E’ trascorso quasi un anno dall’inizio, il 27 dicembre 2020, della somministrazione di massa dei vaccini anticovid 19. Siamo oramai in possesso di una grande quantità di dati ufficiali sui parametri critici del contagio, diffusi dagli organismi sanitari pubblici attraverso dettagliati bollettini giornalieri e altrettanto dettagliati rapporti periodici riassuntivi. Proviamo a ricavare cosa indicano su un problema centrale: i vaccini, assunti oggi da una fetta di popolazione superiore all’80%, hanno determinato una regressione degli effetti del contagio, e in che misura?
L’analisi che proponiamo è metodologicamente elementare: abbiamo preso la situazione riscontrata a 6 date successive riguardo a:
–numero di vaccinazioni (parziali e complete);
–numero di casi di infezione (positivi al tampone);
–numero di decessi per covid;
–numero di ricoveri;
–numero di terapie intensive.
–misure di protezione e distanziamento sociale in essere.
Le date sono:
- 31 maggio 2020. A quell’epoca la prima ondata dell’epidemia, iniziata a fine febbraio 2020, era terminata. I dati epidemiologi erano molto sotto la soglia di allarme e le restrizioni pandemiche in consistente allentamento dopo i mesi del lockdown duro;
- 7 ottobre 2020. Eravamo in una situazione ancora tranquillizzante. La seconda più grave ondata sarebbe scoppiata di lì a pochi giorni;
- 26 dicembre 2020. E’ il giorno precedente alla partenza della campagna vaccinale. La seconda ondata aveva determinato un impressionante peggioramento dei dati epidemiologici.
- 28 febbraio 2021. La campagna vaccinale cominciava a prendere corpo, pur avendo raggiunto una fetta della popolazione vaccinale ancora inferiore al 10%;
- 30 aprile 2021. La campagna vaccinale aveva coperto con la prima dose un terzo della popolazione vaccinabile;
- 30 giugno 2021. La campagna vaccinale vedeva vaccinata con una dose la stragrande maggioranza della popolazione vaccinabile.
I dati sono ripresi dall’archivio dei bollettini covid del Corriere della Sera.
Ecco una tabella riassuntiva.
Il raffronto dei parametri alle 6 date evidenzia una massiccia discesa dei parametri in corrispondenza con l’avanzamento della campagna vaccinale.
Segnaliamo che diminuiscono costantemente, in maniera sostanziale, non solo decessi, ricoveri e terapie intensive, ma anche il numero di contagi.
Questa realtà coincide con quanto indicato nei rapporti periodici dell’ ISS sull’epidemia, l’ultimo dei quali del 27 ottobre 2021 (guarda qui). In tali documenti si percentualizza attraverso specifici calcoli statistici l’efficacia dei vaccini anticovid nel contrastare infezioni, ricoveri, ricoveri gravi e decessi.
Riportiamo sotto, per chi è interessato a entrare nel merito tecnico, la metodologia applicata.
Il tasso di efficacia (vedi sotto) è superiore al 70%, per tutte le fasce d’età, per quanto riguarda la prevenzione dell’infezione, e al 90% per ricoveri, ricoveri gravi e decessi.
A ulteriore conferma, il più recente rapporto periodico dell’ISS su “Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia” evidenzia come, tra i 38.000 decessi per covid avvenuti da 1 febbraio al 5 ottobre di quest’anno (periodo vaccinale), quelli di persone vaccinate con ciclo completo sono appena il 3,7% del totale. Il 97% di coloro che, purtroppo, non ce l’hanno fatta a guarire dal covid 19 non era vaccinato.
Possiamo dunque ritenderci pienamente soddisfatti dall’impatto della vaccinazione sulla pandemia in Italia?
In realtà, non sono tutte rose e fiori.
Come evidenziato in svariati articoli apparsi su Fronte del Blog ( leggi ad esempio qui, qui e qui) , e da Manuel Montero nei post usciti su questo sito (leggi ad esempio qui, e qui ) e soprattutto qui , laddove Montero si esprime attraverso un suggestivo e inquietante racconto di fantascienza distopica, “Il richiamo numero 16“ – disponibile anche in video qui -, rimangono almeno due seri problemi.
Innanzitutto, mentre a nostro giudizio ci sono evidenze (leggi qui) che la campagna vaccinale non ha provocato un aumento di morti per reazione avversa ai vaccini, non tutto è chiaro sull’effettiva incidenza delle reazioni avverse non mortali. A tal riguardo andrebbe fatta più chiara luce su quante di queste sono risultate gravi e/o invalidanti.
