Ci sono sensibili differenze tra quanto strillato da esperti e governanti in tv e sui giornali in merito ad AstraZeneca e quanto viene riportato sul consenso informato: ovvero l’unica cosa che conta. Ecco come fermare il panico da vaccinazione…
Per l’Ema, l’Agenzia Europea dei Medicinali «il vaccino AstraZeneca è sicuro ed efficace. Escludiamo relazioni con i casi di trombosi». Lo dice il presidente Emer Cooke. Ed è una sentenza netta. Ne siamo felici. Potrà così riprendere l’attività vaccinale. Per maggiore scrupolo, Sabien Straus, presidente del Prac (Commissione di farmacovigilanza) aggiunge che il foglietto illustrativo «deve essere aggiornato: è importante che venga comunicato al pubblico e agli operatori sanitari perché apprendano meglio queste informazioni, permettendo loro di mitigare questi effetti collaterali». Benissimo. Il premier Mario Draghi ha già annunciato la pronta ripresa della campagna vaccinale. Ora, si dirà, il panico si placherà? Forse. Ma forse, per sedarlo, dovrebbero inserire queste certezze anche nel consenso informato.
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IL CONSENSO INFORMATO
Fate piazza pulita delle informazioni lette sul vaccino AstraZeneca. Toglietevi dalla testa le inchieste delle varie Procure italiane sul caso, i sequestri dei lotti, ma anche le rassicurazioni fatte in tv dagli esperti, dall’Ema e dai politici tutti. E procuratevi, come noi, l’unica informativa ufficiale che conta: il consenso informato al momento della vaccinazione con AstraZeneca. Quella su cui domani vi diranno: «Ma lei aveva letto, sapeva tutto». Lo trovate sul sito del governo, è aggiornato all’8 febbraio ed è quello usato fino alla buriana scoppiata in tutta Europa che ha portato alla sua temporanea sospensione, certamente a Milano fino al 12 marzo (SCARICALO). È fondamentale leggerlo, perché firmerete sotto la voce: «Sono stato correttamente informato con parole a me chiare, ho compreso i benefici ed i rischi della vaccinazione, le modalità e le alternative terapeutiche, nonché le conseguenze di un eventuale rifiuto o di una rinuncia al completamento della vaccinazione con la seconda dose».
Ecco, il problema è questo: firmerete una cosa molto, ma molto diversa da quanto viene strillato sui giornali e in tv. Anzitutto, previsto inizialmente per le persone tra i 18 e i 55 anni, l’8 marzo il ministero della Salute lo ha esteso agli over 65 anni in base a «ulteriori evidenze scientifiche» su sicurezza e protezione (GUARDA).
Ma sul consenso informato di queste evidenze non c’è traccia e trovate scritto così, al punto 3: «Al momento sono disponibili dati limitati sull’efficacia di “COVID-19 Vaccine AstraZeneca” in soggetti di età pari o superiore a 55 anni». Se avete 60 anni, vedete voi in che razza di dilemma vi trovate. Se ne avete 70, non ne parliamo proprio. Stesso problema che si trovano ad affrontare future mamme o neomamme. Così infatti recita il punto 4: «In base alle attuali conoscenze scientifiche la somministrazione del vaccino non può essere raccomandata né controindicata alle donne in gravidanza e in fase di allattamento. La somministrazione del vaccino potrà essere effettuata solo successivamente all’analisi, caso per caso con la figura professionale sanitaria di riferimento, dei potenziali rischi e dei potenziali benefici per la madre, il feto e il neonato. Non è noto se “COVID-19 Vaccine AstraZeneca” sia escreto nel latte materno». Quindi? Non si sa.
Ora, si dirà, se decido di farlo, sono almeno protetto? Sul sito dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, si dice testualmente che «l’efficacia dopo 14 giorni dalla seconda dose, è stata dell’82,4%». Tutto chiaro? Mica tanto. Perché invece, sul consenso informato, al punto 6, c’è scritto ben altro: «L’efficacia stimata dalle sperimentazioni cliniche (dopo due dosi di vaccino) è del 59,5% e potrebbe essere inferiore in persone con comorbosità e problemi immunitari». Beh, ovviamente il 59,5% di efficacia è molto lontano dall’82,4%. Significa che avete quasi la metà di possibilità di ammalarvi lo stesso. Infine, è il punto 10, l’ultimo, a inquietare davvero: «Non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza». Chissà, è un’incognita totale.
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COME FERMARE IL PANICO
Dunque, questa è l’informazione reale, l’unica di cui dovete tenere conto quando vi vaccinate, perché è quella che sottoscriverete. Il consenso informato è un po’ come quello che date senza leggere nulla quando attivate uno smartphone: potete non accettare le condizioni, ma a quel punto non lo userete. Se accettate, è un problema vostro. O almeno, anche vostro, perché vi avevano avvertito. Il punto, naturalmente, non è invitare qualcuno a non vaccinarsi: il punto è che le informazioni date sui giornali e in tv da governanti ed esperti sono sensibilmente diverse da quelle che poi ci chiedono di sottoscrivere, peraltro molto più incerte e non proprio rassicuranti. E questo, indiscutibilmente, genera dubbi in chiunque. Quali sono allora i modi più sicuri per convincere la maggior parte della gente a vaccinarsi comunque? A nostro giudizio tre.
Il primo, aggiornare il consenso informato con tutte queste nuove certezze scientifiche che andremo a sottoscrivere: dalla protezione per gli over 65 all’efficacia all’82,4%, fino ad essere decisamente più chiari sul punto 10. Ossia: che genere e quale gravità di danni non è possibile prevedere a lunga distanza?
Il secondo modo per convincere la gente a vaccinarsi, imprescindibile, è scrivere nero su bianco sul consenso informato che in caso di reazioni avverse gravi lo Stato risarcirà chi ne è colpito anche se non si tratta di vaccinazione obbligatoria. Una frase chiara, non il profluvio di perifrasi che si trovano sul documento oggi.
Il terzo modo per spingere a vaccinarsi le persone è più popolare e segue quanto già fatto negli Usa da Joe Biden con Pfizer: «Sarebbe importantissimo se le autorità, come il ministro Roberto Speranza, il premier Draghi o il presidente dell’AIFA si vaccinassero con Astrazeneca, sarebbe un gesto convincente per la popolazione». Già. Non è la frase di un leader populista. Ma quanto afferma a Radio Rai 1 Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Farmacologico Mario Negri di Milano e una delle più autorevoli voci scientifiche del Paese. È passato più di un giorno da queste parole. A mezzo stampa non sono giunte risposte.
Manuel Montero