“Angeli innocenti” di Paola Mizar Paini riecheggia, anche nel titolo, un noto caso di cronaca nera che ha commosso l’Italia qualche anno fa: quello di Ciccio e Tore
Continuiamo volentieri a occuparci della scuderia di scrittrici della Casa editrice Fratelli Frilli, uno dei migliori editori, se non il migliore in assoluto, nel campo letteratura giallo-noir in Italia.
Uno dei meriti di Fratelli Frilli è, appunto, quello di aver scoperto e valorizzato il giallo al femminile, sfatando il pregiudizio che il poliziesco sia un genere letterario più congeniale agli uomini.
Torniamo, questa volta, ad una scrittrice, Paola Mizar Paini, di cui abbiamo recensito un altro romanzo pubblicato da Frilli, La casa delle ombre.
Il libro su cui accendiamo i riflettori è l’opera prima della Paini, Angeli innocenti.
Abbiamo già evidenziato che questa autrice, pur collocabile a pieno diritto del filone giallo-noir, si caratterizza per la peculiarità nell’affrontarlo, con una propensione per atmosfere gotiche (evidentissime in La casa delle ombre) e, comunque, per l’esplorazione psicologica dei personaggi, non solo degli investigatori ma anche e soprattutto dei criminali, e del contesto umano e ambientale il cui il delitto si manifesta.
È proprio il caso di “Angeli innocenti”, che riecheggia, anche nel titolo, un noto caso di cronaca nera che ha commosso l’Italia qualche anno fa: quello di Ciccio e Tore, i due fratellini scomparsi e creduti rapiti, mentre invece avevano trovato la morte in un disgraziato incidente avvenuto mentre giocavano.
Angeli Innocenti ha una struttura più complessa, intrecciando, sullo sfondo della provincia pavese amata dalla Paini, con le sue nebbie suggestive quanto inquietanti, la vicenda di un gioco da bimbini finito male con quella dell’ inspiegabile rapimento di un adolescente. I due episodi, a rendere ancora più enigmatica la storia, si svolgono in epoche diverse e sembrerebbero a prima vista non avere alcun collegamento tra di loro..
Il risultato è che ci troviamo di fronte ad una commistione di generi: il giallo, ovviamente, perché incontriamo il personaggio “seriale” della Paini, il Maresciallo Marchi, che indaga sull’intricato mistero, e il noir, perché le due vicende chiave, incastrate l’una nell’altra, ci vengono proposte, per buona parte, dal punto di vista delle vittime.
Raccomandiamo vivamente la lettura di questo romanzo dal taglio l’originale pur nel rispetto dei canoni di genere, aggiungendo altri due elementi che lo rendono interessante.
Innanzitutto, Il Santuario della Madonna della Bozzola, luogo di culto molto conosciuto nel pavese – e che a questo punto viene voglia di visitare – non solo location di buona parte del racconto ma riflesso metaforico di questo con la sua particolare atmosfera di raccoglimento e al tempo stesso di religiosità collettiva.
Poi, colei che deve considerarsi a tutti gli effetti il contraltare femminile del Maresciallo Marchi, il tenente Sabrina Ferri, ruvida ma efficientissima “amazzone dell’investigazione”.
Come spesso accade, quando un uomo e una donna indagano in coppia si genera tra di loro un’attrazione erotico-sentimentale, ma la personalità del tenente Ferri ( formalmente un superiore di Marchi) appare alquanto complicata e solo i successivi romanzi della serie potranno chiarire se la relazione tra i due debba rimanere ristretta al piano platonico-professionale o evolvere verso un sodalizio amoroso-investigativo.
Aspetteremo pazienti, convinti che la Paini, continuando nella sua via personale al poliziesco, ci riserverà sorprese anche nella costruzione e nel tono di fondo delle storie a venire.
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