Tornando a quelle mortali, l’accertamento medico legale di alcune di queste (vedi il caso, analizzato da Edoardo Montolli, della sfortunata diciottenne Camilla Canepa) dovrebbe spingere ad appurare con rigore se da parte delle autorità che hanno condotto la campagna vaccinale ci siano responsabilità per non aver fornito informazioni esaustive sui maggiori rischi, emersi in sede di sperimentazione, riguardanti la somministrazione dei vaccini a determinate categorie di persone.
Inoltre, mentre appare indubitabile, come mostriamo sopra, l’efficacia dei vaccini nel contrastare in modo deciso l’epidemia, i dati epidemiologici, confermati da studi scientifici (vedi ad esempio questo, svolto in Israele), indicano una riduzione nel tempo di questa efficacia, pur non ancora esattamente quantificata, in particolare per quanto riguarda l’efficacia contro l’infezione.
Prova ne è che, quasi tutti i paesi occidentali, compresa l’Italia, stanno avviando un programma di rinforzo della protezione attraverso la somministrazione, per ora solo alle categorie più a rischio, di una dose di richiamo, il cosiddetto booster.
Poiché inoltre sono sempre di più gli scienziati convinti che, per la particolarità della pandemia da covid 19 (diffusasi nell’intero globo, anche in aree in cui è difficile se non impossibile intervenire con una vaccinazione di massa) e dello stesso virus (un “coronavirus” influenzale ad elevata mutabilità, facile a produrre varianti più resistenti), saremo obbligati a un richiamo periodico, verosimilmente ogni anno.
Come profetizzava il settimanale Cronaca Vera, “fine pandemia mai”?
Non c’è dubbio che dover ripetere la vaccinazione ogni inverno, come accade per i normali e già conosciuti virus influenzali, non è una prospettiva piacevole, anche per la complessità organizzativa e i costi di un simile processo ciclico.
Potremmo tuttavia accettarlo se fosse la condizione per evitare di dover di nuovo ricorrere, per arginare un contagio non debellato in via definitiva, a drastiche misure di distanziamento sociale, con esteso fermo, catastrofico per l’economia, delle attività produttive e commerciali.
Ma siamo sicuri che puntare tutto sui vaccini di nuova generazione, quali sono quelli utilizzati contro il covid 19, sia l’unica strategia possibile per scongiurare il temuto “lockdown”?
E’ il dubbio su cui Manuel Montero punta l’attenzione nel post scriptum n° 6 al suo già citato post “Fenomenologia del nuovo Normale, che sa di aver ragione, ma non sa dire perché”.
Ecco cosa scrive Montero: “In Cina hanno non hanno utilizzato nè Astrazeneca né Pfizer, ma un vaccino di tipo tradizionale. E hanno curato in fretta le persone con plasma iperimmune e idrossiclorochina, tanto avversati in Occidente a partire da uno studio pubblicato su Lancet e New England e poi risultato falso. Tali terapie sono state invece raccomandate fin da febbraio 2020 dal Governo di Pechino (GUARDA). Attualmente in Cina si contano così 3 decessi per milione di abitanti e il Paese è al posto 207 per mortalità nel mondo, praticamente fuori dall’emergenza da tempo immemore; un abisso lo separa dai 2179 decessi per milione di abitanti dell’Italia, al ventiduesimo posto per mortalità (GUARDA) e costantemente in emergenza.
Saranno stati più fortunati…”
E’ vero che la trasparenza e l’attendibilità dei dati che la Cina comunica all’esterno, non solo in ambito sanitario, non è certa, trattandosi di un regime totalitario con un forte controllo governativo, a scopo di auto-propaganda, su tutta l’informazione. Si veda a tal riguardo la vicenda (leggi ad esempio qui) relativa al modo, tempo e luogo in cui si è originata la nuova malattia virale in quel paese.
E’ altresì vero che non sappiamo quanto, nella lotta al virus in Cina, abbiano influito le misure di lockdown drastiche, militarizzate, senza eguali in occidente, lì adottate.
Tuttavia, considerato che è altrettanto incontestabile la speciale attenzione del sistema sanitario cinese (vedi ad esempio questa illuminante testimonianza di un viaggiatore occidentale che ha contratto la malattia in Cina) verso tempestive ed incisive cure precoci, il dubbio sollevato da Montero deve continuare a interrogarci.
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