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Il Papu Gomez e Mister Gasperini, per la serie c’eravamo tanto amati, tornano sul clamoroso addio

Botta e risposta, a distanza di tempo, tra l'ex capitano della Dea e il trainer

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E’ davvero difficile dirsi addio senza rancore e con equilibrio? Sembra proprio di sì. E il calcio non fa eccezione. Ergo, a suffragio di tale ipotesi, torniamo così per vedere l’effetto che fa, al divorzio tra il fantasista Gomez e l’Atalanta.

Sì perchè dopo poco più di 6 mesi dall’addio all’Atalanta, il ‘Papu’ Gomez, per la serie c’eravamo tanto amati, è tornato sui motivi della separazione con il club nerazzurro: “Ho dovuto lasciare il club perché aspettavo delle scuse dall’allenatore che non sono mai arrivate – le sue parole a La Nacion – Su una cosa avevo sbagliato, perché in Champions League contro il Midtjylland non avevo rispettato un’indicazione tattica. Gasperini mi chiese di giocare a destra, mentre io giocavo molto bene a sinistra e dissi di no. Era normale che all’intervallo mi tirasse fuori ma, successivamente, negli spogliatoio sbagliò, oltrepassando il limite e cercando di aggredirmi. Ci si può scontrare ok, ma quando c’è un’aggressione fisica è intollerabile. Così ho chiesto un incontro con Percassi, gli ho detto che non avevo problemi a continuare accettando di aver sbagliato. Da capitano non mi ero comportato bene, ero stato di cattivo esempio per la squadra. Ma dissi al presidente di pretendere anche le scuse dell’allenatore e che lui non avrebbe dovuto accettare che l’allenatore stesso avesse provato ad aggredire un giocatore. Il giorno dopo ci fu un incontro con la squadra, io chiesi scusa ma Gasperini non fece lo stesso. Allora come dovevo intendere quel gesto? Che io avevo sbagliato mentre lui no? Da lì iniziò tutto. Dopo qualche giorno andai da Percassi dicendogli che non volevo continuare a lavorare con Gasperini, lui mi rispose dicendomi che non mi avrebbe lasciato andare. Da lì è iniziato il tiro alla fune e a pagare sono stato io, allenandomi prima con le riserve e poi lasciando l’Atalanta. È stato brutto perché sono stato scaricato dopo 7 anni dopo tutto quello che ho dato al club. Si sono comportati male, il presidente non ha avuto le p…. per chiedere all’allenatore di scusarsi con me. Questo avrebbe chiuso tutto, ma invece entrambi hanno continuato e sono stati cattivi con me. Anche perché da quel momento mi hanno chiuso le porte del calcio italiano, non volevano darmi a nessun club di Serie A. Arrivavano offerte dall’Arabia Saudita e dagli Stati Uniti e mi volevano vendere lì per n on rinforzare una squadra rivale. Non potevo accettarlo, ero stato il miglior centrocampista della Serie A. Poi fortunatamente è arrivato il Siviglia. La vera delusione quindi è stata la proprietà dopo tanti anni passati insieme e con il rapporto di fiducia che avevamo instaurato. Abbiamo condiviso tante belle cose insieme anche al di fuori dal campo, che poi abbiamo buttato via e questo mi ha ferito. Credo sia andata così per motivi economici. Sanno che Gasperini è uno dei migliori allenatori d’Europa, sanno che il suo lavoro aggiunge valore alla rosa e fa vendere giocatori. Quindi hanno preferito andare avanti con lui perché porta tanti soldi al club”.

Immediata è arrivata la replica dell’allenatore dell’Atalanta: “I comportamenti e gli atteggiamenti di Gomez, in campo e fuori, erano diventati inaccettabili per me e per i compagni. L’aggressione fisica è stata sua, non mia, ma il vero motivo per cui è andato via da Bergamo è per aver gravemente mancato di rispetto ai proprietari del club. Mi auguro che Gomez possa continuare a far parlare di sé con le prestazioni, come faceva all’Atalanta”, ha dichiarato Gasperini a La Gazzetta dello Sport.

 

Insomma… quando una coppia scoppia, il rumore non finisce mai, no?
Stefano Mauri

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Stefano Mauri

Stefano Mauri nato a Crema nel gennaio 1975, mese freddo e nebbioso per eccellenza. E forse anche per questo, per provare a guardare oltre la nebbia e per andare oltre le apparenze, con i suoi scritti prova a provocare, provocare per ... illuminare. Giornalista Free Lance, Sommelier, Food and Wine Lover, lettore accanito, poeta e Pierre appassionato, Stefano Mauri vive, lavora, scrive, degusta, beve e mangia un po' dappertutto. E ovunque si prefigge lo scopo di accendere se non una luce, beh almeno un lumino, che niente è come sembra, niente. Oltre a collaborazioni col mondo (il virtuale resta una buona strada, ma non è La Strada) web, Stefano Mauri, juventino postromantico e calciofilo disincantato, collabora con televisioni, radio e giornali più o meno locali. Il suo motto? Guardiamo oltre, che dietro le apparenze si cela il vero mondo.

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