Strage di Erba, l’avvocato Luca D’Auria ha difeso Azouz Marzouk nel processo che lo vedeva alla sbarra per calunnia nei confronti di Olindo e Rosa avendoli accusati di essere… innocenti. “Nell’arringa ho citato la logica, la filosofia e il teorema di Godel”
Azouz Marzouk ha tutte le ragioni per dubitare che Olindo e Rosa siano i reali colpevoli della strage di Erba. In un Paese normale non ci sarebbe nemmeno bisogno di ribadirlo. In Italia, invece, il tunisino che ha perso più di ogni altro nella strage di Erba, un figlio e la moglie, si è trovato alla sbarra. L’accusa era da perderci la testa: aver calunniato Olindo e Rosa sostenendo che si fossero autocalunniati confessando il falso.
Alla fine è stato assolto. Anche grazie ai suoi avvocati Solange Marchignoli e Luca D’Auria. Quest’ultimo segue ormai le vicende di Azouz da anni e nella sua arringa ha introdotto elementi di logica e di filosofia. Lo abbiamo incontrato. – SPECIALE STRAGE DI ERBA
«L’assoluzione con formula piena di Azouz è un bel successo. Su questo non c’è dubbio. L’avvocato Solange Marchignoli ed io non eravamo assolutamente certi di cosa avrebbe deciso il Tribunale. Dopo anni di batoste anche questa sembrava una sentenza già scritta. Il pubblico ministero, sia durante la sua requisitoria sia durante l’interrogatorio, è stata durissima con l’imputato e, in parte, con la difesa».
Cosa può significare?
«Ritengo sia stato il risultato di dieci anni di studio appassionato della vicenda e, nei limiti del possibile, assistendo la persona offesa, un piccolo apporto alla ricerca della verità. È una vicenda incredibile quella della strage di Erba. All’apparenza militano contro Rosa e Olindo tre prove che in nessun altro processo si trovano assieme: quella genetica, la confessione e la testimonianza di una delle vittime, sopravvissuta per caso. Poi, ad uno sguardo più attento, quelle stesse super prove, si sciolgono come neve al sole».
Quindi avere dubbi è legittimo…
«Il risultato più certo di questa assoluzione è stato quello di creare un confine netto tra la calunnia, giuridicamente intesa, e la calunnia rivista come fosse un reato di opinione. Il resto lo leggeremo nelle motivazioni del giudice. Attenzione: si è presa novanta giorni per scriverle, il tempo massimo. Questo potrebbe voler dire che la decisione non si risolverà in poche righe. Il giudice è stata attentissima e non ha mancato di prendere appunti su ogni questione emersa durante il dibattimento. Sono estremamente interessato di scoprire cosa scriverà nelle motivazioni».
Il giudice aveva accolto solo prove documentali.
«La scelta di non assumere nessuna delle prove richieste, salvo quelle documentali, è stata la vera sfida. Era necessario fare qualcosa di diverso da quanto avrebbe fatto un avvocato penalista tradizionale. È stata quindi una palestra importante per chi ritiene che la contemporaneità esiga un avvocato che non sia più un classico Perry Mason. Ho studiato filosofia e lavoro costantemente con Arianna Beghetto che è docente di logica e filosofo della mente. Per offrire al giudice l’immagine di cosa fosse giuridicamente questo processo abbiamo raccontato al giudice del teorema di Godel e dei paradossi della logica. Così è stato chiaro che la Procura Generale e il pubblico ministero avevano incastrato il procedimento in un vicolo senza uscita: la prova d’accusa è la stessa di quella con cui la difesa vuole dimostrare l’innocenza. La logica e la filosofia si confrontano da secoli su questa questione».
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Eppure sembrano elementi del tutto inediti per un processo.
«Il diritto spesso va per la sua strada senza badare a quelle scienze e conoscenze che sono molto più attente alla cognizione di quanto faccia il processo. Oggi Perry Mason non può più lavorare solamente con gli strumenti del diritto. Come ogni altra conoscenza estremamente deterministica deve sapersi confrontare con le scienze della cognizione, altrimenti anche l’utilizzo della scienza nel processo diventa totalmente inutile e può causare decisioni non rispettose del giusto processo. Trasformare il processo di Azouz in un teorema di Godel, cioè nella dimostrazione che il sistema, portato a certi livelli di “stress” e complessità, non ha più la soluzione in tasca, in base alle sue regole tradizionali, è stata la chiave interpretativa per arrivare a dimostrare che quello di Azouz era un “reato impossibile”».
Un Perry Mason filosofo.
«Perry Mason ha dovuto indossare i panni dell’alchimista per non cadere nel paradosso in cui sono caduti tutti quelli che hanno trattato questa vicenda. Solo così l’assoluzione di Azouz è diventato il risultato inevitabile di una funzione matematica».
Manuel Montero
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