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Chi era Jack lo Squartatore? Il mistero in un thriller – Un capitolo in esclusiva

Un capitolo in esclusiva da "Sherlock Holmes, Auguste Dupin e la fine dello Squartatore"

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Chi era Jack lo Squartatore? Il giallista Rino Casazza ne romanza i delitti negli ultimi suoi due thriller apocrifi su Sherlock Holmes, in cui il grande investigatore viene affiancato da Auguste Dupin. Su Fronte del Blog un capitolo in esclusiva. E i video sulla ricostruzione storica dei fatti: un dialogo tra Rino Casazza e Gian Luca Margheriti, autore de “Lettere dall’inferno: la vera storia di Jack lo Squartatore”

 

Ancora per pochi giorni in edicola per I gialli di Crimen “Sherlock Holmes, Auguste Dupin e la fine dello Squartore”, disponibile in cartaceo sul sito di Teaserlab , e in digitale per Algama. Per l’occasione, due video in cui, con il contributo di Gian Luca Margheriti, esperto della vicenda di “Jack lo Squartatore”, cui ha dedicato il saggio Lettere dall’inferno: la vera storia di Jack lo Squartatore, vengono sviscerate le soluzioni avanzate dal 1888 ad oggi ad uno degli enigmi più appassionanti, ancora irrisolto, della storia del crimine: l’identità serial killer che alla fine dell’800 seminò il panico nei quartieri popolari di Londra con i suoi delitti efferati. Di seguito un capitolo in esclusiva di “Sherlock Holmes, Auguste Dupin e la fine dello Squartatore”, che propone una soluzione in chiave narrativa

 

 

 

DA; SHERLOCK HOLMES, AUGUSTE DUPIN E LA FINE DELLO SQUARTATORE

 

Le fatiche di Robinson: gli appostamenti non finiscono mai

Londra, Berner Street, 22 ottobre 1888, ore 22.

Albert Robinson stava sperimentando per la prima volta la fatica dell’investigatore.

Fino ad allora era abituato troppo bene per aver partecipato solo alle indagini del Cavaliere di quarant’anni prima.

Nei tre casi più famosi, il suo amico era giunto alla soluzione per via speculativa, senza doversi sporcare le mani.

Nell’inchiesta sui delitti della Rue Morgue, si era limitato a interpretare interrogatori e sopralluoghi svolti dalla polizia.

Per la sparizione e alla morte di Marie Roget, aveva ricostruito i fatti basandosi su resoconti giornalistici.

Quanto all’indagine sulla lettera rubata, ne era venuto a capo grazie ad una sottile conoscenza della psicologia umana.

Negli anni successivi, prima di laurearsi e tornare negli Stati Uniti,  Robinson aveva affiancato il suo amico in un’altra decina di indagini di minor risonanza.

Tutti casi  in cui i committenti avevano preferito incaricare Dupin, oramai divenuto celebre, bypassando la polizia.  Lui  e il Cavaliere avevano dovuto lavorare su un terreno vergine, raccogliendo da soli le prove necessarie alla soluzione.

Tuttavia questa parte operativa, senz’altro la più noiosa, non aveva richiesto  grande dispendio di energie.

In prevalenza si era trattato di colloqui con le persone coinvolte. Più raramente, di osservazioni dirette.

Il metodo investigativo del suo amico  era basato essenzialmente sulla riflessione.

Spesso, gli aveva sentito dire che la logica era  “connaturata alle cose”. Non era necessario conoscere in dettaglio i fatti per capire come si erano svolti, bastava afferrarne il senso profondo.

L’inchiesta sullo “squartatore” era la prima in cui avevano avuto bisogno di procurarsi, con impegnativi sforzi, tutta la materia su cui esercitare la parte intellettuale del lavoro di detective, quella che il suo amico chiamava “interpretazione analitica”.

Non poteva essere diversamente, visto che l’indagine doveva svolgersi in totale incognito.

Robinson  incominciava a mettere in dubbio quel proposito. Forse sarebbe stato meglio unire le forze con la polizia. In  difficoltà come essa era, avrebbe accolto con favore la loro collaborazione.

Avrebbero così avuto accesso a molte informazioni utili ora precluse ma soprattutto avrebbero potuto valersi, per  il “lavoro sporco” finora destinato a lui e a Watson, di adeguati rinforzi.

