Patteggiano dodici mesi di reclusione con conversione della pena in multa i responsabili della pista da sci nella quale, morirono due persone a causa di barriere fuori norma. Il padre di una di loro, Camilla Compagnucci (di appena 9 anni), si sfoga: “Così me l’hanno uccisa due volte”. L’avvocato Domenico Musicco, consulente di Avisl Onlus: “Una cosa vergognosa, si applichino le regole dell’omicidio stradale”
Il servizio di Cronaca Vera in edicola dedicato alla vicenda
TORINO- Nessuno pagherà per la sua morte. A conti fatti, tutto si è risolto in una multa in denaro, una cosa troppo difficile da digerire per la famiglia, soprattutto se si pensa che la vittima aveva appena 9 anni. Il padre ha parole di amarezza dopo aver saputo del patteggiamento degli indagati: per l’incidente capitato alla figlia sulla pista da sci nessuno sconterà un solo giorno di prigione.
LA STORIA
Si chiamava Camilla Compagnucci. Nel gennaio 2019 va a sciare sulle piste della Vialattea, a Sestriere. E muore dopo aver sbattuto contro le barriere frangivento intorno alla pista. Un anno prima identico destino è toccato ad un ingegnere siciliano, Giovanni Bonaventura. Scoppia lo scandalo, la vicenda finisce sui giornali. Emerge che l’altezza della barriera contro cui si è schiantato l’ingegnere «era inferiore di circa un metro rispetto a quella progettata e le caratteristiche della stessa, oltre a renderla meno visibile in caso di spessori rilevanti del manto nevoso in pista, facevano sì che il corpo della vittima si ribaltasse oltre il manufatto». Nell’indagine finiscono i vertici della società sciistica e il capo d’imputazione è piuttosto chiaro: «La morte dei due sciatori è stata dettata da negligenza, imperizia e imprudenza». Per l’accusa i responsabili della società avrebbero dovuto «proteggere gli utenti dagli ostacoli lungo le piste mediante l’utilizzo di adeguate protezioni e la segnalazione di situazioni di pericolo».
PATTEGGIAMENTO
Davanti al giudice finiscono Giovanni Brasso, presidente del cda della Sestrieres Spa, Alessandro Perron Cabus, e Alessandro Moschini direttore tecnico. Ci sono due morti di mezzo, ma la legge è inflessibile. E quando i tre chiedono di patteggiare, il giudice Maria Francesca Abenavoli ne accoglie le richieste, con parere favorevole del pm: patteggiano sei mesi per ognuna delle due morti, ossia 12 mesi a testa. Ma con la conversione in pena pecuniaria: 90mila euro a testa da versare allo Stato. Una quarta persona, Vittorio Salusso, procuratore della Sestrieres spa, che ha invece scelto il rito abbreviato. Per la morte di Camilla il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione, essendo la barriera frangivento montata a 9 metri dalla pista, e non da tre, e il montante coperto da un materasso. Per la morte dell’ingegnere rischia invece una condanna a otto mesi di carcere. Il padre di Camilla, Francesco Compagnucci, che è stato finora risarcito con una cifra vicino ai 300mila euro dalla sola assicurazione, non nasconde la sua rabbia e a Repubblica dice: «Ce l’hanno ammazzata un’altra volta. La morte ti crea un senso di impotenza e oggi proviamo la stessa angoscia. Non può chiudersi con una multa una vicenda così: questo non è un furto, è un duplice omicidio». L’uomo ha dedicato un’associazione, “I sogni di Camilla” e un’area giochi a Roma. E già lo scorso marzo aveva manifestato amarezza per la piega che stava prendendo l’indagine, diretta al patteggiamento e alla sola pena pecuniaria: «Ci sono rimasto male. Questo significa che con il denaro si può comprare tutto, anche la responsabilità per la morte di una bambina. sarebbe come dare il via libera a chi pensa che un operato irresponsabile al massimo viene punito con una multa».
L’avvocato Domenico Musicco, consulente legale di Avisl Onlus
COME UN OMICIDIO STRADALE
Le parole di Compagnucci trovano la sponda nell’avvocato Domenico Musicco, consulente dell’associazione Avisl Onlus (Associazione vittime di incidenti stradali, del lavoro e malasanità) e opinionista televisivo: «Abbiamo purtroppo assistito molte volte in passato a queste decisioni per incidenti stradali mortali, prima che entrasse in vigore la legge sull’omicidio stradale. Credo semplicemente che sia vergognoso che per fatti di tale gravità nessuno paghi realmente per le proprie responsabilità e tutto si riduca essenzialmente al pagamento di una multa. È evidente che ci siano dei buchi normativi da colmare, perché non esistono vittime di serie A e serie B. Da tempo infatti chiedo che le stesse regole applicate all’omicidio stradale siano estese agli incidenti sugli sci e al codice della navigazione, ovvero laddove sussistano concrete responsabilità di chi potrebbe evitare i sinistri. Non a caso per due episodi mortali a Roma causati dalle buche, quelli di Elena Aubry e Luca Tosi Brandi, abbiamo ottenuto l’estensione dell’accusa di omicidio stradale a chi si doveva occupare della manutenzione dell’asfalto. Credo anche, in questo senso, che debba cambiare la cultura di parte della magistratura di fronte a fatti del genere: è infatti di ogni evidenza che la sensazione di chiunque è che non si sia fatta giustizia».
(Da Cronaca Vera in edicola)