Su Fonte del Blog la pericolosità del diffondersi del contagio provocato dal nuovo virus Sars Cov2 è stata messa in rilievo fin dall’inizio dell’epidemia, nel febbraio 2020, quando l’allarme non era avvertito da tutti e c’erano persino esperti in medicina che sostenevano trattarsi nulla più che di una normale influenza, facevano speciose distinzioni tra morti “per” e morti “con” il virus e snobbavano l’uso della mascherina protettiva.
Ma la posizione negazionista o minimizzatrice della pandemia ha attraversato tutto lo scorso anno, e ancora oggi è viva tra la gente.
Il “nocovid” pensa che l’effetto negativo del contagio sia stato artatamente esagerato, o addirittura inventato per raggiungere altri scopi.
Tutti ricordiamo che , durante il “lockdown” più duro, con pesanti limitazioni alla libertà di circolazione, i nocovid sostenevano che quello sarebbe stato solo l’inizio di un processo che avrebbe portato ad un regime autoritario.
Smentito dall’allentamento del “lookdown”, il “negazionismo” ha battuto altre strade assumendo il già noto volto dell'”antivaccinismo”. Si è cominciato a sostenere, infatti, che la pandemia sarebbe un pretesto per lanciare una campagna vaccinale su vasta scala che, ben lungi dal voler contrastare un contagio che in realtà non esiste, avrebbe come scopo quello di permettere alle case farmaceutiche di realizzare enormi guadagni con la commercializzazione dei vaccini. Taluni vanno addirittura oltre, sostenendo che i vaccini mirerebbero a provocare insidiose mutazioni genetiche, o sarebbero il veicolo per introdurre nel corpo dei vaccinati aggeggi in miniatura non meglio identificati, destinati a controllarne e/o condizionarne la vita.
Poiché, comunque, la vaccinazione di massa, effettivamente iniziata alla fine del 2020, non era, e ancora non è, obbligatoria, l'”antivaccinismo” sta incrudendo in questi giorni, con l’introduzione del cosiddetto “greenpass” che costringe i non vaccinati a sottoporsi al test clinico del tampone per accedere a determinati luoghi o manifestazioni a rischio di contagio per la difficoltà di mantenere le distanze di sicurezza.
Essendo oramai archiviato il 2020, e disponibili i dati statistici sull’andamento dei principali fenomeni collettivi in quest’anno travagliato, viene da chiedersi se la “querelle” sull’effettività o meno della pandemia possa trovare una soluzione obiettiva nella loro lettura.
Ebbene, secondo un report dell’ISTAT , l’analisi della mortalità complessiva in Italia nel quinquennio 2015/2020 evidenzia un picco anomalo nel 2020, in diretta correlazione con la pandemia.
La media dei decessi totali nel nostro paese dal 2015 al 2019, infatti, è pari a circa 650.000. Nel 2020, improvvisamente, sono saliti alla cifra di 750.000 circa, con un incremento del 15,6% che, secondo calcoli più approfonditi, sarebbe ancora maggiore ( 21%).
La pandemia, insomma, ha aggiunto circa 100.000 morti a quelli attesi secondo l’andamento storico.
Per dare un’ idea sulle dimensioni di questo drammatico “surplus”, basta prendere i dati sulle vittime civili italiane della Seconda Guerra Mondiale. Nei cinque anni del conflitto bellico morirono circa 150.000 nostri connazionali non appartenenti alle forze armate.
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