La replica di Dupin era stata secca:  «Assolutamente no, Albert.  La polizia è, e continuerà ad essere chissà per quanto tempo, d’intralcio ad una efficace investigazione»

Robinson aveva preso atto di quel diniego, anche se, sapendolo condiviso da Holmes,  gli rimaneva il sospetto che i due detective non ne volessero sapere di uscire allo scoperto perché consideravano affar loro  quell’inchiesta.

Dopo le laboriose  indagini retrospettive sui primi delitti, erano venuti i lunghi e monotoni appostamenti notturni, e poi la ricerca, altrettanto complicata, del  “poliziotto assassino” e del “falso testimone”.

Per la verità Robinson, convinto che gli fosse toccata la pista decisiva, confidava che questa fase dell’inchiesta  si concludesse presto con successo.

La fatica nel rintracciare Alfred Long non lo aveva disturbato più di tanto. Stabilito che quest’ultimo non era il maniaco, il colpevole non poteva che essere l’altro poliziotto.

Purtroppo, indagare sull’ agente William Smith  si era rivelato tutt’altro che semplice. Watson si doleva delle difficoltà che incontrava a chiarire la posizione di Israel Schwartz, ma lui stava penando ancora di più.

Eppure era partito col piede giusto.

Prima di congedarsi  da Alfred Long aveva approfittato della familiarità creatasi tra di loro per chiedergli dove poteva rintracciare Smith. Non c’era nulla di strano se anche questi, primo membro della polizia richiamato sul luogo del delitto di Berner Street,  suscitasse l’interesse di uno straniero “cacciatore di autografi” di poliziotti in prima linea nella caccia allo squartatore.

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Long l’aveva accontentato di buon grado. Non conosceva Smith personalmente, ma sapeva che, dopo aver prestato servizio a Withechapel ovest, lo avevano assegnato a Spitafield.

Un ottimo inizio. Il perimetro della ricerca era ristretto.

La foto di Smith era nota, per cui contava di intercettarlo facilmente girando per Spitafield.

Si illudeva.

Questo quartiere, sede del più grande mercato dell’East End, era un vero porto di mare.

Dopo tre giorni di inutile girovagare, il problema di accelerare la ricerca si era ripresentato. Il Cavaliere e Holmes continuavano a predicare pazienza, ma Robinson non condivideva il loro attendismo.

Checché ne dicessero,  più i giorni passavano e più il rischio di un nuovo delitto aumentava.    Dovevano assolutamente evitare il sacrificio di un’altra poveretta.

Era anche vero che che questa volta esporsi era più pericoloso che nel caso di Alfred Long.

Avendo a che fare col vero “squartatore”, il pericolo che si accorgesse di essere sotto osservazione era più grande.

Poi, il caso lo aveva favorito.

Mentre passeggiava per il mercato, gli era giunta all’orecchio  la voce squillante  di un giovane venditore che invitava il pubblico alla sua bancarella in modo inconfondibile: “qui per voi i fiori più belli dell’East End: piacciono anche a Jack!!”

Costui corrispondeva inequivocabilmente alla descrizione che Watson aveva fatto del  figlio di Mattew Packer.

Quel ragazzo così sveglio dopo aver aiutato il dottore poteva dare una mano anche a lui.

Si era avvicinato alla bancarella e, seguendo l’esempio dell’aiutante Holmes, aveva attaccato discorso  chiedendo il perché di quel curioso richiamo.

Sperava che il giovane Packer, frequentando il mercato di Spitafield, sapesse come rintracciare in quel quartiere il poliziotto, di certo a lui noto, che aveva, come il padre, visto lo “squartatore” a passeggio con Liz la lunga per Berner Street.

Robinson aveva fatto centro.

Il giovane Packer gli aveva rivelato di aver incontrato l’agente Smith nella zona tra Clavin Street e Quaker Street. Inoltre, sapeva, attraverso il genitore, che il poliziotto abitava in Bishopgate Street, era vedovo e aveva un figlio di una trentina d’anni, che lavorava al porto.

Il luogo di residenza di Smith e la sua situazione famigliare ne facevano un candidato ideale come “squartatore”.

Da Bishopsgate Street avrebbe potuto agevolmente raggiungere tutti i luoghi dei delitti, all’insaputa del figlio. Conducendo vita autonoma, i due dovevano essere abituati alle reciproche assenze da casa.

Robinson pensava di aver fatto un grande passo avanti, ma ben presto si era accorto che non era così.

Innanzitutto, con una certa sorpresa, sia Holmes che Dupin non avevano attribuito un’importanza decisiva alle sue scoperte su Smith.

