Nella più grande crisi economica repubblicana, con i fallimenti che si susseguono, la disoccupazione che continua a crescere e i licenziamenti quasi ai blocchi di partenza, il leader del Pd Enrico Letta ha partorito l’ultima idea geniale per salvare il Paese, che in ordine cronologico viene dopo lo ius soli: una tassa di successione. Da non credere. Nel tentativo di rispondergli sulle cifre, l’illustre giornalista Marcello Sorgi si è lamentato: «Un milione di euro è il valore di un appartamento come quello in cui tutti noi abbiamo vissuto». Come no. Naturalmente, è finito bersaglio dei social. Ma è di chiara evidenza come i protagonisti della vita pubblica abbiano un distacco dal Paese reale ormai incolmabile. Discutono di cose lunari mentre la gente cerca di mettere insieme il pranzo con la cena.
L’ultima lite riguarda il DDL Zan, la legge contro l’omotransfobia, considerata un’emergenza nonostante l’Oscad, l’Osservatorio del Viminale cui affluiscono i dati di polizia, carabinieri, vittime, associazioni, testimoni, segnali che dal 2011 al 2019 ci siano stati in tutto 316 crimini o discorsi d’odio contro gay e trans. La nuova legge contro le discriminazioni coinvolgerebbe anche quelle sulla disabilità. Benissimo. Ma facciamo una premessa. L’Italia si sta avviando rapidamente a diventare una società a libertà (d’espressione) limitata. Molto limitata. Con la scusa di combattere le fake news sul Covid il governo ha fatto un accordo con i social, sui quali abbiamo poi visto cancellare post, video e interi canali inerenti le informazioni sul coronavirus, ad esempio su Youtube perché “YouTube non tollera contenuti che diffondano disinformazione in ambito medico, in contraddizione con le informazioni fornite sul COVID-19 dalle autorità sanitarie locali o dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)”. E sui social qualsiasi notizia sull’argomento è dunque passata al setaccio e bollata da un richiamo alle brillanti politiche finora attuate da istituzioni e OMS. Con la moda del politicamente corretto gli artisti sono praticamente entrati in autocensura su quasi ogni argomento. C’è buonismo ovunque. E probabilmente oggi un periodico come il mitologico Cuore sarebbe mandato al rogo. È passato poco tempo da quando “Siamo tutti Charlie Hebdo”. Ma verosimilmente chi lo diceva non lo ha mai letto.
Di fatto la nuova proposta di legge sulle discriminazioni arriva da uno schieramento che con Cuore ci è cresciuto, appoggiato da un Movimento Cinquestelle che ha fatto dello sfottò fisico la propria storia, con gli avversari apostrofati come Psiconani e via dicendo. Chi insomma ha sempre rivendicato il diritto di satira oggi inneggia ad una legge bavaglio. Intendiamoci, il nostro è sempre stato l’unico settimanale ad ospitare la voce degli ultimi. E siamo dunque i primi ritenere le discriminazioni, qualsiasi discriminazione, una grave idiozia. Ma non è certo la censura a cambiare le menti delle persone. Può anzi fare danni.
Perché diciamo questo e parliamo di legge bavaglio? Perché l’articolo 4 del DDL Zan precisa: “ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. I sostenitori del DDL ritengono che in tal modo venga fatta salva la libertà di espressione. Ma evidentemente costoro hanno avuto poco a che fare con la giustizia. Chi stabilirà infatti quando un’opinione non sarà “idonea a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori?” Non è che si tratta di un meccanismo automatico.
Lo stabilirà un giudice. Perché, per essere molto chiari, stabilito il principio, chiunque potrà sentirsi in grado di denunciare un’opinione, ma anche un’opera d’arte, un libro, un film o una canzone che in base a tale legge ritenga discriminatoria. E siccome in Italia c’è l’obbligatorietà dell’azione penale, di volta in volta questa scrematura sulla discriminazione sarà fatta dai magistrati. Come infine la cronaca insegna, non tutte le decisioni saranno identiche a parità di espressione, perché la legge si interpreta e va salvaguardato il libero convincimento di chi giudica. Il risultato ve lo anticipiamo subito: a fronte di montagne di denunce, si arriverà prestissimo ad ulteriore autocensura. E il dissenso diverrà il nuovo male da combattere. Già oggi le star più amate della stand up internazionali come Louis Ck, Bill Burr, Jim Jefferies o Ricky Gervais da noi sarebbero messe alla gogna per i loro spettacoli scorrettissimi. Figuriamoci domani.
Resta un ultimo dettaglio sul DDL Zan, illuminante per capire come il politicamente corretto somigli sempre più alla fiaba di Andersen sul Re nudo. Riguarda il comma d dell’articolo 1: «per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione». Significa che il genere non dipende più dalla natura, nè dalla chirurgia, ma da come ognuno si sente. Questo principio c’è già, molto più allargato, in Inghilterra. Così, là, nel 2018 lo stupratore seriale all’ergastolo Karen White, alias Stephen Wood, dichiarò di percepirsi donna. Tanto bastò per accontentarlo. Fu messo nel carcere femminile di New Hill. E violentò altre due donne.
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