E’ su tutte le piattaforme digitali, per Algama, la versione ebook di Sherlock Holmes, Auguste Dupin e la fine dello Squartatore, in edicola sino alla fine di agosto per “I gialli di Crimen”. Si conclude l’indagine “apocrifa” condotta in coppia dal maestro dell’investigazione e il suo più celebrato allievo per far luce sui delitti del terribile serial killer londinese di fine 800. Con un racconto che inaugura il confronto “stellare” tra Sherlock Holmes e Arsène Lupin
Nei mesi di maggio e giugno è uscito in edicola, nel volume 18 de “I Gialli di Crimen”, “Sherlock Holmes, Auguste Dupin e la verità sullo Squartatore”, (oggi disponibile in cartaceo qui oltre che in ebook per ALGAMA).
Da inizio luglio sino alla fine di agosto il numero 19 dei “I Gialli di Crimen” propone in edicola il seguito Sherlock Holmes, Auguste Dupin e la fine dello Squartatore, ora disponibile anche in versione digitale, sempre per ALGAMA.
L’inedita ma predestinata coppia formata dal primo detective moderno della storia letteraria, Dupin, e dal suo allievo più prestigioso, Holmes, è chiamata a portare a compimento l’inchiesta più importante della carriera di entrambi, che dovrà condurli ad assicurare alla giustizia l’efferato “squartatore” di Whitechapel.
Si tratta, evidentemente, di una rivisitazione in chiave fiction di una vicenda reale ma, al netto della presenza di due personaggi immaginari, creati dalla penna dell’americano E.A. Poe e dell’inglese A.C. Doyle, aspira ad essere plausibile. Anche perché i fatti relativi ai delitti di “Jack the Ripper” vengono descritti con attinenza alle fonti storiche, bastandosi sull’approfondito e documentato saggio di Gian Luca Margheriti “Lettere dall’inferno: la vera storia di Jack lo Squartatore“. Margheriti è anche autore dell’articolata “postfazione” al romanzo, contenuta del volume.
Sull’argomento di “Jack lo Squartatore” e dei suoi possibili legami col personaggio di Sherlock Holmes e con la figura di Doyle, padre di Holmes, rimando alla videointervista ( vedi sotto) rilasciata a Francesco Fanara del gruppo di appassionati “sherlockolmiani” La filosofia di Sherlock Holmes.
Il numero 19 dei gialli di Crimen contiene, in appendice un novità: una racconto che mette a confronto, per la prima volta, il personaggio mitico di Sherlock Holmes con uno forse altrettanto leggendario: “Arsène Lupin”, il “ladro gentiluomo”. Anche di questo racconto alla fine del post troverete un assaggio.
Chi ha la mia età ricorda bene la serie televisiva che, alla fine degli anni 70, fece conoscere ed amare in Italia il personaggio dello scrittore francese Maurice Leblanc, interpretato da uno degli attori più bravi ed raffinati del cinema francese: George Descrieres.
Sherlock Holmes, Auguste Dupin e la fine dello Squartatore: l’incredibile soluzione del caso
Come per le altre figure letterarie che ho affiancato a Sherlock Holmes, anche Lupin è pressappoco contemporaneo del detective di Backer Street: la prima avventura del ladro gentiluomo è, infatti, del 1905, mentre il primo romanzo con Holmes esce nel 1887.
I due abitavano particolarmente vicini, divisi in pratica solo dal canale della Manica, visto che il teatro delle gesta di Lupin è la Normandia.
Potrà sembrare strano che nessuno abbia mai pensato di far incontrare il re degli investigatori e i re dei ladri, ed infatti non è proprio così.
Fu lo stesso Leblanc a proporre questo scontro al vertice, contrapponendo in alcuni racconti al suo personaggio un investigatore inglese di nome “Herlock Sholmes”, evidentemente ispirato al detective di Conan Doyle.
Non risulta che Doyle si sia mai offeso, e neanche preoccupato, per questo “plagio”. Qualche ragione, effettivamente, l’avrebbe avuta, se si pensa che Leblanc, pur attribuendo al suo “Sholmes” grande abilità investigative, finisce sempre per farlo soccombere di fronte a Lupin, talora rimanendo gabbato in modo non troppo onorevole.
Per quanto mi riguarda la penso diversamente dallo scrittore francese. Holmes e Lupin non devono considerarsi soltanto due eccellenze nel fronte contrapposto di tutori dell’ordine e malviventi, ma eroi positivi entrambi, non unicamente Holmes che sta dalla parte della legge.
Lupin, infatti, commette sì reati rubando, ma attraverso piani criminosi di artistica genialità. Poi ruba ai ricchi, per sbeffeggiarli o addirittura punirne l’egoismo e l’avidità. Inoltre, si rifiuta di ricorrere alla violenza. Il massimo cui arriva, e solo se è indispensabile, è assestare qualche botta in testa senza conseguenze a chi, tra la polizia o tra le vittime, intralcia la realizzazione dei suoi colpi.
