Ultimamente da parte di quanti dissentono dai provvedimenti del governo Draghi istitutivi nel nostro paese della “certificazione verde anticovid”, meglio conosciuta col termine inglese “greenpass” (legge 16 settembre 2021 n°126 e decreto legge 21 settembre 2021, n. 127 ), si sente ripetere che tale normativa sarebbe in contrasto con una norma europea, per la precisione l’ art. 36 del Regolamento del Parlamento europeo 2021/953 dello scorso 14 giugno, che disciplina l’uso del “greenpass nella circolazione tra stati dell’ Unione Europea.
Da ultimo ha ripreso questo argomento Nunzia Alessandra Schilirò, vice questore di Roma ( dunque una persona che dovrebbe essere competente in materia giuridica), durante il suo intervento alla manifestazione “no greenpass” di ieri in Piazza San Giovanni a Roma. Qui il video del suo discorso, dove al minuto 11.42 fa l’ affermazione di cui si parla.
Innanzitutto va notato, leggendo il testo del Regolamento 2021/953 ( lo trovate qui ) che il numero 36 non è un “articolo”, ovvero una parte del provvedimento che contiene una norma specificamente applicabile, ma un “considerando”, ovvero uno dei ragionamenti preliminari che stanno alla base della scelta normativa successivamente dettagliata.
Si tratta di una distinzione solo formale, in quanto è ovvio che l'”articolato” di un regolamento non può poi essere in contraddizione con i “considerando”, di cui costituisce la conseguenza logica.
Riporto per intero il testo del “considerando 36 ” : “E’ necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati.”
Il senso è evidente: si vuole evitare che l’essere vaccinati costituisca l’unico presupposto per il rilascio del “greepass” per la libera circolazione tra stati. A scanso di equivoci, si specifica che il regolamento, proprio perché non circoscrive il rilascio del green pass ai vaccinati, in nessun modo può essere invocato come fonte normativa comunitaria giustificante l’istituzione di un obbligo di vaccinazione contro il covid 19.
Se andiamo a esaminare l'”articolato”, ovvero la parte direttamente dispositiva del regolamento, scopriamo che essa è coerente con le affermazioni di principio del “considerando 36”. All’art 3 si stabilisce infatti chiaramente che l’attestato di vaccinazione non è l’unico presupposto per l’ottenimento del green pass, ma ad esso se ne affiancano altri due: l’attestato di guarigione e quello di negatività a un test antigenico.
Dunque, a tenore del considerando “36”, la normativa italiana sul greenpass” confliggerebbe col regolamento europeo se prevedesse come unica condizione per il rilascio del certificato una previa vaccinazione anticovid.
La legge 17 giugno 2021, n° 87, -richiamata da tutti gli altri provvedimenti che hanno stabilito e ampliato l’ambito di obbligatorietà del greenpass, da ultimo il già citato il decreto legge 2021/127 – regolamenta le condizioni previste in Italia per rilasciare il “greenpass”.
Ebbene, leggendola è facile scoprire che essa è esattamente ricalcata sull’art.3 del regolamento UE 2021/953. Ovvero in Italia il grenpass si rilascia per avvenuta vaccinazione, avvenuta guarigione e avvenuto test antigenico negativo.
Nessun contrasto, dunque.
Anticipo una possibile obiezione.
Il regolamento UE 2021/127 regolamenta l’uso del greenpass nella circolazione tra stati. E’ legittimo che lo Stato Italiano utilizzi questo strumento per limitare la circolazione interna dei propri cittadini?
Il “considerando 36” del provvedimento europeo si occupa espressamente del problema.
Lo riportiamo per esteso: “In conformità del diritto dell’Unione, gli Stati membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica. Tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica, come sottolineato nella raccomandazione (UE) 2020/1475. È necessario che tali limitazioni siano applicate conformemente ai principi generali del diritto dell’Unione, segnatamente la proporzionalità e la non discriminazione. Tutte le misure adottate dovrebbero pertanto essere strettamente limitate nella portata e nel tempo, in linea con gli sforzi volti a ripristinare la libera circolazione all’interno dell’Unione, e non dovrebbero andare al di là di quanto strettamente necessario per tutelare la salute pubblica. Tali misure dovrebbero inoltre essere coerenti con le misure adottate dall’Unione per garantire la circolazione libera e ininterrotta delle merci e dei servizi essenziali nel mercato interno, compresa la libera circolazione di forniture mediche e personale medico e sanitario, attraverso i valichi di frontiera di tipo «corsia verde» (green lane) di cui alla comunicazione della Commissione del 23 marzo 2020 sull’attuazione delle corsie verdi previste dagli orientamenti relativi alle misure per la gestione delle frontiere destinate a tutelare la salute e garantire la disponibilità di beni e servizi essenziali.”
Come si vede la UE, attraverso il pronunciamento del Parlamento europeo, lascia liberi gli Stati di adottare proprie misure pandemiche di limitazione alla pubblica circolazione, preoccupandosi solo che le stesse siano dettate da specifiche esigenze di tutela della salute collettiva in relazione al fine di contrastare la diffusione del covid 19 e strettamente legate al permanere dell’emergenza sanitaria.
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Come mi spiega allora il seguente articolo? Le riporto una frase scioccante: “da quanto si legge nella circolare del ministero della Salute, non sarà possibile ottenere il Green pass sulla base dei test antigenici salivari.”
Le lascio il link.
https://www.adnkronos.com/green-pass-tamponi-e-test-salivari-nuove-limitazioni_619rLssD9LlXLmHyhzBG8D/amp.html
Manca dal Sito del ministero della salute la parte “… o hanno scelto di non essere vaccinate”.
come da Rettifica del regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32021R0953R(01)
36) È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate,
per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il
vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o
perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non
essere vaccinate. Pertanto …».
Quindi ciò rende nullo il green-pass italiano e i relativi DL in quando non viene rilasciato per chi ha deciso di non vaccinarsi che deve sostenere un costo dei tamponi come dichiarato dallo stesso ministro Brunetta: https://www.ilcorriere.it/video/corriere-tv/55798/brunetta-ammette-che-il-green-pass-e-uno-geniale-strumento-di-cattiveria-del-governo-draghi-verso-gli-italiani.html
Buongiorno. Sul tipo di esame valevole al fine di ottenere il greenpass non resta che rimettersi alle decisioni governative, che devono essere scientificamente fondate
Non credo che la non gratuità del tampone possa comportare un contrasto tra la normativa italiana e il regolamento europeo sul greenpass.
Infatti il considerando n° 21 di quest’ultimo raccomanda “prezzi abbordabili” sia per il vaccino che per il tampone.