La pandemia ha ribaltato i destini della Brexit: mentre in Gran Bretagna, con il “liberi tutti” si fabbrica economia reale al ritmo del 6,5% annuo, l’Europa schiava del green pass fabbrica debiti (perchè il Pnrr è soprattutto debito). E come li spendiamo i prestiti? Leggere per credere…
Per oltre un anno giornalisti, opinionisti e analisti di tutta Europa hanno irriso la decisione della Gran Bretagna di uscire dall’Ue. La Brexit è stata giudicata come un suicidio economico senza precedenti: impossibile per un solo Stato reggere il passo di un intero continente. Poco dopo la dipartita ufficiale ci siamo però ritrovati immersi nella pandemia. E oggi nuovi strali accompagnano le scelte britanniche: di fronte a 50mila contagi al giorno, hanno infatti tolto ogni restrizione, mascherine comprese, lasciando che il Covid circolasse.
Col passare del tempo i contagi sono scesi a 30mila al giorno. Soprattutto, la loro economia ha ripreso a crescere al ritmo del 6,5%, su base annuale. L’Europa sta invece andando in direzione opposta, seguendo il “modello Italia”. E dopo i lockdown, ha applicato la politica delle restrizioni più dure, a partire dal green pass. Non solo: ha innescato la zavorra del debito, nella quale l’Italia, con il famigerato Pnrr, è ancora in prima linea. In sostanza la situazione della Brexit si è ribaltata: mentre nel Regno Unito si fabbrica economia reale e se la ridono, nel resto del continente piovono prestiti.
Solo Massimo Fini, sul Fatto Quotidiano, è stato tranchant: «Il Covid come la guerra? Ma non diciamo cazzate. Per tutelare lo 0,32 per cento della popolazione, in generale vecchi con due o tre patologie pregresse, e che lockdown o non lockdown, vaccino o non vaccino, sarebbero morti di lì a poco, abbiamo bloccato il 99,7 per cento della popolazione. In realtà, più che una pandemia di Covid, c’è stata una pandemia di panico».
Come l’Italia abbia speso il proprio denaro nel panico, in attesa di quello europeo è cosa nota: poco o niente per gli imprenditori costretti alle chiusure, milioni in banchi a rotelle finiti in discarica. Palate di denaro in mascherine fallate e in ventilatori da buttare, montagne di euro in bonus del tutto inutili (leggasi monopattini e incentivi) e in iniziative fallimentari, come il cashback, miriade di soldi usati per nuove assunzioni nel pubblico, ovvero in ulteriore debito.
Poi, certo, erano anche previste risorse per cose concrete, come quelle per l’alluvione in Sardegna, per la sanità, contributi per attività danneggiate, ma anche per opere pubbliche in previsione i Giochi olimpici invernali di Cortina e Milano. Solo che non hanno mai fatto i decreti attuativi, 54 decreti mancanti, precisa ancora una volta Il Fatto Quotidiano. Dettagli. Come dettaglio pare essere il buco da due miliardi delle Regioni dovuti alle spese sanitarie per far fronte al Covid nel 2021. Roba da bancarotta.
Ora tutti si spellano le mani per il nuovo corso di Mario Draghi, che tanto più nuovo non è, ma che a dire il vero non ci pare abbia fermato l’aumento smisurato dei costi o risolto le situazioni critiche. Anzi, senza tessera verde oggi non lavori e in pieno stato d’emergenza piovono decine di milioni di cartelle esattoriali. Giornalisti dalla lingua lunga fanno notare quanto, a livello internazionale, si sprechino gli elogi per il governo. Ma tutto ciò fa parte di una becera retorica italiana. Da che mondo e mondo l’unico interesse che ha un creditore è che i soldi che gli sono dovuti gli siano restituiti fino all’ultimo e costi quel che costi.
Non a caso, pur senza nominare l’Italia, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo intervento alla Conferenza annuale sul bilancio Ue, ha lanciato un sibillino messaggio: «Nei prossimi mesi moniteremo con attenzione i progressi di ogni Stato negli investimenti e nelle riforme. Siamo seri sulla nostra ripresa, sulla transizione digitale, sull’equità sociale. Ed è per questo abbiamo concordato con gli Stati membri una serie di obiettivi da raggiungere. Sappiamo per esperienza che solo ciò che viene misurato, viene compiuto. Non fate errori. Le regole per i pagamenti per il recovery sono cristalline: richiedono un controllo nel sistema per rilevare e correggere, se necessario, in particolare corruzione, frode e conflitto di interessi che riguardano i fondi del Recovery. Perché sono i cittadini dell’Europa che pagano tutto questo». Siccome siamo in cima alla lista per debiti, non è difficile sapere a chi si rivolga. La Commissione Europea vede comunque il nostro Pil in continua crescita. Ma come può crescere la ricchezza degli italiani a fronte di mancati aiuti per un blocco forzato, alle esazioni senza sconti e a costi di materie prime ed energetici alle stelle? All’epoca di Tangentopoli, mentre veniva giù la Prima Repubblica, si provò a tamponare (invano) la crescita esponenziale del debito privatizzando e sostanzialmente svendendo gran parte del patrimonio di Stato. Oggi c’è rimasto poco.
Forse l’industria del turismo, che, falcidiata dai lockdown, è alla canna del gas. Basti pensare ai soli 350 alberghi, storici tre stelle, tra Comacchio e Misano Adriatico in vendita in questi giorni per dare una fotografia della situazione: le imprese famigliari, ossatura dell’economia italiana, vanno sparendo. Il colpo di grazia non l’ha dato il governo, ma il Consiglio di Stato, con una sentenza secondo la quale le proroghe alle concessioni balneari non potranno andare oltre il 31 dicembre 2023. Poi qualunque europeo potrà aggiudicarsi le spiagge del demanio. Sui media si plaude con le solite scuse: lo chiede l’Europa e lo Stato incassa poco. E si fanno gli esempi di stabilimenti extralusso che pagano una miseria. Peccato che si tratti di eccezioni. Soprattutto, l’economia locale e il relativo indotto saranno presto soppiantati dall’arrivo, immaginiamo, di fondi internazionali e magnati stranieri, così come già accaduto per miriadi di marchi made in Italy, finiti in mano a multinazionali che pagano le tasse all’estero, come i colossi del web. A noi resteranno una manodopera pagata a prezzo di schiavi. E i debiti, i loro, da pagare all’Europa.
(Dal MOMENTO di Cronaca Vera in edicola)