Uccidere, e ne fa un vanto, mai. Per questo motivo le avventure che li vedono l’uno contro l’altro non possono che avere natura di duello cavalleresco, in cui è in palio la palma del più intelligente e/o astuto. Holmes non si batte in nome dell’astratta potestà della legge, e Lupin non compete per imporre la sua morale anarchica di criminale. Il loro obiettivo è dimostrarsi migliore.
Se Holmes riuscirà a catturare Lupin, lo farà con dispiacere. Esattamente come Lupin, se riuscirà a sfuggire al suo grande avversario, non vorrà mai che la società ne tragga un vero danno.
Da SHERLOCK HOLMES, AUGUSTE DUPIN E LA FINE DELLO SQUARTATORE
Le fatiche di Robinson: Paul Red e il poliziotto beniaminoLondra, Mile End Road, 8 ottobre 1888, pomeriggioRobinson si accorse da lontano, ben prima di poterne riconoscere i lineamenti, che quella figura in divisa della Polizia Metropolitana era il suo uomo.Alle 17 i marciapiedi di Mile End Road erano affollati, e balzava agli occhi che quel “bobby” procedeva in un corridoio lasciatogli libero dagli altri passanti. Molti di essi si soffermavano a salutarlo, e lui rispondeva un po’ impacciato ma affabile.Di solito la gente di quei quartieri si teneva alla larga dai poliziotti. Non di rado li aveva visti camminare nell’ampio vuoto che , per isolarli, la folla faceva tutt’intorno.Nei confronti di quell’agente, invece, il popolo di Miles End mostrava grande simpatia, mettendo da parte la diffidenza verso un’autorità considerata lontana e tendenzialmente non amica.Ma non bisognava sbagliarsi.Tra la base dell’East End e la polizia metropolitana, grazie al buon esempio di singoli membri, era in atto al massimo una tregua. Se la caccia allo “squartatore”, per adesso inconcludente, non avesse portato rapidi frutti, il malumore popolare sarebbe straripato, travolgendo lo stesso Long.In effetti, era imbarazzante che la capitale economica e finanziaria del mondo occidentale, quale doveva a tutti gli effetti considerarsi Londra, fosse sotto scacco di un brutale assassino che si faceva beffe della mobilitazione in grande stile delle forze di pubblica sicurezza.Il giorno prima si era verificato un episodio significativo: l’ispettore capo Walter Dew, un funzionario rispettato, era riuscito ad evitare a fatica il linciaggio di un malvivente che stava inseguendo per le strade di Spitafield. La folla, suggestionata dalla situazione, lo aveva scambiato per “Jack” in fuga.Il clima in città era teso vicino al punto di rottura.Robinson accantonò quei pensieri pessimistici per avvicinarsi a Long.Aveva deciso di bandire infingimenti. Gli avrebbe detto la verità, ovvero tutta quella che era possibile.Si sarebbe presentato come un turista americano, di nome Paul Red, rimasto colpito dal ruolo svolto dal poliziotto nella “notte maledetta”.Avrebbe attaccato bottone cercando di farsi raccontare l’esperienza.Confidava che Long, orgoglioso per la considerazione che gli riservava uno straniero, potesse sbottonarsi al di là degli obblighi di riservatezza nelle questioni di servizio.Prima di puntare verso di lui con un gran sorriso, dicendogli: «Agente Long! Che onore!», Robinson si soffermò a osservarlo. Era un uomo sulla quarantina, ben piantato. Possedeva senz’altro il vigore per commettere le efferatezze dello “squartatore” ma bastava un’occhiata per escludere di trovarsi innanzi a un pazzo assassino.Robinson non era minimamente sfiorato dal dubbio di lasciarsi fuorviare dal pregiudizio che nutriva verso William Smith, l’altro agente sospetto.Secondo quanto sosteneva il Cavaliere, un serial killer poteva riuscire a mascherare la sua perversa natura, ma Long aveva l’aria, severa e un po’ rigida, del poliziotto nato. Il classico tipo di cui, anche in abiti civili, chiunque indovinerebbe il mestiere, senza bisogno di scomodare Dupin o Holmes. «Buon giorno!» rispose, portando la mano alla visiera nel saluto regolamentare «La ringrazio ma la sua stima è esagerata.»«Assolutamente no! È lei che è troppo modesto. Mi permetta di presentarmi: Paul Red, di Boston, negli Stati Uniti. Si lasci dire che io sarei felicissimo se il servizio di polizia della mia città avesse tutti membri come lei!» «Sono sicuro che i miei colleghi d’oltre oceano sanno fare benissimo il loro lavoro. Eppoi io non ho compiuto una particolare impresa…»L’umiltà dell’agente non sembrava retorica. Essere al centro dell’attenzione lo lusingava, ma riusciva a dare le giuste dimensioni al suo successo, amplificato dalla fame di buone notizie riguardo allo “squartatore”.«Quel pezzo di stoffa e quella scritta murale sono sulla bocca di tutti,» proseguì «ma, onestamente, avrebbe potuto trovarli anche un collega. In quel momento non ero il solo poliziotto che girava per le strade in cerca di tracce dell’assassino. Ho avuto la fortuna di passare per primo nel posto giusto.»Robinson lo trovava un modo obiettivo di descrivere la situazione, ma insisté nelle lodi sperticate.