situazione possessoria compromessa.
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Certamente, l’azione di reintegrazione rappresenta un ottimo ed efficace strumento per munirsi di
un valido provvedimento giurisdizionale per rientrare nel pieno possesso della casa occupata, ma
come è facile intuire occorre pur sempre promuovere una vera e propria causa civile, e anche
eventuali provvedimenti d’urgenza per la loro esecuzione necessitano, comunque, dei loro tempi.
Da un punto di vista penalistico, l’effetto deterrente è affidato all’art. 633 del codice penale che
prevede: “Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di
occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione
da uno a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032”.
Il reato è procedibile d’ufficio se l’occupazione concerne edifici pubblici o destinati ad uso
pubblico, e la pena è più severa (da due a quattro anni di reclusione e da euro 206 a euro 2.064 di
multa) se il fatto è commesso da più di cinque persone o da persona palesemente armata. Una
ulteriormente aggravante è prevista per chi organizza o promuove l’occupazione.
Per questo reato, però, a parte il caso delle ipotesi aggravate, non è consentito né l’arresto, né
l’applicazione della custodia cautelare in carcere, né l’applicazione di altre misure cautelari
personali.
Per riassumere e intenderci, non basta semplicemente chiamare la polizia o i carabinieri e attendere un loro pronto intervento.
Ci vorrà, dunque, sempre del tempo prima di ritornare in possesso della propria abitazione.
Sia ben chiaro, non si vuol affermare che le forze di polizia rimangono sempre inerti spettatrici di
fronte la perpetrazione dei reati.
Certamente, nel caso in cui si prospettassero situazioni di flagranza o imminente pericolo (nel qual
caso è facile ipotizzare anche la commissione di ulteriori reati rispetto a quello della mera
occupazione abusiva di alloggio – es. violenza alla persona, furto aggravato, danneggiamento,
ecc…, con indizi che comprovano ciò) l’intervento delle forze dell’ordine, con la conseguente tutela
immediata del cittadino, viene pur sempre garantito.
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Proprio per assicurare in ogni circostanza concrete e celeri tutele alle persone più fragili, pende in
Parlamento una proposta di legge (la n. 3165/21), volta all’introduzione nel codice penale dell’art.
633 bis.
La proposta di legge prevede tra l’altro che “qualora il soggetto che occupa in modo abusivo un
alloggio privato di cui al primo comma non lo rilasci entro quarantotto ore dalla data di
presentazione della querela di cui al medesimo comma alla competente Procura della Repubblica,
la polizia interviene senza indugio e senza attendere il provvedimento di un giudice”.
Come visto, quantomeno per gli alloggi privati, si cerca di inserire un meccanismo di pronta ed
efficace difesa, valido a prescindere dalla sussistenza o meno di un’ipotesi di imminente pericolo.
Se da un lato risulta lodevole l’iniziativa dei Deputati, mossa certamente dalla sincera volontà di
proteggere le persone cosiddette “fragili”, dall’altro, però, si nutrono seri dubbi sulla legittimità di un potere così “smisurato” affidato alle forze dell’ordine.
Non può sfuggire infatti che con una tale premessa si possano verificare problematiche in senso opposto: cosa succederebbe, ad esempio, se un proprietario denunciasse per occupazione abusiva un inquilino che semplicemente non paga l’affitto da un mese?
Quasi sicuramente la tutela del cittadino sarà dunque affidata ad altre iniziative, anche di carattere legislativo, tese a porre un equilibrio in queste delicate situazioni.
Nel frattempo, la migliore arma a disposizione per arginare e prevenire l’odioso fenomeno
criminale dell’occupazione abusiva di immobili, rimane quella della predisposizione e/o
dell’ampliamento della rete sociale a supporto e difesa delle potenziali vittime.
Fabio Schembri