E dire che lui si aspettava addirittura di essere affiancato, per intensificare le indagini su costui, anche da Watson. Di fronte ad una svolta tanto significativa, era del tutto naturale concentrare le forze.

«Hai lavorato molto bene, Albert» aveva detto il Cavaliere  «ma bisogna riconoscere che Israel Swartz continua ad avere tutte le carte in regola come “squartatore”.

«Io andrei oltre.» aveva rincarato Holmes  «Swartz è molto più sospetto di Smith. »

«Non direi proprio.» aveva obiettato Robinson «Swartz si espone fin troppo nella sua testimonianza. Tutti quei dettagli sul comportamento dell’omicida e della vittima… E poi riferire la presenza sul posto di un’altra misteriosa persona… Se l’assassino è lui, gli sarebbe convenuto mantenersi sul vago, come ha fatto Smith sostenendo di aver incontrato due persone che passeggiavano tranquillamente…»

«Se per questo, il racconto di Swartz » aveva chiosato il Cavaliere «risulta più credibile proprio perché elaborato.»

Insomma: Robinson aveva dovuto fare di nuovo  i conti con l’estrema e persino eccessiva cautela dei due capi della “squadra”, che non intendevano abbandonare nessuna delle due piste.

Tutto sommato, poco male.

Poiché rimaneva convinto che Smith fosse il giusto bersaglio,  si trattava solo di trovare la maniera migliore per incastrarlo.

Adesso che sapeva la via dove abitava, la prima cosa da fare era scoprire l’indirizzo esatto, concentrandosi  nel raccogliere informazioni su di lui nei dintorni di casa.

Qualcosa di sicuro sarebbe dovuto venir fuori.

Impossibile che, mettendola sotto stretto controllo, l’apparenza normale del maniaco  non mostrasse crepe.

Dupin e Holmes avevano approvato, raccomandandogli ancora una volta di muoversi coi piedi di piombo. Nessuno doveva accorgersi che lui si era messo alle calcagna dell’insospettabile poliziotto.

Be’, fino ad allora non li aveva delusi, e riteneva di poter continuare a dare buona prova di sé.

Che né William Smith né la gente di Bishopgate Street avessero avuto modo di sospettare di lui, era  assolutamente certo.

Solo che ciò non dipendeva dalla sua abilità.

Non ce n’era stato il tempo.

Dopo un paio di giorni inconcludenti in cui aveva dubitato che la fiducia in lui fosse mal riposta, era giunto un inatteso controordine.

Quello per cui adesso era in tutt’altra parte di Londra a far la posta al  vero sospetto.

Colui che secondo il Cavaliere era lo “squartatore”.

Rino Casazza

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Rino Casazza

Rino Casazza è nato a Sarzana, in provincia di La Spezia, nel 1958. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Pisa, si è trasferito in Lombardia. Attualmente risiede a Bergamo e lavora al Teatro alla Scala Di Milano. Ha pubblicato un numero imprecisabile di racconti e 15 romanzi che svariano in tutti i filoni della narrativa di genere, tra cui diversi apocrifi in cui rivivono come protagonisti, in coppia, alcuni dei grandi detective della letteratura poliziesca. Il più recente è "Sherlock Holmes tra ladri e reverendi", uscito in edicola nella collana “I gialli di Crimen” e in ebook per Algama. In collaborazione con Daniele Cambiaso, ha pubblicato Nora una donna, Eclissi edizioni, 2015, La logica del burattinaio, Edizioni della Goccia, 2016, L’angelo di Caporetto, 2017, uscito in allegato al Giornale nella collana "Romanzi storici", e il libro per ragazzi Lara e il diario nascosto, Fratelli Frilli, 2018. Nel settembre 2021, è uscito "Apparizioni pericolose", edizioni Golem. In collaborazione con Fiorella Borin ha pubblicato tre racconti tra il noir e il giallo: Onore al Dio Sobek, Algama 2020, Il cuore della dark lady, 2020, e lo Smembratore dell'Adda, 2021, entrambi per Delos Digital Ne Il serial killer sbagliato, Algama, 2020 ha riproposto, con una soluzione alternativa a quella storica, il caso del "Mostro di Sarzana, mentre nel fantathriller Al tempo del Mostro, Algama 2020, ha raccontato quello del "Mostro di Firenze". A novembre 2020, è uscito, per Algama, il thriller Quelle notti sadiche.

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