«Non credo. Lei ha mostrato fiuto e colpo d’occhio non comuni!»«La ringrazio ancora, signor Red, e lo prendo come un complimento rivolto a tutta la polizia metropolitana. Io spero soprattutto che quando ho trovato serva a catturare questo mostro… I nostri capi sono bravi e riusciranno certo a farlo fruttare… Comunque, ribadisco che io ho fatto soltanto il mio dovere, aiutato dal caso… Pensi che non dovevo nemmeno trovarmi in servizio a Whitechapel ovest»Questo sì che era interessante! «Davvero?»«Certo! Io sono assegnato a questa zona di Mile End. La conosco così bene, ormai, che ci ho preso casa. Solo sporadicamente mi spostano in altri luoghi dell’East End. »«Ma è uno spreco! Dovrebbero destinarla in pianta stabile alla caccia all’assassino!»«Sempre troppo gentile. Ma, gliel’ho detto, sono solo un semplice agente… Non è detto che se mi fossi trovato a Whitechapel nelle notti degli altri due delitti avrei contribuito alle indagini meglio di chi c’era!»Robinson fece una faccia stupita. “Un momento!” pensava “Questo sta dicendo che…”«Ho prestato servizio in quel quartiere» proseguì Long «altre due volte nell’ultimo mese, ma non è mai successo nulla.»Robinson era passato in un attimo dallo stupore all’euforia, ingiustificata agli occhi del poliziotto, che ne rimase interdetto.Il gentiluomo americano, mentre tra sé e sé si diceva “Se tu sei “Jack lo squartatore, mio caro, io sono la regina d’Inghilterra!”, mise la mano in tasca per estrarne un taccuino e una penna.«Me lo fa un autografo?» chiese, giustificando tutta quell’improvvisa contentezza con la soddisfazione di portare in America il souvenir.
Da SHERLOCK HOLMES CONTRO ARSÈNE LUPIN: PRIMO ROUND
Preso infine il volume che gli interessava, Holmes tornò dall’ospite.«Ecco» disse, porgendoglielo. «Sono “Le avventure di Arsène Lupin” scritte dal suo conterraneo Maurice Leblanc. Non mi dica che non le conosce.»«Come no. Sono il resoconto delle malefatte di un delinquente cui finora è andata bene nel perpetrare furti in Normandia. Se vuole la mia opinione, il biografo esagera molto sulla sua abilità, e quel che riferisce è di sicuro in massima parte romanzato.»«Temo che il suo caso dimostri il contrario.» replicò Holmes.Era sicuro che dietro la sparizione del gioiello del marchese si celasse la mano di Arsène Lupin. Il criminale era conosciuto come “ladro gentiluomo” poiché compiva i suoi furti, di pura destrezza, senza ricorso alla violenza, per gusto della sfida spettacolare, non per arricchirsi. A quanto si sapeva, era già molto ricco di nascita. Amava sottrarre valori e oggetti preziosi a personaggi facoltosi a mo’ di giustizia compensativa, meglio ancora se i suoi bersagli oltre ad essere milionari, erano di moralità discutibile o comunque antipatici.Il marchese Philippe rientrava in questo profilo.«Lei pensa che… No guardi, è proprio impossibile. Le ho già spiegato che nessuno sapeva quando sarei venuto a Londra per acquistare un anello, e nemmeno se sarei venuto proprio qui. Ottimi gioiellieri non mancano in Francia o in altre nazioni vicine.»“Come al solito supponente”, considerò Holmes.«Vede, marchese,» disse «se lei avesse letto con più attenzione i resoconti di Leblanc, saprebbe che Lupin possiede, oltre ad un’ottima capacità di travestimento, non molto inferiore alla mia, notevoli doti di illusionista, e abilità manuali da prestigiatore… Le è senz’altro capitato, qualche volta, di assistere a uno spettacolo di magia…»«Per carità! Simili sciocchezze proprio non mi attirano!»“E sbagli, signor altezza reale dei miei stivali”, lo sferzò tra sé e sé Holmes, che replicò: «Peccato. Avrebbe constatato che la prerogativa dei maghi da palcoscenico, a cui a buon titolo Lupin va ascritto, è mettere il pubblico davanti a situazioni inspiegabili, occultando con sapienza il trucco che le ha rese possibili. Aggiungo che di solito questo trucco è di una semplicità disarmante, almeno per chi, come me, ha uno spiccato spirito di osservazione. Tuttavia la maggior parte della gente, incapace di coglierlo, pensa di aver assistito a un miracolo. Detto in altri termini, non ci sarebbe da stupirsi se Lupin avesse trovato il modo di conoscere data e luogo del suo viaggio per acquistare il gioiello, in apparenza riservato. Dopotutto è suo concittadino, e del fidanzamento tra lei e la signorina Juliette… a proposito: il cognome?»«Juliette è una contessa De Lacy.»«…del suo fidanzamento con la contessa De Lacy sono a conoscenza tutti, a Rouen.»Rino CasazzaGuarda gli ultimi libri di Rino Casazza – QUI