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La censura sui social e gli accordi tra Italia e Cina prima dello scoppio della pandemia

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L’ultima vittima della censura è stato Fabrizio Gatti, inviato de L’Espresso, per un’intervista su Youtube dopo il suo libro inchiesta L’infinito errore (La nave di Teseo). Al video Google ha tolto la sponsorizzazione pubblicitaria in quanto, spiega il colosso web, gli inserzionisti devono rispettare le norme Google Ads quando pubblicano contenuti riguardanti il Covid-19. «Ma non si dice che sostengo il falso, dato che ciò che scrivo è documentato, né che i contenuti sono diffamatori: si sostiene poca sensibilità. Ma i fatti non richiedono sensibilità, bensì verifica», dice Gatti.

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A lui è andata anche bene. Perché sui social, da tempo, spariscono post, video e addirittura interi canali, come è successo in Germania a un canale anti lockdown con 75mila iscritti. Proprio quando il presidente Usa Joe Biden vuole vederci chiaro sull’origine del virus, tanto da aver chiesto agli 007 un report dettagliato, i social si stanno trasformando in broadcast media, con una gerarchia di narrazioni che persegue una chiara linea editoriale. Negare e nascondere.

Anche in Italia è in atto una censura silenziosa, che forse ha avuto inizio con gli accordi stilati dal ministro della Salute Roberto Speranza con il suo omologo cinese l’8 novembre 2019. Ovvero il «Programma di attuazione del piano d’azione per gli anni 2019-2021 sulla cooperazione sanitaria» tra Italia e Cina firmato l’8 novembre 2019. All’interno si stabiliva, tra l’altro, come le parti si sarebbero comportate nel caso di malattie infettive. E cioè: «Sviluppare e sostenere strategie di prevenzione, politiche» ma anche «azioni per contrastare la bassa compliance degli operatori sanitari» ed «errati comportamenti e atteggiamenti non conformi degli operatori sanitari».

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Dunque no a resistenze, no a medici che vanno contro le disposizioni governative. Di fatto, mentre il ministero non seguiva un piano pandemico mai aggiornato ma comunque esistente, non appena la pandemia scoppiava si preoccupava proprio delle informazioni dirette alla popolazione. Il ministero della Salute, il 29 febbraio 2020 annunciava infatti di aver raggiunto accordi con Google, come motore di ricerca, e Youtube per far «emergere notizie affidabili». E aggiungeva: «Già nei giorni scorsi il ministero della Salute ha stretto accordi con i rappresentanti di Facebook Italia e di Twitter».

Il 19 marzo 2020, con la scusa di combattere le fantomatiche fake news, l’Agcom adottava un «atto di richiamo per una adeguata e completa copertura informativa». Anche a Leonardo Facco, fondatore del Movimento libertario e autore del libro Coronavirus – Stato di Paura è stato cancellato l’intero canale con i suoi 7mila follower. Nel suo volume evidenziava come le autopsie, sconsigliate dalle circolari di Speranza, avrebbero consentito di scoprire molte cose. «I contenuti violano le norme sulla disinformazione in ambito medico».

Già, perché YouTube non tollera articoli «che diffondano disinformazione, in contraddizione con le informazioni fornite sul Covid-19 dalle autorità sanitarie». Quindi è vietato dissentire da quanto stabilirono governo e Oms, i cui tentennamenti iniziali si sono dimostrati scellerati.

A Fuori dal Coro hanno denunciato l’oscuramento, stavolta su Facebook, su una videoinchiesta sull’origine del Covid in Cina. Motivo? «Non consentiamo la diffusione di informazioni false che sono già state ampiamente smentite». Infine, è toccato a Gatti. Eppure questa non è la Cina, ma una democrazia.

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Ma è talmente vera questa censura strisciante che il dossier La storia del Covid-19. Smascherare la strategia globale della Cina della Federazione Internazionale dei Giornalisti ha sottolineato l’infiltrazione nei mezzi d’informazione italiani ad opera di Pechino, come riporta Libero. Tutto sarebbe cominciato a marzo 2019, con la visita di Xi Jinping a Roma. Fu allora, ennesima coincidenza, che venne stilato un primo Piano d’Azione. Di rischio censura ha parlato anche Michele Santoro. Galeazzo Bignami di Fratelli d’Italia annuncia un’interrogazione a Speranza. Perché insomma #andràtuttobene. E guai a chi dice il contrario.

Dall’articolo di Felice Manti e Edoardo Montolli su Il Giornale

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Documenti:

Il Piano d’azione Italia – Cina del marzo 2019 – SCARICAIl Programma di attuazione del piano d’azione per gli anni 2019-2021 sulla cooperazione sanitaria tra Italia e Cina – SCARICAArchivio dei documenti sul Covid-19 – GUARDA

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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